“Quella stronza della Meloni”, così la premier sdogana la coattocrazia
A Caivano la summa del pensiero di Giorgia. Il commento
“Quella stronza della Meloni”, la premier e la coattocrazia
Sarebbe di un’ingenuità esiziale pensare che il siparietto tra la premier e Vincenzo De Luca sia stato improvvisato. “Piacere, sono quella stronza della Meloni” è la summa del pensiero di Giorgia, che ha studiato nei minimi dettagli come rintuzzare e umiliare il governatore della Campania. La Meloni, si sa, ha la memoria lunga e non dimentica facilmente chi le si mette contro.
Non si fanno prigionieri, è il motto con cui si è mossa in questi 18 mesi al potere, senza voler mai dimenticare di essere stata, anche durante l’ubriacatura per Mario Draghi, orgogliosamente “contro”. È un retaggio culturale della destra post-missina, abituata a sentirsi costantemente ai margini e per questo sempre pronta all’attacco.
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A Caivano dunque non si è consumato un siparietto, ma una vendetta. Non è sfuggito che le riprese stringano immediatamente sul volto di De Luca, prova che la scena era preparata. A filmare, fin da subito, il portavoce della premier Fabrizio Alfano, che poi posta tutto rapidamente sulle pagine social di Atreju, consegnando alla vitalità il siparietto.
Altro che spontaneismo à la Filippo Marinetti: lo staff di Giorgia ha preparato per giorni lo sgarbo al sultano campano. E lui, in trappola, non ha potuto fare altro che arretrare e impallidire, senza proferire verbo. Lontano dalle grammatiche istituzionali, paludate e consolidate, l’attacco a De Luca è una risposta a tutti coloro pensavano che la premier fosse stanca e “sfilacciata”.
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La mossa che sdogana definitivamente la coattocrazia al potere è il ruggito della leonessa: “Non sono debole, guai a chi mi attacca”. Segnale di forza o di debolezza? Le imminenti elezioni europee diranno di più, ma la Meloni intanto ha mostrato che, in Italia, non c’è spazio per quella calma istituzionale mostrata nei consessi internazionali. L’Italia è una Garbatella un po’ cresciuta, dove il potere si esercita ancora con la forza.