Politica

Riforme, Centrodestra impantanato. Autonomia? Un anno. Premierato? Caos sulla legge elettorale. Con l'incubo referendum per Meloni

Di Alberto Maggi

Strada in discesa (ma tempi lunghi) per la giustizia

Le riforme stanno diventando un guazzabuglio per Meloni e i suoi vice con il rischio che se l'autonomia tarda troppo poi la Lega si possa rivalere con sgambetti sul premierato


Un groviglio. Una matassa difficile da sbrogliare. Questo è diventato il cammino delle riforme per la maggioranza di Centrodestra, soprattutto sull'autonomia regionale differenziata e sul premierato. Di fatto, la Corte costituzionale ha smontato la Legge Calderoli, toccando anche le materie non Lep (livelli essenziali delle prestazioni) e nonostante il professor Sabino Cassese intenda andare avanti con la commissione per stabilire i Lep e il ministro Calderoli voglia proseguire il dialogo con le regioni (quelle che hanno fatto richiesta dell'autonomia), Fratelli d'Italia e Forza Italia ora sono chiari: il cammino va fermato aspettando le modifiche in Parlamento. L'unica nota positiva è che quasi certamente, come sostiene il costituzionalista di Centrosinistra Stefano Ceccanti, ora il referendum abrogativo è decaduto.

Ma il cammino in Parlamento sarà lunghissimo. La legge dovrà tornare in commissione, probabilmente prima al Senato da dove era partita, ci saranno altre audizioni, discussioni, emendamenti e poi l'Aula. Il tutto si intreccia con le Camere super-intasate dalla conversione in legge dei tantissimi decreti del governo, con il premierato e con la riforma costituzionale della giustizia appena passata in commissione a Montecitorio. Fonti dei partiti di Giorgia Meloni e Antonio Tajani parlano di "circa un anno" per sistemare l'autonomia che quindi viene posticipata come implementazione al 2026. Senza considerare il fatto che le regioni di Centrosinistra e anche i partiti potranno chiedere un altro referendum abrogativo sul nuovo (anche se la partita del quorum avvantaggia il Centrodestra).

Il premierato invece sembra del tutto sparito. È stato approvato in prima lettura al Senato il 18 giugno e poi si è arenato alla Camera. E ovviamente essendo dicembre il mese della Legge di Bilancio si va al prossimo anno. Su questo punto - spiegano fonti parlamentari - la difficoltà, per come è stato scritto il testo per l'elezione diretta del presidente del Consiglio, è incastrare il premierato con la legge elettorale ancora tutta da pensare e in alto mare. Due sono i nodi in particolare che non tornano: il voto degli italiani all'estero che ha delle modalità particolari e il Senato, in quanto per Costituzione viene eletto su base regionale.

Scrivere una legge elettorale adatta a questo testo del premierato appare molto complesso, ma allo stesso tempo non si può certo ricominciare da capo e cambiare la riforma costituzionale già in ritardo. Ciliegina sulla torta, anche se dovesse andare in porto "la madre di tutte le riforme", come la definì Meloni, poi ci sarebbe il referendum confermativo (non prima del 2026 comunque). Che a differenza di quello sull'autonomia non ha il quorum e quindi le opposizioni lo trasformeranno in un voto contro il governo e la premier. Una partita molto difficile ricordando che qualche anno fa una situazione simile costò Palazzo Chigi a Matteo Renzi che perse nettamente il referendum sulla sua riforma della Carta nonostante due anni prima avesse superato il 40% alle elezioni europee come segretario del Pd.

Paradossalmente la riforma che ha più chance di andare avanti è la terza in ordine di tempo, quella sulla giustizia, storico cavallo di battaglia di Silvio Berlusconi. La separazione delle carriere e la fine delle correnti nel CSM (che diventerebbero due) con il sorteggio dei membri è un principio sostenuto convintamente da tutto il Centrodestra. E il referendum confermativo sarebbe molto più semplice per il governo da vincere visto che in tutti i sondaggi la fiducia nella Magistratura è molto bassa e inferiore a quella dell'esecutivo.

Insomma, le riforme stanno diventando un guazzabuglio per Meloni e i suoi vice con il rischio che se l'autonomia tarda troppo poi la Lega si possa rivalere con sgambetti sul premierato. Strada più in discesa per la giustizia, anche se i tempi, mancando ancora il primo via libera in aula a Montecitorio, sono anche qui lunghissimi. Non prima di un anno e mezzo.

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