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A Teleperformance Italia l’Italian Reputation Award - Intervista a Diego Pisa
Ancora un premio a Teleperformance Italia per le potiche di benessere e sviluppo delle persone per un ambiente di lavoro inclusivo e motivante.
Un premio a New York per riconoscere gli sforzi e i risultati raggiunti nel rivoluzionare le politiche aziendali attuate a Taranto e Fiumicino: è l’Italian Reputation Award che l’amministratore delegato di Teleperformance Italia Diego Pisa ha ritirato negli Stati Uniti.
Il Reputation Award è promosso dall’Istituto Italiano di Cultura di New York, Reputation Research (che ha analizzato la reputazione on line dei premiati), ReteImpresa, Progetto Alfa, IARL – Italian American Reputation Lab e Federmanager Academy. Il premio è stato consegnato alle personalità italiane che si sono distinte negli ambiti della reputazione, della sostenibilità e dell’innovazione grazie ad un costante impegno nei diversi settori professionali di appartenenza, oltre che per la promozione dell’Italia nel mondo.
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“Ricevere questo premio nel Paese che ha fatto della reputazione un proprio cavallo di battaglia è stato molto emozionante. Il premio - ha commentato Diego Pisa ritirando il premio dalle mani del preside Micheal Cascianelli, direttore dell’istituto di formazione internazionale ‘La Scuola d’Italia’ a New York - riconosce il lavoro fatto da un’intera squadra che lavora per il benessere e lo sviluppo di dell’azienda e di 2500 famiglie in Italia. Quello che siamo riusciti a costruire è importante sia perché permette alle persone di progettare il proprio futuro, sia perché ha luogo nel Mezzogiorno d’Italia, troppo spesso identificato come terra di disoccupazione e mancato sviluppo”.
Nelle motivazioni del premio sono ricordati il contributo e l’impegno nel promuovere il benessere e lo sviluppo delle persone creando un ambiente di lavoro inclusivo e motivante, bastato sullo sviluppo e il benessere delle persone. Un riconoscimento, in sintesi, alle profonde trasformazioni attuate nelle due sedi di Teleperformance Italia negli ultimi cinque anni.
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“Teleperformance Italia si conferma ancora una volta quale realtà imprenditoriale di eccellenza -ha dichiarato il presidente di Confindustria Taranto Salvatore Toma – in quanto capace di declinare al meglio i concetti di occupazione, responsabilità e produzione coniugandoli a quelli di sostenibilità, welfare aziendale, flessibilità e ovviamente innovazione. L’auspicio, che è anche una certezza, è che questa grande realtà prosegua nello stesso solco”.
Il premio (una moneta su cui è incisa Euclea, la dea della reputazione realizzata dal maestro artigiano Marco de Luca) è stato consegnato ad Allegra Baistrocchi, Leonora Armellini, John Viola e Basil Russo, Franco Rossi, Mauro Porcini, Giuseppe Romano, Gianmario Bertollo e Maria Sole Pavan, Marco Chiellini, Anna Rondolino, Alessia Panella e Maria Azzurra Rinaldi.
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INTERVISTA A DIEGO PISA
CEO TELEPERFORMANCE ITALIA
"Great Place to Work" un premio che attesta quanto i dipendenti si trovino a proprio agio in Teleperformance Italia. Un altro premio l'Italian Reputation Aeard, che in qualche maniera esalta il lavoro svolto nell’azienda a Taranto e a Fiumicino. I numeri parlano di circa 2000 dipendenti nella Città dei Due Mari e 500 nel litorale laziale, con un grado di soddisfazione altissimo, la maggior parte di loro in smart-working, e ben il 72% di donne.
Prima di entrare nel merito di questi riconoscimenti, vogliamo provare a spiegare ai nostri lettori di che cosa vi occupate, che cosa fate, qual è il core-business dell'attività, cercando di utilizzare pochi termini inglesi o spiegando di cosa si tratta?
Noi siamo la filiale italiana del gruppo Teleperformance, gruppo francese con 520.000 persone impiegate nel mondo, presente in più di 90 paesi e leader indiscusso nel settore delle televendite sin dal ‘78.
