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Politica
Rai, salta la staffetta Sergio-Rossi. Felici Lega e FI, meno FdI. Inside
Giorgia Meloni

Ecco che cosa c'è dietro l'attacco di Pier Silvio Berlusconi

Ma davvero dopo il PD, Fazio e Saviano il diluvio in viale Mazzini? La tempesta che starebbe travolgendo la Rai, la più grande e più importante azienda culturale del Paese, è reale o è il frutto di una colossale fake news generata da un’intelligenza più o meno artificiale?

A leggere i dati dell’amministratore delegato Roberto Sergio, che di tutto potrebbe essere accusato tranne di essere un pasdaran del centrodestra, la situazione sarebbe tutt’altro che drammatica. La Rai, pur con un tagliando obbligatorio su alcune conduzioni (Pino Insegno e Nunzia De Girolamo su tutti) viaggia in linea con gli ascolti degli ultimi anno e vince abbondantemente la sfida con Mediaset. “Questa narrazione degli ascolti che vanno male è alimentata dai giornali e da fonti interne – ha detto Sergio l’altro giorno in Senato - Io mi sentirei di dire che non c’è, che dobbiamo rivedere alcune cose ma che nel complesso siamo soddisfatti. E che, ad esempio, tutti i programmi in prime time o nell’intera giornata vanno molto bene. Ogni settimana la Rai ha centinaia di programmi e ci stiamo focalizzando su 4 o 5 di questi”.

Certo, a dimostrazione della sua indipendenza, Roberto Sergio ha battuto i pugni contro il taglio del canone in bolletta da 90 a 70 euro (per la gioia di milioni di abbonati), ma cosa ci si sarebbe dovuti aspettare da un amministratore delegato? Ringraziare perché l’azionista ti ha tagliato il budget? La Rai è sopravvissuta a Fazio, Fedez e Saviano e sopravviverà al taglio del canone. L’autunno caldo di viale Mazzini servirà solamente per fare un po’ di ordine. 

Primo ora è chiaro chi comanda: Roberto Sergio, che piace alla Lega e a Forza Italia (ma anche al PD) e un po’ meno a Fratelli d’Italia, che dava per scontata (cosa che non è più) la staffetta 2024 tra Sergio e Giampaolo Rossi, oggi direttore generale. L’ipotesi di un incarico al direttore del Tg1 Gian Marco Chiocci, pur reduce dall’intervista scoop al Papa, è oltre la fantapolitica.

Secondo che la tv non si improvvisa e che serve qualità. Da una parte potrebbe chiudere Avanti popolo della De Girolamo (non certo per l’indelicata intervista alla vittima dello stupro di Palermo, visto che l’intervista di marzo a Bianca Balti di Francesca Fagnani non fu certo migliore), dall’altra, il 20 novembre, esordirà su Raiuno Francesco Giorgino, finita l’epurazione imposta dal centrosinistra che lo cacciò dal Tg1. C’è giornalismo e giornalismo, insomma.

Terzo che la Rai vuole garantire il servizio pubblico, ma comportarsi anche da azienda privatistica. L’attacco recentissimo di Pier Silvio Berlusconi nasce per un motivo ben preciso: l’attività di lobbying di Rai Pubblicità per alzare il tetto dal 6% al 7%, azione intollerabile agli occhi del Biscione.

Il resto è solo finzione e strategia. E se Roberto Sergio lascia intendere che potrebbe chiudersi anche l’epoca di Amadeus al Festival (e non a caso l’ad si coccola Fiorello), vuol dire che in azienda nessuno è indispensabile, conduttori o partiti di maggioranza. Un messaggio finalmente rivoluzionario.

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