Politica

Quirinale, FdI: "Cdx unito in ogni caso. Chi divide verrà punito"

di Paola Alagia

Intervista di Affari a Luca Ciriani, capogruppo FdI in Senato: "Berlusconi? Se ufficializzerà la candidatura, noi saremo leali. Ma serve verifica sui numeri"

Quirinale, Ciriani (FdI): “L’obiettivo di garantire agli italiani un presidente che sia un garante e che non sia espressione politica e culturale della sinistra o del Pd si raggiunge soltanto se il centrodestra rimane unito”

Leader che si incontrano e si annusano, vertici di partito che prima si convocano e poi si rinviano. La matassa del Colle si fa ogni giorno più ingarbugliata, con un tasso di disorientamento crescente tra le forze politiche. E così si procede quasi a tentoni, con prese di posizione che si susseguono, anche in contraddizione tra loro. Per cui ciò che si dichiara un giorno, il successivo non vale più. Lo spartito di oggi prova a suonarlo Matteo Salvini. Il leader della Lega, proprio su Affaritaliani.it, stamani ha rotto gli indugi: “Centrodestra compatto e convinto nel sostegno a Berlusconi, non si accettano veti ideologici da parte della sinistra”. Una fuga in avanti o una posizione condivisa con gli alleati e in particolare con Giorgia Meloni? Ha destato meraviglia tra le fila di Fratelli d’Italia? Il nostro giornale lo ha chiesto a Luca Ciriani. Il presidente dei senatori FdI, intervistato dal nostro giornale, non si scompone: “Nessuno stupore e il motivo è semplice: rientra nell’ottica di lavorare in uno spirito di coalizione”.

Non si è trattato quindi di una mossa in solitaria della Lega.
In realtà, per noi non ha cambiato nulla perché la nostra posizione è sempre rimasta la stessa e cioè quella di  tenere unito il centrodestra in vista di un appuntamento così importante come quello del rinnovo della carica del presidente della Repubblica. E la ragione è scontata.

Quale?
Abbiamo l’obiettivo finalmente di garantire agli italiani un presidente che sia un garante e che non sia per forza di cose espressione politica e culturale della sinistra o del Pd. Questo obiettivo, è evidente, si raggiunge soltanto se il centrodestra rimane unito. Silvio Berlusconi non ha ancora ufficializzato la sua candidatura, forse è a un passo dal farlo, ma comunque noi saremo leali con lui. Come è sempre stato. Si tratta del fondatore e federatore del centrodestra. Dopodiché, è vero pure che lealtà e realismo vanno a braccetto.

Che cosa vuole dire?
E’ semplice: in Parlamento il centrodestra di voti ne ha tanti, ma non sono sufficienti per eleggere un presidente da solo. Bisogna verificare, quindi, se una eventuale candidatura di Berlusconi ha i numeri per potere andare avanti.

È la linea che terrà FdI al vertice di domani e che quindi sottende la necessità di avere comunque un piano b?
Si fa una cosa alla volta, l’importante è che il centrodestra, comunque vadano le cose, rimanga unito. Piano a, piano b o piano c, la priorità è preservare la compattezza della coalizione.

Se alla prova del voto il leader azzurro non dovesse avere i numeri, però, il centrodestra potrebbe perdere la sua occasione, consegnando il boccino al campo avversario. Non è forse così?
È un po’ troppo presto per avanzare ipotesi subordinate, non siamo nemmeno, come ho detto, di fronte alla candidatura ufficiale di Berlusconi. Di sicuro, comunque, serve un accordo tra Forza Italia, Fratelli d’Italia e Lega per gestire sempre insieme le fasi di questo appuntamento, evitando che qualcuno possa o voglia giocare in proprio. Credo, infatti, che sarebbe un errore disperdere l’unità del centrodestra.

Ma è proprio il centrodestra che rischia di sbandare e sfaldarsi.
Questo non avverrà. Siamo tutti consapevoli della necessità di anteporre le esigenze della coalizione agli interessi personali. Io sono convinto che il centrodestra non sia un’alleanza politica, ma un’espressione fortissima della società. È realtà sociale, economica e culturale del Paese, una realtà che poi ha una sua rappresentanza politica in Parlamento. Chi pensa di poterlo spaccare, alla fine, pagherà pegno sul piano elettorale. Questo blocco sociale, infatti, punirebbe chi rema contro l’interesse del centrodestra.

Sul piano delle ipotesi, se Berlusconi non fosse in campo, tra Casini, Moratti e Casellati, chi sarebbe votabile per voi?
È una domanda prematura a cui è impossibile dare una risposta. Anche se ci fosse una preferenza – e non c’è - fare un nome adesso vorrebbe dire danneggiarlo.

Il nome di Draghi, però possiamo farlo. Il premier è un po’ un convitato di pietra. Se traslocasse al Colle, come la vede l’ipotesi di un governissimo con tutti i leader di partito?
Per FdI non cambierebbe nulla, anzi siamo convinti che probabilmente peggiorerebbe il quadro. L’esperienza recente, sia nella gestione della pandemia che della finanziaria appena approvata, dimostra che questo governo di larghissime intese lavora nella confusione e a colpi di compromessi al ribasso. Non è che l’ingresso dei leader migliorerebbe la situazione. Credo che l’unico effetto sarebbe un aumento del tasso di litigiosità.

Quale sarebbe la via d’uscita?
La nostra prospettiva è quella che l’elezione del presidente della Repubblica coincida con una nuova fase della politica, con la fine della fase dell’emergenza. Di emergenza ne abbiamo avuta anche troppa, adesso è il momento, secondo noi, di dare un governo nuovo e forte al Paese che può nascere solo dal voto dei cittadini. Punto.