Una case-history o business case che potrebbero essere paragonati a quelli di Jeff Bezos o di Steve Jobs, cioè quella di un imprenditore illuminato che a 18 anni fa partire, in una stanza in Francia, un'attività di vendita telefonica e poi diventa un colosso da 14 billion $ di fatturato.
Di cosa ci occupiamo noi? Noi praticamente siamo l'interfaccia tra un'azienda e i suoi clienti, come un'istituzione lo è per i cittadini, uno ospedale per suoi pazienti. In pratica, ogni volta che un'istituzione, pubblica o privata, deve interagire con qualcuno, spesso lo fa attraverso una terza parte: perché questo è un mestiere complicato.
Gestire l'efficienza non è facile, anche per questo si tende a dare a terzi la gestione di queste interazioni, che possono avvenire in qualunque modo: tramite una telefonata, come si faceva negli anni passati, oppure oggi sempre più tramite una mail, tramite un messaggio, tramite un whatsapp oppure tramite i social media e canali differenti. Ecco, noi in questo mestiere siamo leader a livello indiscusso. Leader mondiali.
In Italia siamo presenti dal 2003, quando abbiamo aperto il primo ufficio a Roma, mentre nel 2005 abbiamo aperto il nostro primo ufficio a Taranto. Quando abbiamo iniziato, in questo settore, quasi tutti i contratti di lavoro erano a progetto. Oggi il contratto di riferimento è cambiato, è stato fatto un contratto a tempo indeterminato, regolamentato dal contratto nazionale delle comunicazioni. Per cui, possiamo dire - a ragione - che in questo settore abbiamo anticipato i tempi.
Piano piano, la nostra attività si è trasformata non solo nel fornire persone che gestiscono la ricerca di interazioni, ma anche nel dare supporto alle aziende per migliorare tutti i loro processi di gestione e soddisfazione del cliente. Attraverso implementazioni di piattaforme, APP per i telefonini oppure processi di consulenza, per migliorare le dinamiche interne, per fare in modo che quando un cliente contatta l'azienda possa avere tutte le informazioni nel più breve tempo possibile: tutto questo grazie anche a progetti di sviluppo cofinanziati. Su questo fronte, noi abbiamo sviluppato dei tool e dei software che rendono questo tipo di interazione sempre più veloce e sempre più efficiente.
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Ho lavorato anch'io per una società francese a suo tempo, il Club Méditerranée, che aveva la soddisfazione del cliente alla base della sua attività vacanziera. Pertanto, capisco come e quanto possa essere stato ‘naturale’ che occupandosi di soddisfazione del cliente per i propri interlocutori - i propri clienti - l'azione venisse di conseguenza rivolta all'interno dell'azienda, per monitorare e favorire la soddisfazione dei dipendenti.
Altro risultato più che apprezzabile è stato il cambio di colore dei bilanci dell'azienda, dal rosso al nero, o meglio, dal negativo al positivo. Quanto questo processo è riuscito a stimolare un’inversione di tendenza anche nel contesto operativo?
Voi avete fatto una scelta, a suo tempo, che è stata quella di puntare su una città come Taranto. Una città “in rosso” soffocata dalle polveri dell’Ilva, che cerca di rinascere specchiandosi nel blu dei suoi due mari.
Io tendo a non avere mai certezze, fa un po’ parte del mio carattere. Penso che nella vita poche cose siano sicure. Ma almeno due di esse le considero scolpite nella pietra: il mio modo di gestire le aziende e la convinzione che se le persone lavorano in un contesto piacevole, rendono molto, molto di più. Perché ogni persona è un mondo, quindi all'interno di ogni persona si può trovare una marea di soluzioni e di opportunità.
Ho preso la società in mano nel 2017 e allora era una società che perdeva. Perdeva 10 milioni di € ogni anno, quindi era un caso di clamoroso insuccesso. Con coraggio, abbiamo totalmente cambiato il paradigma, nel senso che abbiamo deciso di cambiare l'organizzazione interna e quindi puntare sulla dinamicità, accorciando la catena di comando e rendendo più rapide le decisioni. Avevamo 11 dirigenti ore ne sono tre.
