Politica

"Peggio il Tg1 del video di Formigli. E il panico è colpa di Palazzo Chigi"

Alberto Maggi

Coronavirus, tv e giornali: intervista di Affaritaliani.it a Michele Anzaldi, deputato di Italia Viva e segretario della commissione di Vigilanza Rai


Come stanno seguendo i media e i giornali italiani l'emergenza coronavirus? Troppo allarmismo? Diffondono il panico o si tratta di un racconto corretto di quello che accade?
"Come ho denunciato il passato week-end, i giornali si sono limitati ad adeguarsi alle modalità imposte dalla comunicazione istituzionale. Se il presidente del Consiglio, come due settimane fa, si sposta da Palazzo Chigi alla sede della Protezione Civile e da lì tiene più conferenze stampa in un giorno, per di più con il maglione e non con la giacca, è ovvio che comunica un senso di straordinarietà, di emergenza. Tra l’altro, non mi pare che in nessun altro posto d’Europa le massime cariche istituzionali abbiamo adottato analoghi stili comunicativi. Davanti a un simile approccio istituzionale i giornali che altro potevano fare?".

Il servizio su La7 a Piazzapulita di Corrado Formigli nelle sale di terapia intensiva dell'ospedale di Cremona è diritto di cronaca o un'esagerazione che si doveva evitare?
"Il servizio di Formigli era una cronaca molto dura e, in questo momento di tensione psicologica, era difficile non provare sgomento davanti a quelle immagini. Ma Piazzapulita non va in onda tutte le sere ed è una tv commerciale. Trovo molto più da ridire sul servizio del Tg1 di ieri sera sulla sala di terapia intensiva, andato in onda in prima serata e sul principale canale del servizio pubblico, che come tale non ha in teoria il problema di inseguire gli ascolti".

IL SERVIZIO DI PIAZZA PULITA


 

Quali trasmissioni televisive e tg, considerando Rai e televisioni private, stanno seguendo in maniera corretta l'emergenza coronavirus e quali invece stanno soffiando sulla paura delle persone per l'audience?
"Mi soffermerei su quale sta lavorando meglio per aiutarci a superare quest’emergenza. Tolte le indicazioni di prevenzione più basilari come lavarsi le mani o evitare contatti ravvicinati con le persone, tutte le altre informazioni sconfinano nel campo dell’opinabile dal momento che, per la scienza, le uniche prescrizioni da seguire sono appunto quelle più elementari. Purtroppo il rischio della spettacolarizzazione c'è, ma ad alimentarla per primo, purtroppo, è stato Palazzo Chigi, mentre sarebbe stato meglio evitare di alimentare ulteriore panico".

Gli speciali televisi in prima serata sul coronavirus sono giustificati o sarebbe meglio pensare ad altro con un bel film?
"Differenzierei tra il pubblico adulto e quello più giovane. Per quanto riguarda il primo, il servizio pubblico potrebbe aiutarlo a superare questo momento di difficoltà fornendo programmi che possano aiutare la gente a evadere e a non pensare, almeno per qualche minuto, all’emergenza. I giovani, invece, con la chiusura delle scuole si trovano in casa con a disposizione un’enorme quantità di tempo. Una parte di esso la possono utilizzare per studiare ma il resto? Il servizio pubblico potrebbe recuperare la sua funzione educativa trasmettendo programmi istruttivi, magari in linea con i programmi scolastici seguiti in questo momento dagli studenti. Un programma come “La valigia dei sogni” o un bel film di carattere storico potrebbero essere adattissimi. Esiste un problema particolare per gli alunni delle scuole primarie, perché gli istituti non prevedono l’uso dei computer e gli alunni non sono ancora pienamente in grado di utilizzarli. Anche in questo caso il servizio pubblico potrebbe ovviare con una sorta di nuovo Maestro Manzi".

Quali giornali cartacei stanno dando un'informazione puntale e completa e chi invece sta esagerando o con l'allarme o viceversa sottovalutando l'emergenza?  
"Sui giornali non mi sento in grado di dare pagelle. Ma quello che vale per le tv vale anche per i giornali. Se le istituzioni tendono alla drammatizzazione, i giornali non possono sottrarsi dal dare notizie drammatiche. Per evitare allarmismo o, al contrario, sottovalutazioni che magari incontrano le aspettative di un certo tipo di lettore, è nata appunto l’idea del servizio pubblico. E cioè un tipo di informazione che, proprio perché affrancata dalla schiavitù degli ascolti o del numero di copie, può permettersi di marcare la differenza e inseguire solo il principio del rigore e della responsabilità informativa. Non sempre, però, si coglie la differenza con la tv commerciale, anzi abbiamo il paradosso che spesso negli ultimi tempi fa più informazione la tv privata di quella pubblica".