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Politica
Superbonus e Reddito di cittadinanza: Meloni chiude i rubinetti ai 5 Stelle
Giuseppe Conte - presidente del Movimento 5 Stelle

Superbonus, il governo cancella l'altra "grande" misura dei 5 Stelle

Finalmente il governo guidato da Giorgia Meloni ha bloccato lo scandalo dei bonus edilizi, una misura voluta e difesa – ricordiamolo -demagogicamente dai Cinque Stelle. Già Mario Draghi si era accorto che le cose non funzionavano proprio ed aveva tirato il freno a mano, ora finalmente l’abolizione. E non parliamo solo dei cosiddetti superbonus al 110% ma anche degli altri bonus tipo quelli al 90%. Solo i superbonus sono costati allo Stato 60 miliardi con un buco di 38 sottraendo risorse notevoli all’impiego in altri settori sociali, a cominciare dal caro bollette che ha messo in ginocchio la nostra produzione industriale.

Per i condòmini normali, per il signor Rossi, non c’è stato alcun vantaggio perché i soldi se li sono pappati altri e in un Paese endemicamente truffaldino come l’Italia non poteva essere che così. Infatti, come già ampiamente documentato dalla magistratura, il giochetto che parecchie aziende disoneste hanno fatto è stato quello di aumentare i costi per poi fingere di detrarlo, insomma un po’ come avviene con i saldi quando non si controlla bene il prezzo precedente.

In questo modo superbonus e bonus non sono andati a beneficio dei cittadini ma se li sono intascati direttamente le aziende con l’aiuto di amministratori di condominio disonesti e collusi che spingevano la pratica in assemblea. E così ai condòmini il lavoro è costato come prima, senza contare le clausole capestro da azzeccagarbugli presenti in molti contratti che aprivano alla possibilità di aumentare le quote dovute se si fossero alzati i prezzi dei materiali, cosa del resto puntualmente avvenuta.

Alcuni invece hanno poi finto “errori”, ad esempio il conteggio del suolo pubblico per i ponteggi, per intascare i denari e poi proporre in cambio altri lavori non necessari e non concordati in assemblea. Se i condòmini rifiutavano scendeva in campo la clausola sui prezzi dei materiali aumentati e alla fine molti hanno ceduto, per avere almeno i lavori inutili vittime di un ricatto inusitato.

Poi ci sono stati i truffoni veri e propri in cui neppure si sono eseguiti lavori ma si sono solo intascati i bonus con le emissioni di false fatture e prestanome. Come noto il giochetto si poteva fare o con lo sconto in fattura o con la cessione del credito il che ha generato un mercato illegale di proporzioni difficilmente viste nel mondo, non solo in Italia.

E veniamo alla politica. Il discorso bonus non può essere separato da quello del reddito di cittadinanza, altro settore in cui ci sono state truffe a ripetizione raggiungendo anche qui altissimi livelli di illegalità. La domanda conseguente è: chi ha voluto e difeso strenuamente queste due misure che hanno generato una incredibile perdita di risorse per lo Stato e un oceano di illegalità? Risposta: i Cinque Stelle che con Giuseppe Conte hanno ancora il coraggio e la faccia tosta di difenderle.

I Cinque Stelle sono finiti. È un Movimento populista e parolaio che ha prodotto la peggiore classe politica italiana dal dopoguerra. L’ultimo spettacolo di Grillo, “Io sono il peggiore”, mai titolo fu più azzeccato, è andato deserto. Impreparazione e demagogia l’hanno fatta da padroni e il crollo di consensi e sotto gli occhi di tutti. Paradigmatico il caso di Roma, dove l’ex sindaca Virginia Raggi, non solo non è stata rieletta ma non è arrivata neppure al ballottaggio e si è classificata all’ultimo posto. I Cinque Stelle hanno utilizzato e stanno utilizzando una sorta di "voto di scambio", soprattutto nel Sud, per sopravvivere.

La manovra del nuovo governo Meloni ha tolto l’acqua alla principale fonte di voti di Conte, e cioè i bonus e il reddito e i risultati si sono visti già a partire dalle ultime consultazioni regionali nel Lazio e in Lombardia. Senza queste misure i Cinque Stelle non esisterebbero più da tempo. Stanno campando solo grazie ai soldi pubblici, e cioè di tutti, che loro trasformano in voti. Bene ha fatto dunque la Meloni non solo a stringere i rubinetti ma anche a chiuderli del tutto.

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