Centrosinistra: Calenda, profumo d'Intesa
Che il centro di potere finanziario si consolidi lungo l'asse Milano-Torino, con il ruolo crescente di Banca Intesa, non ci sono dubbi. Anche l'intervento per il salvataggio delle banche Venete ne dà ampia conferma e propone, all'orizzonte, una nuova "frontiera del nord" in grado di reggere il confronto con l'Europa, perciò facendo da traino al sistema Paese.
Intesa, però, si configura in via di fatto pure come centro di potere politico.
È la finanza del nord che non vuole morire leghista, dato che in fondo del leghismo ha sfruttato principalmente la domanda di efficienza contro la palude della politica romana. Si tratta pertanto di un progetto di modernizzazione che la borghesia della macro-regione settentrionale concepisce in termini di equilibrio territoriale, dentro lo scenario di un'Italia a forte vocazione europea, nella prospettiva di nuovi equilibri di solidarietà e contro l'esplosione delle disuguaglianze, a carico soprattutto delle giovani generazioni.
Questo mondo non vede speranze oltre la linea di tramonto del berlusconismo e torna a guardare, viceversa, alla lezione dell'Ulivo. Non a caso sembra accompagnare Prodi nell'opera di ricomposizione di quel centrosinistra che Renzi ha strattonato in mille modi, senza stabilizzarne l'indirizzo evolutivo.
Prodi ha detto che svolge la funzione del confessore, cercando di avvicinare posizioni e sensibilità messe in urto l'una con l'altra per effetto di un sommovimento giovanilistico con grandi ambizioni di potere, fino al punto di guastarsi con il potere stesso.
Ora, in questa ricerca di una nuova intesa (neo-ulivista) gioca appunto un ruolo decisivo l'establishment della banca che porta proprio il nome di Intesa. E se il suo riferimento morale resta Prodi, il leader nuovo a cui si aggrappa potrebbe essere Calenda secondo i rumors che vengono fatti filtrare dagli ambienti abituati a frequentare tanto la finanza quanto la politica.
Il suo incontro con Prodi, agevolato dal milieu bancario, è andato bene: anzi, più che bene. Se volesse, Calenda potrebbe mettere in campo una proposta "à la Macron", sicuro di trovare coperture in una cornice destinata ad accogliere il suo disegno e quello di Pisapia, con buoni mediatori a far da ponte tra sinistra e centro, entrambi rinnovati.
Per questo Renzi, pessimista sull'esito dei ballottaggi, sente suonare la campanella dell'ultimo giro.