Politica

M5S: “Non ci candidiamo in Emilia". Come far vincere Pd e Bonaccini

Antonio Amorosi

Tutto è deciso. Ieri riunione di vertice del M5S per rendere meno dura la pillola ai consiglieri regionali dell’Emilia. Ecco strategia e ipotesi ma qualcosa...

Il dado è tratto. “Hanno già deciso. Siamo in caduta libera”, spiega un insider dei 5 Stelle che lavora al gruppo regionale dell’Emilia Romagna.

Che significa? 

“Ho partecipato alla riunione nazionale di ieri ma non c’è niente da fare. E’ già tutto deciso. Stanno solo allungando i tempi per bruciare ogni altra ipotesi. Guardi il regolamento regionale e capirà le due strade per far vincere il Pd, altrimenti cadrebbe il governo e finirebbe anche quel poco che ci resta. La nostra esperienza politica è finita”. Si chiude in modo lapidario la telefonata con l’esponente grillino che ieri ha partecipato alla riunione con i vertici nazionali del movimento, Luigi Di Maio ed gli altri e che oggi è tornato a Bologna con la coda fra le gambe. I vertici dei 5 Stelle hanno deciso di non presentare una propria lista per le prossime elezioni regionali in Emilia Romagna ma prendono tempo, più tempo possibile. Ufficialmente per una decisione bisogna aspettare fino a venerdì prossimo, ma solo per evitare ipotesi di fuga.

 

I consiglieri regionali grillini accorsi a Roma erano pronti a candidarsi ma il voto in Emilia-Romagna è diventato un simbolo della “resistenza” del Pd all’avanzata della Lega. Far perdere il Pd, con i 5 Stelle che si presentano da soli, procurerebbe una crisi di governo. I detrattori un minuto dopo la disfatta emiliana chiederebbero la testa del segretario Zingaretti. Con conseguenze prevedibili. Di allearsi con il Pd non se ne parla proprio, non volendo ripetere in peggio l’exploit umbro. E allora nasce la terza via. Ma prima di intraprenderla bisogna evitare fughe alternative. Cioè che qualcuno del movimento provochi un’insurrezione e si candidi comunque cercando di raccogliere da solo il voto di protesta degli elettori 5 Stelle. Presentare una lista per le elezioni passa per lo scoglio della raccolta firme autenticate, provincia per provincia, 5625 in tutto a livello regionale. Un bel problema. Ma c’è un modo per presentarsi senza raccoglierle. Basterebbe che prima del 2 dicembre, 55 giorni prima del voto del 26 gennaio 2020, due degli attuali consiglieri regionali costituiscano un gruppo autonomo per poi presentare una lista (“ex grillini, grillini dissidenti, movimento no all’inciucio col Pd”, ipotizza nomi l’insider grillino). Possibilità che diventa sempre più remota con l’avvicinarsi dei primi giorni di dicembre.

 

A oggi la gara, tra Stefano Bonaccini del Pd e Lucia Borgonzoni della Lega, si giocherebbe per pochi punti. Il centro sinistra è dato in recupero tra entusiasmi di piazza (fatti dei soliti cliquet, quelli che abbiamo già visto negli anni passati con “i Girotondi”, “il Popolo Viola” e ora con le “Sardine”) e tentativi di demonizzare l’avversario. E un discesa in campo del M5S in Emilia, risucchierebbe elettorato al Pd.

 

Luigi Di Maio avrebbe tenuto ieri un incontro con gli 11 parlamentari dell’Emilia-Romagna e con 4 consiglieri regionali, spiegando il suo punto di vista ma senza ricevere ovazioni. Così ha temporeggiato, anche se la decisione di non candidare il movimento, sua e del garante Beppe Grillo, è già presa. Gli emiliano-romagnoli hanno chiesto che l’ipotesi venga messa al voto sul portale Rousseau. Ma la possibilità appare remota quanto la "rinascita dello streaming" fatto nel 2013 con Bersani.

 

I vertici del Movimento 5 Stelle ora prevedono due strade praticabili. La prima consiste nella desistenza totale con nessuna candidatura, ipotesi più gettonata, la seconda con una sorta di lista civetta. In questo ultimo caso gli ex consiglieri regionali e i loro accoliti dovrebbero rompere col movimento prima del 2 dicembre, costituire un gruppo e poi una lista civica di sinistra che alluda ai 5 Stelle e appoggi il governatore Bonaccini. Così facendo il movimento risulterebbe estraneo alla partita politica locale e consentirebbe la vittoria del candidato dem, mettendo in cassaforte la tenuta del governo centrale. Un rimescolamento niente male.

Anche perché il movimento è in caduta libera. Il passaggio emiliano sembra segnare la fine, proprio nella terra in cui 10 anni fa è nato. Nelle città emiliane dove ha conquistato il sindaco si è trasformato in un flop (a Parma il sindaco non fa più parte del movimento e l’inceneritore tanto osteggiato è stato aperto; o Imola dove il primo cittadino si è dimesso tra infinite polemiche), in quelle dove il movimento è all’opposizione boccheggia tra l’irrisorio e il trascurabile, epilogo di una forza politica condannata pian piano all’irrilevanza.