Politica

No di Fdi e Fi al maggioritario leghista. Così il referendum divide il Cdx

Alberto Maggi

Quasi certo il no della Corte Costituzionale

Sullo storico pratone di Pontida Matteo Salvini ha lanciato la nuova sfida: referendum per abrogare la parte proporzionale dell'attuale legge elettorale facendola così diventare interamente maggioritaria. Secondo il leader leghista sarebbe questo l'escamotage per frenare la voglia di proporzionale puro che serpeggia nel Partito Democratico, tra i renziani e nel Movimento 5 Stelle. Una svolta, quella del proporzionale alla tedesca, che farebbe tornare per sempre l'Italia alla Prima Repubblica e alle maggioranze che si formano in Parlamento dopo le elezioni. Peccato che la proposta dell'ex ministro dell'Interno rischia di diventare un boomerang, di finire su un binario morto e di spaccare ulteriormente il Centrodestra proprio oggi che le opposizioni sono alla ricerca di una difficile ma necessaria unità di fronte al Conte bis.

Dal Friuli Venezia Giulia alla Lombardia, dal Piemonte al Veneto, in tutte le Regioni a guida leghista (o comunque dove il Carroccio è al governo) la macchina per presentare la richiesta di referendum abrogativo dei due terzi della quota proporzionale entro il 30 settembre, in modo da votare teoricamente tra il 15 aprile e il 15 giugno 2020, è partita e lavora a pieno regime. Ci sono però due nodi grossi come macigni che aleggiano sul progetto del Capitano del Papeete. Il primo (e a microfono spento sono gli stessi parlamentari della Lega ad ammetterlo) riguarda la quasi scontata bocciatura del quesito referendario da parte della Corte Costituzionale. Più volte negli anni scorsi la Consulta si è espressa invitando il legislatore a garantire sempre nella legge elettorale il principio della rappresentanza. E' evidente che il sistema che uscirebbe dal referendum che ha in mente Salvini violerebbe questa norma in quanto un partito o una lista del 20, 25 o addirittura 30% a livello nazionale rischierebbe seriamente di non vincere in nessun collegio e di restare quindi fuori dal Parlamento. Ma al di là dello scoglio Consulta, ci sono le perplessità di Fratelli d'Italia e Forza Italia.

Parlando a Strasburgo Silvio Berlusconi non ha usato mezzi termini: "Loro (i leghisti, ndr) pensano di cambiare la legge elettorale, togliendo i due terzi di proporzionale per arrivare in tutti i collegi col maggioritario, noi invece riteniamo che questa legge funzioni, che il Centrodestra abbia la possibilità di vincere le prossime elezioni anche con i due terzi di proporzionale". E nel partito di Giorgia Meloni i dubbi sono perfino superiori, tanto che a microfono spento un big della destra parla ironicamente della 'minchiata di Salvini sulla legge elettorale'. Un conto è fermare la voglia di proporzionale di Pd, Renzi e M5S, che vuol dire inciucio eterno e nessun vincitore la sera delle elezioni, ma su come farlo il Centrodestra sta andando in frantumi. Non basta parlare di sistema maggioritario. Quello che ha in mente Salvini, con la proposta dei referendum richiesti da almeno cinque Consigli regionali, è il maggioritario uninominale a turno unico, in pratica il modello britannico.

Che, guarda caso, come dimostrano le peripezie di Theresa May e Boris Johnson, non garantisce la maggioranza in Parlamento. E infatti i Conservatori d'Oltremanica per non tornare alle urne hanno dovuto chiedere l'appoggio del partitino unionista dell'Ulster (Irlanda del Nord). Il maggioritario che garantisce che ci sia un chiaro vincitore la sera stessa della chiusura delle urne - come invocato a gran voce dallo stesso Salvini a più riprese, non solo a Pontida - è quello in vigore per le elezioni regionali e ciò che assegna un premio di maggioranza al partito o alla coalizione che prende anche un solo voto in più. In questo modo si ha sia la stabilità di governo sia la tutela del principio di rappresentanza perché le formazioni medio/piccole non restano fuori dal Parlamento. Ed è proprio questo il sistema che propone Fratelli d'Italia e che aveva proposto anche nella passata legislatura quando invece la Lega votò con Forza Italia e Pd il Rosatellum con il quale abbiamo votato il 4 marzo 2018.

Con l'uninominale a turno unico (ma anche se fosse a doppio turno, modello francese, non cambierebbe nulla) non c'è alcuna garanzia di avere una maggioranza in Parlamento, soprattutto in un sistema tripolare. Ipotizzando la vittoria del Centrodestra al Nord, la prevalenza del Centrosinistra al Centro e il successo dei 5 Stelle al Sud il risultato sarebbe più o meno simile a quello dello scorso anno. E anche la possibile alleanza Pd-M5S, tutta da costruire, per le Politiche non significherebbe automaticamente la vittoria certa di uno dei competitor.

In sostanza Salvini, preso forse dalla voglia di rivincita verso Di Maio, Conte, Renzi e Zingaretti, ha cercato di fermare il blitz sul proporzionale ma ha sbagliato maggioritario rischiando di dividere il fronte delle opposizioni ora che invece tutti evocano unità contro l'esecutivo giallo-porpora. E infatti Berlusconi ha frenato sulla possibilità che Forza Italia partecipi alla manifestazione di Roma contro il governo in calendario per il prossimo 19 ottobre: "Noi siamo stati in piazza contro il governo Prodi quando aveva esagerato con la pressione fiscale. Se il governo metterà le mani in tasca agli italiani o come accaduto con il governo passato andrà a ledere i diritti dei cittadini, può darsi che decideremo di andare in piazza per fare arrivare le motivazioni del nostro contrasto alle decisioni del governo di sinistra", ha affermato l'ex Cav da Strasburgo. Altro che fronte unito del Centrodestra. Il problema, per Salvini, è che ormai ha annunciato i referendum delle Regioni ai quattro venti e fermare la macchina ora è impossibile. Pena altre critiche dopo lo stop and go sulla crisi e la proposta di tornare con i 5 Stelle con Di Maio premier. Fatto sta che per fare un dispetto al governo, il leader leghista rischia di indebolire l'opposizione.