Zagrebelsky: dopo referendum governo Gentiloni sberleffo al Paese
Solo uno scambio di posti rispetto all'esecutivo Renzi
Il governo guidato da Paolo Gentiloni e nato dopo la sconfitta del suo predecessore Matteo Renzi al referendum costituzionale rappresenta "uno sberleffo" per gli italiani. Lo ha detto il presidente emerito della Consulta, Gustavo Zagrebelsky, in una intervista al Fatto. Zagrebelsky ha chiesto innanzitutto di distinguere "tra Gentiloni e il suo governo. Il nuovo premier, rispetto al precedente, è una novità: è educato, parla sottovoce, dice cose di buonsenso e appare poco in tv, non spacca l'Italia tra pessimisti (anzi "gufi" e "rosiconi") e ottimisti, fra conservatori e innovatori a parole". Quando questo lo faceva "il penultimo premier a reti unificate, il minimo che potevi fare era cambiare canale o spegnere la tv. Ora - ha aggiunto il giurista - quella finta contrapposizione è finita. Gentiloni pare dire le cose come stanno o, almeno, non dire le cose come non stanno. E il presidente Mattarella, a Capodanno, ha richiamato l'attenzione su tante cose che non vanno. Uno statista deve dire che il futuro non è oggi, ma va costruito da oggi con enormi sacrifici, e che i sacrifici devono distribuirsi tra coloro che possono sopportarli e, spesso, hanno vissuto finora da parassiti alle spalle degli altri". Ma il governo nel suo insieme, ha spiegato Zagrebelsky rappresenta "il rifiuto di guardare la realtà, una riprova dell'autoreferenzialità del politicantismo. Quasi uno sberleffo dopo il 4 dicembre". "Era troppo sperare - si è chiesto - che si prendesse atto dell'enorme significato politico del referendum, del colossale voto di sfiducia che l'elettorato ha espresso nei confronti degli autori della tentata "riforma"? Non è una questione personale - ha aggiunto Zagrebelsky - saranno tutte ottime persone. Ma è una questione politica. Invece, Maria Elena Boschi, la madrina della "riforma", è stata promossa in un ruolo-chiave nel governo e la coautrice e relatrice, Anna Finocchiaro, è diventata ministro. Mah! L'unica novità è la ministra dell'Istruzione, subito caduta sul suo titolo di studio. Per il resto - ha aggiunto - uno scambio di posti".
Zagrebelsky ha ribadito che "sarebbe insensato accantonare il 4 dicembre come se quel voto non avesse rivelato una realtà più dura di tutti gli slogan", spiegando che che l'errore del fronte del Sì è stato "far leva su una sola parola, semplice ma vuota: riforme. Si sono illusi - ha aggiunto - che la figura del presidente del Consiglio e del suo governo fosse attrattiva. Si era pensato a un plebiscito in cui ci si giocava tutto e così, per reazione, si è coalizzato un fronte di partiti, pezzi di partiti e movimenti tenuti insieme dal timore della vittoria totale dell'altro. Ma lo slogan inventato dai 'comunicatori' - 'è oggi il futuro' - non era un presagio funesto, quasi un insulto, per i tanti che vivono un tragico presente? Non sottovalutiamo poi la pessima qualità della riforma". "In generale, e più in profondo - ha continuato il giurista -credo che molti abbiano colto i veleni contenuti in tutta questa triste vicenda che ci ha tenuti inchiodati per così tanto tempo. Quello oligarchico e quello mercantile, che hanno insospettito molti elettori. Sono stati molti cittadini a domandarsi: ma se, come martella la propaganda del Sì, la 'riforma' è solo un aggiustamento tecnico - velocità e semplificazione, peraltro contraddette da norme tanto farraginose - perché mai le grandi oligarchie italiane ed estere si spendono in modo così spasmodico perché sia approvata? Ci dev'essere sotto qualcosa di ben più grosso e, se non ce lo dicono, dobbiamo preoccuparci".