Renzi: la legge elettorale? Non si farà
Il leader del Pd: tornano gli inciuci e la Prima Repubblica
"Temo che la gente non lo abbia capito ma con la vittoria dei No si è concluso un ciclo. Non avremo più uno che governa ma tutti che inciuciano. I cittadini perderanno il potere di scegliersi i governi, le decisioni politiche più importanti verranno prese da pochi nel buio del Palazzo. Insomma è tornata la prima Repubblica. E non ne usciremo facilmente". Lo afferma l'ex presidente del Consiglio Matteo Renzi in un colloquio con il Quotidiano nazionale. Ma, precisa Renzi, Paolo Gentiloni "ha le qualità, farà bene". La modifica della legge elettorale? "I parlamentari faranno melina nella speranza di arrivare a settembre in modo da incassare i vitalizi - risponde Renzi -. E' una vergogna, lo so, ma non mi aspetto niente di diverso". Dunque, profetizza Renzi, "alle prossime elezioni, presumibilmente a giugno, si voterà con il proporzionale e con il Consultellum".
Renzi non nasconde, nel colloquio con il Qn, l'amarezza di questo momento ma, spiega, "lo affronto come ho sempre vissuto, a testa alta, con responsabilità". Non lascerà la politica, anzi rilancerà. Ma precisa: "Quando ho detto che avrei smesso con la politica intendevo dire che avrei smesso di essere pagato dalla politica, e così è stato. Non sono parlamentare, non ho stipendi, prebende nè garanzie... Eppure ho mollato lo stesso". La road map di Renzi, come spiega un retroscena su Repubblica, sarebbe un congresso blitz e primarie nazionali a febbraio: "candidature per la segreteria nazionale del Pd entro il 10 gennaio e primarie aperte a tutti il 26 febbraio o al più tardi il 5 marzo".
Per rendere possibile questo scenario la carta da giocare per l'ex premier sarebbe appunto quella di dimettersi anche da segretario del Pd e poi candidarsi, riconquistare il partito e provare a puntare dritto al governo con elezioni politiche a giugno. E' in forse anche la partecipazione di Renzi alla direzione del Pd convocata per oggi. Ma la minoranza dem potrebbe sfilarsi da un "congresso-referendum" della serie "se è così le primarie se le fa da solo". L'arma nelle mani della minoranza è non far ritirare le deleghe e "chissà se ci sarà o meno il quorum" nel parlamentino dem dell'assemblea nazionale che dovrebbe approvare la modifica dello statuto. Per fare direttamente le primarie nazionali è infatti necessario modificare lo statuto del Partito democratico "saltando le convenzioni dei circoli che affiancano i congressi e selezionano i tre candidati da inviare alla conta finale". L'appuntamento con l'assemblea nazionale è già fissato per domenica prossima, 18 dicembre.