M5s sull'orlo di una crisi di nervi: fronda anti Di Maio e Dibba vuol lasciare
Le parole di Vittorio Di Battista su di Maio riaccendono la faida tra i due rivali e Alessandro pensa ad abbandonare il Parlamento
Tra Alessandro Di Battista e Luigi Di Maio non corre buon sangue, e non bastano foto sorridenti, baci e abbracci per nascondere la rivalità che da sempre li divora. Nel caso di Virginia Raggi, fu Annalisa Taverna, la sorella della più celebre Paola, a dar voce agli odi che covavano dietro le quinte del Movimento, scrivendo in romanesco che "avrebbe appeso per le orecchie" la sindaca; nel caso della faida Di Maio-Di Battista è stato il padre di quest'ultimo, Vittorio (soprannominato "Littorio" per il suo orgoglio fascista che non manca mai di sbandierare e di sottolineare), a infliggere un colpo mortale al nemico interno del figlio.
A Radio 24, l'illustre genitore ha definito senza mezzi termini Di Maio un "testa di ca...", nel caso in cui vi fossero stati incontri segreti con la Lega e quello li negasse. Parole dure che vanno a corredare, come fa notare Emanuele Buzzi sul Corriere della Sera, quelle pubblicate sul blog personale del padre di Dibba qualche giorno prima, in cui l'ex dirigente MSI se la prendeva con alcuni portavoce pentastellati accusandoli di pensare solo ad apparire in televisione "belli, truccati, riverenti, educati".
Che Luigi Di Maio, con la sua candidatura perenne a premier, tolga la scena politica e mediatica a molti rampanti portavoce grillini e allo stesso Di Battista junior è innegabile. Ad esempio, tutta l'ala che appoggia Roberto Fico, altro campano d'assalto visto come l'alternativa a Di Maio come capo di un eventuale governo pentastellato, fa buon viso a cattivo gioco ma, in segreto, non può vedere neanche in cartolina il vicepresidente della Camera, e ha accolto con malcelato giubilo le parole del padre di Dibba.
Benché Alessandro Di Battista sia esposto mediaticamente quanto Di Maio e sia altrettanto popolare, per lui non sono stati mai cuciti ruoli politici futuri. Il giovane romano, il 'Che Guevara di Via Cortina d'Ampezzo' (cit. il grillologo Mauro Suttora, penna llustre di Oggi), viene perlopiù visto come un frontman telegenico da mandare in televisione e nelle piazze a recitare la parte del pasionario che si sacrifica per il suo Paese. Il suo ruolo di "presentatore" e di volto del M5s è così cruciale che, non appena vi sono controversie o guai per i grillini, lui sparisce per giorni, così da non sporcarsi le mani e la faccia in diatribe varie. Una caratteristica che condivide con l'altro "malato di fuga" Di Maio, che però viene maggiormente chiamato in causa in quanto premier in pectore.
Insomma, Dibba è celebre e popolare ma non dà fastidio più di tanto agli ambiziosi leaderini che sperano di arrivare a Palazzo Chigi, mentre Di Maio è un pericolo costante che va ridimensionato e, se possibile, abbattuto. Questo sbattersi a destra e a manca (soprattutto a destra) per favorire la premiership di Di Maio inizia a star stretto a Dibba che, profittando della imminente paternità, penserebbe a star fermo un turno e a lasciare il Parlamento per la prossima legislatura. Continuerebbe a "restare a disposizione del Movimento", ma non si capisce bene in che modo. Dubitiamo facendo i banchetti assieme agli attivisti visto che, a Roma, sono in molti a testimoniare che prima del 2012, e precisamente dell'investitura ricevuta dall'alto da Gianroberto Casaleggio in persona, di banchetti ne aveva fatti ben pochi. Fosse solo per il fatto che era all'estero... Tuttavia senza dubbio, se dovesse lasciare il Parlamento, fioccherebbero scritture per una miriade di programmi televisivi che non aspettano altro che averlo tra i loro showmen d'eccezione. L'Isola dei Famosi, Pechino Express, o magari proprio Amici, che un tempo lo rifiutò e che oggi potrebbe invece accoglierlo a braccia aperte.
Intanto, questa settimana, i "big" del M5s torneranno nelle piazze per promuovere i candidati grillini ai ballottaggi e le varie faide Di Battista contro Di Maio, Fico contro Di Maio e Di Maio contro tutti, saranno ricongelate dietro sorrisi di ghiaccio che non riescono a celare il fuoco della rivalità che consuma il M5s dall'interno.