Abbiamo deciso di posizionarci strategicamente nel tipo di servizi che offriamo. E poi avevamo 2500 dipendenti: un capitale umano che non poteva essere un peso, ma andava trasformato in un patrimonio di opportunità.
2500 dipendenti, come dicevo prima, sono 2500 possibilità di portare valore all'interno dell'azienda. E noi questo abbiamo fatto. Abbiamo detto: mettiamo le nostre persone ‘al centro della chiesa, al centro della piazza’, devono essere loro quelli che ci danno valore.
Quindi abbiamo iniziato a fare un percorso di valorizzazione, ma diverso dal classico processo aziendale, in cui è il capo che decide e i dipendenti che eseguono. Abbiamo fatto il contrario, abbiamo detto, ma “con voi” cosa possiamo fare per fare in modo che l'azienda migliori?
Abbiamo fatto più di 50 Focus Group con tutto il nostro personale, facendo più di 850 colloqui individuali con le persone e abbiamo chiesto alle persone come potessimo noi aiutare loro e cosa potessero fare loro per migliorare l'azienda.
Dopo anni di tenace lavoro, oggi noi siamo Best Workplace e siamo non solo certificati da tre anni, ma siamo stati in un percorso di classifica delle migliori 15 aziende, quinti, quarti e quest'anno secondi.
Nel 2023 siamo stati valutati da Confindustria tra le 11 aziende più innovative d'Italia. Non da Confindustria Taranto, ma da Confindustria nazionale.
Siamo fra le prime aziende certificate per la sostenibilità di genere (sono 2000 in Italia), noi siamo fra quelle e dulcis in fundo da -10 mln. €, oggi ne guadagniamo tre, quindi abbiamo fatto un percorso di miglioramento di 13 milioni annuali: da perdite a guadagno.
Tutto questo dando valore ovviamente alla città, perché nel frattempo, come diceva lei prima, le persone lavorano da casa e, quindi, noi abbiamo dovuto portare questo tipo di approccio dalle mura dell'ufficio alle mura domestiche.
E lì l’approccio si è rivelato anche strategico: investendo nella Comunità dove operiamo, le persone non erano più in ufficio, quindi tu potevi gestire loro dall’ufficio e lavorare con loro in ufficio. Ma l’ufficio erano loro case, quindi abbiamo portato un po’ di Teleperformance nelle loro case.
Possiamo dire che questa azione, che lei ha descritto in maniera efficace, ha puntato - prima che sul rinnovamento e sul capovolgimento delle tendenze di bilancio - sul capitale umano all'interno dell'azienda e quindi diventa oggi anche una sorta di modello per poter innestare e stimolare circoli virtuosi all'interno delle aziende?
Ma è assolutamente così, perché noi eravamo una società che perdeva soldi, quindi non potevamo utilizzare soldi per finanziare questo tipo di approccio. Noi abbiamo puntato sulle nostre persone e le nostre persone hanno creato quel volano positivo, di cui lei parla. Secondo me c'è una correlazione, quasi uno a uno tra benessere dipendenti e risultati economici dell'azienda.
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Questo mi dà la possibilità di poterle chiedere quali delle varie azioni messe in pratica per migliorare e per favorire il benessere interno e quindi dei dipendenti, la rendono più orgoglioso? Due o tre di quelle di cui oggi, in qualche maniera lei insieme a tutto lo staff di dirigenza della dell'azienda, sentite di poter rivendicare con compiacimento.
Guardi, me lo chiedono spesso. Proprio ieri ero a Milano in una tavola rotonda sulla salute mentale. Mi chiedevano le nostre best practice. Se le elencassi tutte le cose che facciamo, lei mi potrebbe dire, vabbè, ma questo lo fanno tutte le aziende.
Io credo che sia proprio lì la differenza. Noi abbiamo implementato una marea di piccolissime iniziative, che però non erano quelle che fanno tendenza o che leggi nei libri di management: perché sono tutte attività che vengono dalla richiesta dei nostri dipendenti di essere implementate, che vanno da una gestione dei turni differente ad un non avere, ad esempio, delle regolamentazioni definite.
