Politica

Renzi vuole il vaccino obbligatorio: ma a produrlo sarebbe un suo finanziatore

Pietro Di Lorenzo, presidente della Irbm di Pomezia che lavora con l'università di Oxford al farmaco anti-covi, avrebbe donato soldi alla fondazione Open

Il premier Giuseppe Conte, intervistato dal direttore di Affaritaliani.it Angelo Maria Perrino a La Piazza, aveva dichiarato che il vaccino, quando arriverà, non sarà obbligatorio. La risposta di Matteo Renzi era stata immediata e perentoria: "Se davvero arriveremo al vaccino contro il Covid questo vaccino dovrà essere obbligatorio per tutti. Obbligatorio, non facoltativo. Obbligatorio! […] Siamo stati chiusi in casa per mesi e se arriva il vaccino lasciamo libertà di scelta? Non scherziamo!", lanciando poi una raccolta firme sui social.

Ma ora, secondo quanto riportato dal quotidiano La Verità, si scopre che il leader di Italia Viva potrebbe avere anche interessi personali, anzi di partito, nel promuovere il vaccino, la cui ricerca, in Italia, è portata avanti da Pietro Di Lorenzo, presidente della Irbm Spa di Pomezia che sta collaborando con l’università di Oxford. Insomma, il farmaco, che secondo Renzi dovrebbe essere obbligatorio, potrebbe essere fonte di forti guadagni per l’azienda di Di Lorenzo, che però, come scrive La Verità, sembrerebbe essere anche stato un grande finanziatore della fondazione Open, attiva dal 2012 al 2018 per sostenere le attività politiche di Matteo Renzi.

Finché era in vita, sul suo sito erano presenti anche i nomi dei finanziatori, elenco poi sequestrato nel corso della perquisizione al presidente della fondazione, alla fine dello scorso anno, l'avvocato Alberto Bianchi.

Dall’analisi di quelle carte, emergerebbe che la famiglia Di Lorenzo-Vitter (Carmela Vitter è la moglie dell’imprenditore) e le società del gruppo Irbm abbiano erogato  “contributi volontari” per 160mila euro alla fondazione legata a Renzi. Per questo, secondo quanto si legge su La Verità, i magistrati hanno disposto la perquisizione dell’abitazione dell’imprenditore, dei suoi uffici, veicoli e il sequestro di ogni telefono, tablet e computer, allo scopo di ricostruire i rapporti tra Di Lorenzo e Alberto Bianchi.