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Agricoltura pugliese in affanno dopo gli effetti del Covid
Agricoltura allo stremo in Puglia - secondo il parere di Confagricoltura e Coldiretti - alle prese anche con il dopo Covid -19 e i rischi di ritorno dei focolai
Quando qualche giorno fa, il presidente uscente della Regione Puglia, oltre che assessore ad interim dell’agricoltura, è andato a fare visita ad un importante caseificio del barese, molti allevatori pugliesi forse si saranno sentiti presi in giro.
Il settore lattiero caseario, infatti, è l’ultima della tante criticità, che tormentano un settore come l’agricoltura della Regione Puglia, che sembra ormai vicino al collasso. Gli allevatori, infatti, lamentano un mancato rispetto da parte di molti caseifici degli impegni nei pagamenti del latte (senza contare il prezzo già piuttosto esiguo a cui viene pagato) cosa che ha aggravato di molto la posizione finanziaria di molti allevatori, che da tempo lamentano una situazione diventata ormai insostenibile e aggravatasi ulteriormente dopo la pandemia da Covid 19.
Gli aiuti promessi al settore ad Aprile dalla Regione, quasi due milioni di euro, giudicati comunque insufficienti dalle associazioni di categoria, sembrano per ora rimasti solo nelle intenzioni del governo regionale, e a detta del presidente di Confagricoltura Luca Lazzaro, la situazione è insostenibile e sta diventando di rilevanza nazionale, come affermato anche dal presidente di Confagricoltura nazionale, Massimilano Giansanti, pochi giorni fa “Il problema è che la Regione ha davvero sbagliato tutto con l’agricoltura, proprio a cominciare dai Psr (Piani di sviluppo rurale), che sono stati completamenti stravolti, rispetto a quelli della giunta precedente, ma sono stati fatti senza alcun criterio, come dimostrato dalla grottesca situazione delle graduatorie per i finanziamenti, annullate dalla recente decisione del Tar, e adesso il rischio di perdere del tutto i finanziamenti è altissimo.”
Già la questione delle graduatorie, che avevano visto premiare alcune aziende agricole ed escludere altre, erano sempre a detta di Lazzaro, fatte con criteri scellerati, che premiavano “aziende con redditività basse e assolutamente fuori dal mercato e a cui quindi i finanziamenti servono a poco, mentre alcune escluse avrebbero avuto maggior diritto di accedere a questi finanziamenti.” Il risultato è stato quello di una valanga di ricorsi, portati anche davanti al Consiglio di Stato, dopo una prima decisione del Tar favorevole alla Regione, che ha determinato il successivo annullamento da parte dello stesso Tar, in secondo istanza, delle graduatorie preparate dalla Regione.
Ora per non rischiare di perdere circa 800 milioni di euro di finanziamenti, senza contare la già concreta possibilità che le aziende beneficiarie, come da graduatorie pubblicate, si vedano costrette a restituire i fondi già erogati, servirebbe preparare nuove graduatorie e nuovi bandi entro Dicembre 2020, cosa che con le elezioni alle porte e considerando la lentezza burocratica ella macchina regionale pugliese, appare possibilità assai remota.
La Puglia è comunque risultata l’ultima regione italiana come percentuale di fondi utilizzati nei psr, e le colpe non possono non ricadere sulla politica portata avanti dalla Regione, certificate anche dalle polemiche dimissioni dell’allora assessore delle politiche agricole Leonardo Di Gioia, nel luglio dello scorso anno, in aperta polemica con la gestione della giunta dei Psr e della politiche di sostegno al settore.
“Inutile dire che è stata disastrosa la gestione del PSR in Puglia su cui stendiamo un velo pietoso – ha detto il presidente di Coldiretti Puglia Savino Muraglia in audizione in commissione agricoltura, in cui brillava per la sua assenza proprio il presidente Emiliano, Lunedi 29 Giugno - con il TAR che con un colpo di spugna ha azzerato le graduatorie. Oggi chiediamo quale sia lo stato dell’arte delle istruttorie. Chiediamo perché non si provveda ad attivare immediatamente tutti i bandi relativi alle sottomisure ancora ferme da anni. Rispetto alle istruttorie continua a permanere la grave carenza di organico che non consente i tempi celeri tanto auspicati, come per il bando degli agriturismi fermo al palo per mancanza di personale”.
Lo stesso presidente di Coldiretti, che un mese fa dipingendo il quadro fosco della situazione, aveva definito come necessario una sorta di piano Marshall per l’agricoltura pugliese, per salvare l’agricoltura pugliese “Il settore florovivaistico perde già oltre 200 milioni di euro, quello agrituristico è completamente fermo e si registrano punte fino al 90% di mancate vendite di vino per la chiusura di ristoranti e bar, con un rinvio del 30% degli ordini dall’estero e il comparto della pesca è al collasso per l’azzeramento delle vendite di pescato fresco“.
E se non bastasse tutto questo ad aumentare i problemi del settore c’è poi la epidemia di xylella, che non sembra ormai trovare più alcuna barriera alla sua diffusione. Dal leccese, zona da cui è partita, in pochi anni la malattia ha proseguito inesorabile la sua corsa, arrivando anche a Taranto e lambendo ormai anche la zona del barese ( precisamente nella zona di Locorotondo), con la contaminazione di circa 183mila ettari e 21 milioni di alberi.
Anche qui un certo lassismo nel colpire l’epidemia alla radice (mai come in questo caso termine potrebbe essere più appropriato), evitando di sradicare le prime piante malate. Il risultato è che adesso la produzione olearia di tutta la Regione è a forte rischio. Ma una recente ricerca scientifica ha affermato che questa epidemia potrebbe ulteriormente espandersi anche a tutta la zona del mediterraneo.
Secondo, infatti, PNAS (Proceedings of the National Academy of Sciences), settimanale scientifico della National Academy of Sciences degli Stati Uniti, in assenza dell’applicazione di misure fitosanitarie particolarmente drastiche, nei prossimi 50 anni le perdite derivanti dalla propagazione del patogeno, potrebbero ammontare a circa 5 miliardi per l'Italia, 17 per la Spagna e 2 per la Grecia (in cui, attualmente, nessuna manifestazione della malattia è stata documentata), tre paesi che detengono circa il 95% della produzione europea d'olio d'oliva.
Secondo alcuni esperti le ricadute negative a livello economico sul settore oleario pugliese, a causa della epidemia degli ulivi, attualmente ammonerebbero a circa 1,5 miliardi di euro, con perdite di valore dei terreni nel leccese nell’ordine del 50/70%, senza contare le perdite derivanti dalla mancata produzione di olio. Ma anche di questo la Regione ha mostrato in questi anni un certo lassismo ed anzi in una recente intervista il presidente, forse un po' incautamente, affermò che la xylella si era fermata negli ultimi quattro anni, in coincidenza con l’inizio del suo mandato.
Purtroppo le cose non sono andate cosi e la situazione adesso rischia di sfuggire definitivamente di mano. Ma la xylella come afferma un coltivatore di Crispiano, nel tarantino, Vito Murgia, è stata solo “la goccia che ha fatto traboccare il vaso di una situazione che è via via sfuggita di mano. Noi produttori agricoli abbiamo dovuto scontare non solo le difficoltà del settore in genere, con mercati sempre più difficili e competitivi, ma anche una assenza totale di una politica agricola da parte della Regione”.
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