Per il lavoro da casa noi siamo, penso, uno degli unici casi tra i pochissimi casi del nostro settore in cui non abbiamo dovuto entrare in contrasto con i sindacati.
L’obbligo di tenere le persone in ufficio, spesso, scaturisce dalla persuasione aziendale di non riuscire a gestirle. Noi, al contrario, abbiamo detto, “libertà massima”, ovviamente a volte condizionata dalla richiesta dei clienti. Alcuni clienti hanno delle necessità in alcuni periodi, periodi in cui le persone occorre siano in ufficio: pertanto, non c’è stato bisogno di ricorrere a nessun tipo di negoziazione “forzata” con le parti sociali.
Ecco, questo forse è uno dei punti che prima ho mancato di citare, uno dei punti importanti. La rivalutazione del rapporto con le forze sociali, con i sindacati. Ho sempre considerato folle il fatto di andare in scontro con i sindacati, perché in un'azienda di persone i sindacati sono la rappresentanza di quelle persone e, quindi, andare contro coi sindacati significa andare contro le proprie persone. I sindacati, per me, sono un asset, un valore dell'azienda, perché sono il modo più democratico per poter avere in evidenza, la volontà del delle nostre persone.
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Le va di fare un esempio di intervento in questa forma innovativa di welfare?
Nel periodo pandemico avevamo colto il diffondersi di una problematica inquietudine tra le nostre persone, per la maggior parte tarantine. Donne, quarantaduenni o quarantatreenni molto spesso con un'unica esperienza lavorativa alle spalle - la nostra - che vivevano con disagio il non potersi recare in ufficio e dover lavorare da casa. La cosa era percepita e vissuta come una costrizione, e il vivere forzatamente all'interno della casa, potesse rappresentare un problema: abbiamo quindi deciso con SoleTerre - un'associazione con la quale già collaboravamo, perché paghiamo delle borse di studio all'Istituto oncologico pediatrico di Taranto - di mettere a disposizione uno psicologo che potesse supportarle laddove ci fosse bisogno.
Si era alquanto scettici sul successo dell’operazione. Io sono del meridione, sono napoletano. So che comunque la cultura dell'utilizzo dello psicologo al sud non è proprio radicata e, invece, ben presto si è rivelato un successo incredibile, e le persone hanno iniziato a chiedere questo supporto.
Tenga presente che noi abbiamo dato la possibilità, alle persone che aderivano, di fare sei incontri in un anno durante l'orario di lavoro retribuito dall'azienda. Per un’ora, anziché lavorare andavano un'ora in colloquio dallo psicologo e le do dei numeri, 33% del nostro personale ha aderito all'iniziativa. Va tenuto presente che in questo tipo di sportello l’adesione media non va al di là del 10%, cioè il 10%, è già considerato un successo. Noi abbiamo avuto un 33% di adesioni.
E quando abbiamo analizzato quali fossero le tendenze generali in questo tipo di colloquio, abbiamo realizzato che c’era un problema di violenza familiare in alcuni soggetti. Abbiamo capito che forse avremmo dovuto dare il nostro contributo anche in questo e quindi abbiamo aperto uno sportello ad hoc, facendolo con un'associazione specializzata, per supportare e aiutare il percorso di denuncia di chi fosse vittima di violenza familiare.
Tutto questo ha creato una collaborazione molto interessante, che addirittura adesso ci farà formare e assumere delle persone a tempo pieno.
Oggi qual è il problema? Il maggior problema delle donne vittime di violenza, è che non hanno indipendenza finanziaria. Quindi abbiamo iniziato a dare dei corsi, per accrescere la consapevolezza su quali sono i sintomi di una violenza familiare; quali sono i modi per uscirne. Le iniziative fatte, in tal senso, sono davvero tante, però tutte partono dall'ascoltare le nostre persone. Capire che c'è un problema, dare formazione su quel problema e poi intervenire laddove possibile.
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Ormai il riferimento al dilagare dell’Intelligenza Artificiale è diventato come il prezzemolo in cucina. Nel vostro caso, il capovolgimento pare evidente: utilizzare l'intelligenza artificiale, privilegiando il fattore umano e non viceversa. E’ così?
