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4 marzo, Lucio Dalla e 'Memena' di nuovo insieme tra le stelle
La suggestiva storia di Filomena Salcuni, per tutti 'Memena': seconda madre di Lucio Dalla a Peschici nel Gargano, che rinnova il legame nel fatidico 4 marzo.
Ancora il 4 marzo a segnare un legame senza tempo e la scomparsa di Filomena Salcuni, per tutti ‘Memena’, storica ristoratrice peschiciana de ‘La Pescatrice’, divenuta "popolare" anche per l'amicizia con gli artisti, Lucio Dalla e Ron. Lo stesso Dalla la definì la sua seconda mamma e lei lo ricordava sempre con profonda emozione: "Chiese ospitalità al mio ristorante durante una bufera. di vento che lo costrinse a ripararsi nel porticciolo di Peschici”.
“Da allora - ricordava Memena - non abbiamo più smesso di sentirci e vederci. Era il 1970, e quella sera, accompagnato da Ron, dopo cena tra i miei tavoli intonò le note del suo primo grande successo: 4/03/43. Brano, che esegui lo stesso anno sul palco del concerto bandistico, in occasione delle festività in onore del Santo Patrono Elia, proprio per la mia amicizia, e che l'anno dopo 1971, dal palco di Sanremo, avrebbe catapultato l'artista sulla scena internazionale”.
I funerali di Memena si terranno mercoledì pomeriggio, 4 marzo 2020... stesso giorno e stesso mese - 8 anni anni fa - si tennero quelli di Lucio Dalla (4 marzo 2012) nella "sua" Bologna. Il destino benigno continua a tenerli insieme…! (ag)
Per ricordarla, si riporta l'intervista esclusiva realizzata il 1°marzo 2012 da Francesco d'Arenzo, a poche ore dalla morte del celebre cantautore.
1° marzo ore 15.30, sono passate poche ore dalla ferale notizia: Lucio Dalla ci ha lasciato. Mi precipito con decisione nel Centro Storico di Peschici. Lo percorro tutto e quasi sul limitare della Rupe imbocco Via Marina. Pochi metri in discesa e al numero 20 ecco l'insegna: Ristorante “La Pescatrice”. Lei mi aspetta. “Lei”, la titolare, è la signora Filomena Salcuni, “Mamainë” per tutti. Entro nel locale e su di me si riversa una presenza inconfondibile: tutto, in questi ambienti, ricorda Lucio Dalla. Freno a stento l'emozione ed entro subito in argomento.
Com’è venuta a conoscenza della morte del cantante?
Erano le 12.30 circa di ieri 1° marzo quando ho ricevuto la chiamata di un’amica che mi ha comunicato la notizia che non avrei mai voluto sapere. Con gli occhi pieni di lacrime ho subito riattaccato e abbracciato la foto che ho sul tavolo.
Qual è stata la sua prima reazione?
Spavento. Non riuscivo a crederci, pensavo a uno scherzo. Poi la chiamata di mia figlia Raffaella... Continuavo a ripetere tra me e me: è morto un figlio, è salito al cielo uno di famiglia, una persona umile, schietta e onesta che ha riempito la mia casa per tanti anni, sin dall’autunno 1969.
Come e quando ha conosciuto Lucio Dalla?
Arrivò con l’amico Ron in barca e visto il brutto tempo si fermò qui, a Peschici. Lo ha scritto anche nel testo della canzone “4 marzo 1943”. Era una classica sera d’autunno, caratterizzata da un forte temporale: vento e acqua non davano tregua. Mi trovavo in casa con le mie figlie, seduti a tavola, aspettando la cena. Commossi, ricordavamo la scomparsa di mio marito (morto da circa un mese: ndr) quando a un certo momento sentimmo bussare alla porta. Aprii e mi trovai davanti due uomini trasandati, incappucciati e infreddoliti che chiedevano ospitalità. Prima di farli entrare chiesi consiglio alle mie figlie che senza battere ciglio dissero di sì…
Cosa successe dopo?
Entrarono e videro la tavola apparecchiata, con una bottiglia di vino rosso… E subito Lucio iniziò a buttare giu le prime strofe dell’ormai celebre e famosa canzone: “4 marzo 1943”! Sì, perché quella canzone (aggiunge commossa “Mamainë”; ndr) nasce proprio qui, davanti alla mia tavola, col camino acceso e il temporale che continuava a far rumore… Dopo aver cenato con noi gli riservai una camera al piano superiore del ristorante e qui alloggiò con l’amico Ron, spalla forte del suo cammino umano e artistico… Da allora questa è stata, ed è rimasta fino a qualche minuto fa, la sua dimora, il suo ritrovo dove rifugiarsi tra una fatica e l’altra, il posto migliore dove, affacciandosi al balcone, poteva sognare guardando l’alba e il tramonto.
E' tornato spesso a farle visita?
Ricordo con affetto le sue improvvisate, sempre in punta di piedi. Le sue notti a scrivere canzoni (perché tante altre sono nate al primo piano). Adorava la mia cucina: il pesce al forno, cefali in particolare, le cozze ripiene e soprattutto il nostro piatto tipico: le orecchiette col sugo delle melanzane ripiene. Lui definiva la mia cucina ottima e appetitosa.
L'ultima volta qui quando risale?
L’ultima volta che è venuto a farmi visita risale a circa due anni fa, giugno 2010, inizio estate. Si fermò per alcuni giorni e gli preparai i suoi piatti preferiti.
Ricorda l'ultimo incontro con Lucio Dalla?
Si, risale al 30 giugno 2011, in occasione del concerto contro le trivellazioni delle Isole Tremiti. Con due amiche ci siamo recate a casa sua, su San Domino, dove gli abbiamo fatto visita prima del concerto e gli ho portato alcune prelibatezze della nostra terra: olio, conserve sott’olio e sott’aceto (peperoncini, melanzane, pomodori, olive…), taralli, ciambelle… Ma la scena più emozionante è stata proprio quando la sera, dal palco del concerto, mi ha dedicato la canzone “4 marzo 1943” dicendo: “Questa è per la mia seconda mamma, Mamainë !”
A questo punto la signora Filomena non regge alla commozione e scoppia in un pianto dirotto. A stento riesco a frenare le lacrime. Per quindici lunghi minuti il mondo pare fermarsi intorno a noi. Quindi “Mamainë” si riprende ed esterna un desiderio, che mi prega di realizzare: andare al funerale che si terrà a Bologna domenica - proprio il giorno del compleanno di uno dei cantautori più prolifici che abbia calcato le scene musicali italiane e internazionali - accompagnata da una delegazione istituzionale peschiciana. E poi officiare una messa in sua memoria e organizzare un concerto per cantare le sue canzoni.
Prima di salutarmi, sulla porta di quella che è stata una delle “tane” preferite da Lucio Dalla, Filomena Salcuni, la “pescatrice”, mi abbraccia e mi sussurra all'orecchio: “Ho perso mio figlio!”
Francesco d'Arenzo