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M5S, Di Maio via o scissione dei pro-Conte. Viaggio tra malumori e...

Ecco chi e perché contesta il ministro degli Esteri

Malumori e mal di pancia. Nel Movimento 5 Stelle il ruolo del capo politico Luigi Di Maio resta quantomeno sotto osservazione. Se non proprio nel mirino. L'attuale ministro degli Esteri è stato indebolito dalle numerose sconfitte elettorali, prima alle varie Regionali e poi alle Europee di fine maggio. Non solo, la crisi agostana aperta al Papeete da Matteo Salvini e soprattutto la trattativa con il Partito Democratico hanno poi inguaiato ulteriormente l'attuale ministro degli Esteri facendo crescere la fronda interna.

Di Maio è finito sotto accusa da parte di un folto gruppo di peones, che temevano il fallimento dell'accordo con Nicola Zingaretti e Matteo Renzi e il ritorno alle urne anticipato con quasi certa perdita del seggio in Parlamento. L'irrigidimento di Di Maio su un proprio ruolo importante nel Conte II, nonostante abbia alla fine ceduto sulla vicepresidenza del Consiglio, ha innervosito una serie di deputati e senatori da cui è nato il documento di qualche giorno fa a Palazzo Madama che chiedeva di mettere in discussione la leadership del Movimento proprio mentre il capo politico era a New York in visita ufficiale.

Oltre all'ira dei peones che contestano a Di Maio di aver tirato troppo la corda e di comportarsi come la Lega con ultimatum agli alleati e uscite troppo perentorie, ci sono poi i trombati del precedente governo. In prima fila Danilo Toninelli, Barbara Lezzi e Giulia Grillo ma anche tutti i sottosegretari non confermati. Secondo i maligni, poi, tra gli anti-Di Maio ci sono i fedelissimi del presidente della Camera Roberto Fico ai quali non sarebbe stato garantito un ruolo di peso nonostante il forte spostamento a sinistra del baricentro politico.

Altre schegge impazzite all'interno dei pentastellati sono i cosiddetti 'padani' vicini al senatore Gianluigi Paragone e i cosiddetti 'rivoluzioni' che si riconoscono nelle posizioni di Alessandro Di Battista. Un gruppo numeroso, sicuramente la maggioranza dei parlamentari grillini, che a vario titolo contesta la leadership del ministro degli Esteri che è riuscito a coalizzare gli antagonisti interni. Che, però, sono una pattuglia del tutto eterogenea che rende difficile capire come si comporterà nelle prossime settimane questa fronda.

La prima ipotesi - e si parla di un nuovo documento che potrebbe raccogliere le firme sia di deputati che di senatori M5S - è quella di un superamento della leadership di Di Maio attraverso l'istituzione di una sorta di nuovo organo collegiale che prenda le decisioni politiche principali. L'obiettivo sarebbe quello di obbligare il titolare della Farnesina a fare un passo indietro interno concentrandosi solo sulla Farnesina. D'altronde la polemica sui troppi incarichi di Di Maio non è nuova e già attraversava i 5 Stelle quando governava con la Lega.

Beppe Grillo e Davide Casaleggio - anche se non sono proprio sulla stessa posizione - vedrebbero bene la scalata interna e la svolta alla guida del Movimento. Gli animatori del blitz interno, poi, sarebbero i bruciati del vecchio governo e quindi in prima fila i tre ex ministri Toninelli, Lezzi e Grillo. Ma in cima alla schiera degli anti-Di Maio c'è Roberta Lombardi, la capogruppo dei 5 Stelle in Regione Lazio che già il 24 agosto scorso era uscita pubblicamente chiedendo al capo politico dei pentastellati di non far parte del nascente governo Conte II invitando i colleghi di partito a mettere da parte dubbi e malumori e a trovare l'accordo con il Partito Democratico.

Quanto al ministro dell'Istruzione Lorenzo Fioramonti, al centro delle polemiche per le sue uscite sul crocefisso nelle scuole, anche lui viene indicato come un oppositore interno al ministro degli Esteri anche se fonti interne del M5S sottolineano come il peso politico del neo responsabile del Miur tra i pentastellati sia decisamente modesto e quindi di per sé non costituisca una minaccia per Di Maio.

A questo punto, stando alle ricostruzioni che si fanno nel Palazzo, o va in porto l'operazione in Parlamento per spodestare il leader del M5S, confinandolo alla Farnesina, oppure l'atra strada è quella della nascita di un gruppo considerevole sia alla Camera sia al Senato di responsabili vicini al presidente del Consiglio. Sarebbe quindi l'inizio del percorso che dovrebbe portare alla nascita di quel partito di Giuseppe Conte che lo stesso premier, durante la sua intervista a La Piazza a Ceglie Messapica (Brindisi) con il direttore di Affaritaliani.it Angelo Maria Perrino, nonostante le smentite ufficiali, ha lasciato intravedere (clicca qui per leggere l'articolo).

Conte è il garante dell'intesa con il Pd e con Renzi mentre Di Maio appare sempre più come una spina modello Salvini per l'esecutivo e la tenuta dell'intero quadro politico. Ecco perché i vari scontenti - tra peones, ex ministri, Lombardi, paragoniani e dibattistiani - potrebbero dar vita a una clamorosa scissione in Parlamento stile Renzi, sempre che non vada in porto la scalata alla leadership dei 5 Stelle.