Politica

Salario minimo, in Aula va in onda la solita sceneggiata delle opposizioni

Di Giuseppe Vatinno

Salario minimo/ Va in onda la sceneggiata delle opposizioni. Bagarre in Aula con show di Giuseppe Conte che straccia la delega

Salario minimo: va in onda la sceneggiata delle opposizioni. Bagarre in Aula con show di Giuseppe Conte che straccia la delega mentre la destra urla: “Facce Tarzan!”

Si avvicina Natale e la TV ripropone i grandi classici: “Natale in casa Cupiello” di Edoardo De Filippo. “Te piace, ‘o presepe?” dice la maggioranza. “Non, non mi piace”, risponde l’opposizione alla Camera. E così l’attonito cittadino si gusta la recita sgranocchiando i pop corn. Premessa: tra maggioranza ed opposizione si era raggiunto un faticoso accordo: 9 euro lordi di salario minimo ma poi c’è stato un maxi emendamento di Walter Rizzetto (FdI) di delega al governo che a dire della sinistra ha stravolto l’accordo con conseguente indignatissimo ritiro collettivo delle firme e grave danno dei lavoratori.

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Del resto Giorgia Meloni non ha tutti i torti quando dice: “I sindacati siano più coerenti, accettano contratti da 5 euro”. Ed è vero. Inizia lo show un attore di provata esperienza, Giuseppe Conte, prima leader della colazione giallo – verde di destra e poi di quella giallo – rossa di sinistra. “Ritiro la firma da questo provvedimento perché state facendo carta straccia del salario minimo. Meloni volta le spalle a 3 milioni e 600 mila lavoratori poveri. Oggi Meloni e soci tolgono la maschera”.

Lo dice uno che si è “comprato” i voti con il reddito di cittadinanza ed ha messo in ginocchio le finanze italiane con i bonus, spessissimo esitati in maxi truffe. Il capo dei Cinque Stelle fa così il gran gesto: straccia l’emendamento a favore delle telecamere pronunciando la frase di stampo ciceroniano prima riportata.
L’opposizione ride. Si sente un “A Co’ facce Tarzan!”. Lui incassa con aplomb, si sistema la pochette, s’addrizza la cravatta penzola e si risiede tra gli applausi dei peones. Poi è la volta di Nicola Fratoianni (Sinistra italiana), quello che ha portato in Parlamento Soumahoro ed adesso dopo tutto quello che è successo con i fondi fa finta di non conoscerlo: “Ritiro la firma da un atto indecente, di pirateria politica e istituzionale, è uno schiaffo a tutto il Parlamento”.

Anche Matteo Richetti di Azione, ritira la firma. E poi c’è lei, Elly Schlein, la donna dell’armocromismo da 300 euro l’ora adesso in difficoltà pure col padre perché lei è ebrea ed è a capo di un popolo di filopalestinesi. “Comunico la mia volontà di togliere la mia firma da questa proposta di legge, questa non è più la proposta delle opposizioni perché la maggioranza l’ha svuotata con la consueta arroganza. Non nel
nostro nome state tradendo le attese dei lavoratori che avete pugnalato alle spalle, senza neppure
avere il coraggio di guardarle in faccia. Governare non vi autorizza a umiliare le prerogative delle
opposizioni, la Costituzione non vi autorizza ad abusi di potere. Vergogna”.

Lo dice una che è segretaria del Pd, il partito cioè che ha abolito l’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori grazie a Matteo Renzi e alla Cgil, per l’occasione latitante. Certo che l’opposizione non è che abbia fatto una gran figura visto che la sua proposta è diventata una delega al governo dimostrando -qualora ce ne fosse ancora bisogno- che non sono proprio fulmini di guerra. Ma tant’è. Alla fine “o’ presepio” se lo devono far piacere per forza. Si chiama democrazia.