Politica
Reato di tortura, detenute madri e... La giustizia torna terreno di scontro
La giustizia torna ad essere terreno di scontro tra centrodestra e centrosinistra. Tanti i temi al centro del ring
E se le opposizioni, su tanti fronti, si presentano divise, quello rovente della giustizia invece le ricompatta. E' unanime, tra le forze di minoranza, il coro di indignazione di fronte alle diverse prorposte di legge in materia di giustizia messe in campo dalla maggioranza (molto prolifico, in tal senso, il partito della premier). Ma la giustizia rischia di creare fibrillazioni anche all'interno della stessa maggioranza. Ad esempio, la maggioranza non sembra muoversi come un sol uomo sulla questione delle detenute madri: la riformulazione degli emendamenti della relatrice Varchi (FdI) è arrivata dal governo, che ha seguito la partita con il sottosegretario al ministero di via Arenula, il leghista Ostellari.
Il dossier carceri finora era stato seguito dall'altro sottosegretario alla Giustizia, Delmastro, di FdI. Il partito di via Bellerio, viene spiegato da fonti parlamentari, ha spinto per le modifiche al testo del Pd, intestandosi anche la norma "che ferma il vergognoso sfruttamento della gravidanza da parte di borseggiatrici e delinquenti". Una mossa che avrebbe sorpreso gli alleati. Così come la scelta leghista, annunciata dallo stesso Salvini, di ripresentare un nuovo testo, a sostituzione di quello ritirato dai dem per protesta. Decisione non condivisa che avrebbe creato malumori nella maggioranza. "Non è giusto che una bambina o un bambino nascano o crescano in carcere perchè la madre è reclusa. Le colpe dei genitori non possono e non devono ricadere sui figli", afferma il capo politico di Noi Moderati Lupi, dopo che ieri l'azzurro Giorgio Mulè aveva preso le distanze dalla linea leghista.
Ma il tema delle madri detenute non è l'unico ad infiammare il duello politico: sempre in commissione Giustizia della Camera un'altra proposta di legge, a firma FdI, è destinata a far clamore. Il partito di via della Scrofa punta a modificare il reato di tortura, approvato nel 2017, derubricandolo a una sorta di aggravante. Coincidenza, la notizia esplode proprio mentre 23 agenti vengono sospesi dal servizio a Biella per pestaggi e maltrattamenti ai detenuti. Il motivo, si legge nella relazione che accompagna il testo, è quello di voler "tutelare adeguatamente l'onorabilità e l'immagine delle Forze di polizia, che ogni giorno si adoperano per garantire la sicurezza pubblica rischiando la loro stessa vita, e per evitare le pericolose deviazioni che l'applicazione delle nuove ipotesi di reato potrebbe determinare".
"E' agghiacciante la proposta di FdI di cancellare il reato di tortura", tuona la capogruppo dem in Senato Simona Malpezzi. "C'è da registrare la schizofrenia legislativa del principale partito di governo. Fratelli d'Italia faccia pace con se stessa", scandisce il segretario di Più Europa Riccardo Magi. "Un tempismo perfetto quello della destra, sempre nella direzione di agevolare le violazioni dei diritti fondamentali delle persone", sostiene il vicepresidente dei deputati di Alleanza Verdi Sinistra Marco Grimaldi. "Era già evidente che il governo Meloni e la maggioranza in tema di diritti nella migliore delle ipotesi sono assenti e indifferenti, in taluni casi li calpestano, marginalizzando alcuni cittadini e la loro dignità", commenta la senatrice M5s Anna Bilotti.
Interviene il capogruppo di FdI Tommaso Foti. "Non vi è volontà da parte di Fratelli d'Italia di abrogare il reato di tortura, ma di tipizzarlo in modo molto nitido così come è nelle convenzioni internazionali", specifica. "Lo chiariamo alla sinistra che pretestuosamente ci attacca". Quindi Foti chiarisce la ratio della proposta: "Evitare che fantasiose incriminazioni si concludano con clamorose assoluzioni. E' inoltre attuale il rischio che le forze dell'ordine debbano guardarsi loro dai delinquenti". Ad affondare il colpo ci pensa il vicepresidente della Camera, sempre di FdI, Fabio Rampelli: "La sinistra anche oggi ricomincia la sua eterna quanto stucchevole guerra delle parole. Quando sei politicamente e culturalmente alla 'canna del gas' (oddio, si potra' dire o comincera' un altro tormentone?) non resta altro da fare che attaccarsi alle parole e usarle per concretizzare la dottrina leninista della demonizzazione dell'avversario".