Noi abbiamo capito che bisognava cavalcarla, che bisognava utilizzarla perché poteva darci grande valore. Abbiamo iniziato a studiare il fenomeno anni fa, abbiamo fatto un progetto, tra l'altro cofinanziato con la Regione Puglia.
Da parte nostra c’è stato un investimento di quattro milioni, per sviluppare un tool, un software che desse la possibilità all'umano, quindi alle la persona, al nostro dipendente, di gestire meglio l'altro umano con cui sta parlando, quindi due umani che si parlano: l’intelligenza artificiale che aiuta l'umano a rendere la risposta molto più efficiente ed efficace.
In modo che l'umano si possa concentrare su quella che è la sua caratteristica principale: l'empatia, la capacità di gestire l'altra persona, una persona che parla con la persona, con l'intelligenza artificiale che aiuta la persona ad aiutare la persona.
Perché qualunque tipo di problema ha bisogno di essere risolto con empatia, ecco che allora non ci sarà bisogno che una persona risponda alle informazioni basiche su una bolletta telefonica o energetica. È normale che quelle sono attività che nel futuro potranno essere gestite da un automa.
Ma noi andiamo verso un mondo estremamente più complesso, perché questa tecnologia sta portando una marea di servizi più complessi E i servizi complessi portano anomalie, portano disfunzionalità. Quindi ci sarà bisogno di qualcuno che aiuti a superare quelle disfunzionalità.
Io credo che la presenza di un essere umano sia sempre necessaria nella risoluzione di un problema, finché ci saranno nel mondo delle persone, poi magari un domani vivremo in Terminator Word e sarà diverso.
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Infine, non possiamo non toccare il tema della frontiera della cosiddetta rete. Lei si occupa di Teleperformance Italia, ma è anche impegnato sul fronte Albania, sul fronte Romania.
Questi territori, tutti mediterranei, quanto possono in qualche maniera condizionare lo sviluppo sia dell'azienda sia degli interlocutori, alla base del concetto che: “Il futuro è nelle radici”?
Chiamiamolo col suo nome, il tema delle delocalizzazioni, è un tema antico in Francia, nasce negli anni 80 in Italia e negli anni 2000 in Germania. Qui sta partendo adesso, perché finora il mercato tedesco era più conservativo, ora con l'incremento dei livelli minimi salariali si inizia a soffrire anche da loro.
Dobbiamo decidere, se il mondo deve essere globalizzato o se il mondo non debba esserlo; e se il mondo deve essere globalizzato, così come si è trasformato negli ultimi vent'anni, parlare di nazionalismi, secondo me, è fuori luogo.
Un'attività viene fatta laddove, dal punto di vista del business, conviene; laddove può creare valore, laddove può creare benessere alla comunità. Guardiamo a cosa accade nel nostro settore.
Guardiamo a cosa eravamo, anche noi, fino a qualche anno fa: se non crei valore tu non riesci a creare reddito.
Di conseguenza crei solo disfunzionalità, cassa integrazione, ammortizzatori sociali. Se tu crei valore, crei benessere e restituisci quel benessere alle persone, restituisci quel benessere alla Comunità, quindi quello che io penso è che dobbiamo deciderci a ragionare in ottica differente.
Qual è il valore che ogni attività può dare al territorio? Se un'attività non può dare valore a quel territorio, è inutile forzare. Noi avevamo delle attività che non potevamo più fare valore, perché non erano economicamente sostenibili. Mantenere quell'occupazione forzatamente avrebbe significato tenere la gente in una condizione di prigionieri, perché non potevi utilizzare valore, non potevi investire sulle persone, non potevi investire sul loro benessere.
Era una sorta di Purgatorio eterno. Oggi le stesse persone lavorano su sé stesse, su attività a valore che vengono fatte anche all'estero. In Teleperformance Italia ce lo dicono loro, non lo diciamo noi, loro ci dicono di lavorare in un posto stupendo. Io penso che questo sia il segreto, non solo per nostra industria, ma di tutte le realtà produttive.
(gelormini@gmail.com)
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Pubblicato sul tema: Taranto, Teleperformance la seconda migliore azienda italiana in cui lavorare