Roma, precipita la crisi della giunta. Grillo pronto a espellere la Raggi?
Ultimatum: via Frongia e Romeo
Pronti a commissariare Virginia Raggi. Il post sul blog per sospendere la sindaca era già pronto, ma ha vinto la prudenza incarnata - fin da ieri - da Davide Casaleggio. "Abbiamo visto le carte e pare che lei non sia coinvolta e non stia per essere indagata come temevamo ieri sera - rivela una fonte - così le chiederemo di fare pulizia allontanando il raggio magico. Sta resistendo su Frongia, ma non è più tempo di resistere".
Alle cinque e mezzo del mattino, Beppe Grillo esce dall'hotel Forum diretto alla stazione Termini. Il treno per Genova parte alle 6. L'insolita sveglia all'alba lo aiuta a dribblare i giornalisti. E' stata una notte lunga, per Roma. Alle undici di sera, la sindaca Virginia Raggi ha convocato in Campidoglio i consiglieri. Inizia la conta: chi è con me, chi contro. Dopo l'arresto di Raffaele Marra per corruzione, tre giorni dopo le dimissioni dell'indagata Paola Muraro, dieci consiglieri erano pronti a mollare la sindaca. Poi l'idea dell'ultimatum: via le deleghe a Frongia e Romeo, ricominciare daccapo, con l'altra ala a comandare.
In un pomeriggio estenuante - chiusi nella stanza d'albergo di Beppe Grillo - Roberto Fico (che, fa sapere Maria Latella via Twitter, oggi non sarà a L'Intervista su SkyTg24), Luigi Di Maio, Roberta Lombardi, Nicola Morra, Paola Taverna e poi Carla Ruocco e di nuovo Morra, oltre a qualche consigliere romano capitanato dal capogruppo Paolo Ferrara, hanno ragionato sul da farsi. E questa volta, il fondatore ha dovuto dare retta agli ortodossi. A chi - come Fico, Ruocco, Lombardi, Taverna - dice dai tempi della notizia di Paola Muraro indagata che qualcosa a Roma non sta funzionando. Che nel cerchio ristretto della sindaca ci sono troppe opacità. L'unico a tacere è Luigi Di Maio. Mentre Alessandro Di Battista si inabissa: scompare dai radar per un giorno intero. Non scrive, non posta, non twitta, non va in tv né raggiunge Grillo. Scomparso.
A notte, il capo politico dei 5 stelle sembra convinto: c'è il rischio di nuovi avvisi di garanzia, forse per la stessa sindaca a causa della promozione a rischio di illegittimità del capo della segreteria politica Salvatore Romeo. O per Romeo stesso. Non si può rischiare di essere travolti da un nuovo scandalo giudiziario senza reagire. Così, i 5 stelle sono pronti a togliere il simbolo alla giunta Raggi, a sospendere lei dal Movimento e a chiedere ai consiglieri di farla cadere. A resistere - oltre al silenzio di Luigi Di Maio - è Davide Casaleggio, che ieri, da Milano, invitava alla prudenza. Ma l'abisso tra Virginia Raggi e i 5 stelle appare ormai incolmabile.
"Chiedere scusa non basta", dicevano ieri Paola Taverna e Carla Ruocco. E Roberto Fico contestava senza farsi problemi la versione della sindaca: "No, non credo che Marra fosse uno dei tanti tecnici del Campidoglio". Non lo era. Raffaele Marra è l'uomo che Virginia Raggi voleva come vicecapo di gabinetto, ma che - denunciò a suo tempo l'allora capo Carla Raineri - agiva come il dominus assoluto del Campidoglio. Quello attraverso cui passavano ogni delibera e ogni decisione. Spinta dagli oppositori interni e da Grillo, Raggi lo aveva spostato a capo del personale: 27mila dipendenti. Un ruolo delicatissimo. E lui, senza farsi intimorire dalle critiche, non si fa scrupolo a promuovere il fratello Renato a capo della direzione del Turismo. Un parente, contro ogni norma vigente di buona amministrazione.
Più volte Grillo ha chiesto a Virginia Raggi di levare di mezzo un collaboratore ingombrante, ex braccio destro di Alemanno e di Franco Panzironi. Più volte si era sentito rispondere: "Ha la mia totale fiducia". Aveva perfino chiamato uno a uno i consiglieri, per chiedere: "Com'è? Come lavora?". E loro, in quel frangente, per paura che tutto potesse crollare, avevano risposto: "Ma sì, ci aiuta, non c'è da preoccuparsi". In estate, Luigi Di Maio aveva indicato una via al Movimento: lasciare alla sindaca onori e oneri. Non interferire con le sue scelte, per non essere schiacciati. Lasciarla libera, quindi. Beppe Grillo gli ha dato ascolto. Adesso qualcuno ne chiede conto al vicepresidente della Camera: il deputato Giuseppe Brescia ieri scriveva durissimo contro chi ha giocato al "piccolo stratega" senza esserne capace.
A tutti i livelli dei 5 stelle, ormai, in molti dicono: "Luigi ha la responsabilità politica di questa situazione". E preparano la resa dei conti.