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Alta Velocità, L’Isola che non c’è: la battaglia e l’appello
L'Associazione culturale "L'Isola che non c'è" ha promosso, in tutte le Regioni del Mezzogiorno, una campagna a favore dell'estensione dell'Alta velocità al Sud
L'Associazione culturale "L'Isola che non c'è" ha promosso, in tutte le Regioni del Mezzogiorno, una campagna a favore dell'estensione dell'Alta velocità al Sud: lunedì 3 febbraio, con inizio alle 15, avrà luogo un incontro presso Palazzo Vitale, a Campobasso, nel corso del quale sarà illustrata l'iniziativa.
Oltre al referente dell'Associazione promotrice della campagna #vogliamoanchealsudtrenipiuveloci, il giornalista Franco Giuliano, hanno dato la loro adesione all'evento di lunedì i presidenti delle Regioni Molise, Puglia, Basilicata e Abruzzo.
Nell'occasione, anche il Molise apporrà la propria firma all'appello, già sottoscritto da altri rappresentanti politici, che verrà, poi, consegnato al presidente del Consiglio dei ministri, Giuseppe Conte.
LA BATTAGLIA - L’Alta Capacità andrà da Bari a Napoli (quando sarà realizzata). La nostra battaglia è per l’Alta Velocità sulla dorsale Adriatica (da Bologna a Lecce). Nell’attesa chiediamo inoltre che il governo adotti - come è avvenuto dallo scorso 1° gennaio per i treni Frecciarossa e Italo che proseguono a sud di Salerno, ad esempio fino a Reggio Calabria - un provvedimento per eliminare anche sulla dorsale Adriatica il pedaggio ferroviario che le Imprese Ferroviarie pagano a RFI (e il pedaggio autostradale da Bari a Taranto), in modo da creare le condizioni affinché Trenitalia aumenti il numero dei Frecciarossa da e per la Puglia e anche ITALO (a fronte di un risparmio consistente del pedaggio) avvii dei collegamenti che percorrano la linea AV Torino-Milano-Bologna e proseguano poi verso l’Adriatica fino a Bari e Lecce.
Si tratterebbe di un concreto intervento perequativo nei confronti dei territori del centro-sud e dell’area adriatica, dove è mancata la realizzazione dell’infrastruttura AV, che eviterebbe anche l’asimmetria dell’attuale misura di riduzione del pedaggio che sembrerebbe essere stata disposta solo per la tratta a sud di Salerno.
I fondi potrebbero essere reperiti ad esempio incrementando il pedaggio sulle tratte AV più remunerative, sulle quali negli ultimi anni si è registrato un incremento enorme del numero di collegamenti con il crearsi di una forte sproporzione di servizi rispetto agli altri territori (nel 2008 i treni ETR 500, oggi Frecciarossa, furono tolti alla Puglia per essere trasferiti sulle tratte più redditizie e sostituiti con convogli più vecchi).
L’APPELLO - L’Italia è divisa in due. Anzi in quattro. La foto della rete ferroviaria documenta in modo assolutamente oggettivo la doppia frattura che si è generata nel nostro Paese.
La realizzazione dell’Alta Velocità ha consentito all’Italia del versante tirrenico e dell’area del centro-nord di generare un profondo mutamento, nel giro di pochissimo tempo. Si è aperto il mercato a operatori privati, si è determinata una dinamica virtuosa di miglioramento della qualità, efficientamento dei tempi, competizione sulle tariffe, potenziamento dell’offerta. L’effetto, in linea con gli standard europei, è che su distanze fino a 800 km il treno è ritornato a costituire il vettore principale per la mobilità. Milioni di persone lo preferiscono stabilmente all’aereo.
Dall’altra parte c’è l’Italia del versante adriatico, nell’area del centro-sud e del nord-est del Paese. Nessuna alta velocità, apparati tecnologici vetusti, materiali rotabili usurati, tratti ancora incredibilmente a binario unico che attraversano zone ad elevato rischio idrogeologico (e che potrebbero determinare, come già accaduto, conseguenze di isolamento totale). Ovviamente in queste condizioni infrastrutturali, il mercato resta chiuso a qualsiasi dinamica competitiva, l’offerta tende a dequalificarsi, i tempi di percorrenza sono inaccettabili, le tariffe non competitive (paradossalmente anche più elevate rispetto all’Alta Velocità!), il servizio da anni registra una progressiva riduzione. L’effetto, in stridente contrasto rispetto agli standard e alle direttive europei e alla tutela dell’ambiente, è che al treno un’utenza crescente preferisce l’aereo o, addirittura, l’ancor più inquinante trasporto privato su gomma anche per lunghe percorrenze di 1000 km. Lo stesso trasporto cargo è fortemente ostacolato dai limiti strutturali della rete.
Questa frattura è insopportabile per due ordini di ragioni. La prima è che nega l’accesso al diritto alla mobilità per milioni di cittadini italiani, generando una sperequazione inaccettabile dal punto di vista sociale. La seconda è che costituisce il più rilevante ostacolo ai processi di sviluppo economico del territorio, non solo per l’economia delle merci, ma anche per la vita delle imprese e per le potenzialità di crescita turistica, fortemente condizionate dall’accessibilità del territorio.
Sullo sfondo di questo grave gap, crediamo di scorgere l’assenza di una vera politica dei trasporti, che da troppi anni caratterizza l’azione dei governi nazionali. Assenza che, in una congiuntura di grave crisi, risulta ancora più inaccettabile.
Per questa ragione, chiediamo di cominciare a mettere mano a possibili soluzioni. Ricomporre questa frattura, o almeno ridurla, deve costituire priorità nazionale.
Tre punti per conferire concretezza a questo impegno:
1. Non chiediamo, in questa fase di carenza di cospicue risorse nazionali, di affrontare insostenibili investimenti infrastrutturali straordinari. Tuttavia chiediamo che il Governo cominci a programmare, con studi e progetti, la rete dell’Alta Velocità ferroviaria anche per la dorsale adriatica, per la cui realizzazione si potrà lavorare quando le condizioni di finanza pubblica lo consentiranno.
Peraltro una convinta e incisiva iniziativa istituzionale del Governo, in questa fase di istruttoria della definitiva approvazione della pianificazione dei corridoi della Rete Ten-T, può ancora consentire l’inserimento del prolungamento del corridoio Adriatico-Baltico fino a Bari, invece che fermarlo, così come attualmente previsto, ad Ancona. Solo un’azione ufficiale del Governo nazionale può guadagnare un risultato concreto e immediato che aprirebbe la prospettiva di accesso alle cospicue risorse che l’UE sta riservando alle sue infrastrutture strategiche di connessione.
2. In questa fase chiediamo il possibile. Già oggi si potrebbero ridurre di ben un'ora e quindici minuti i tempi di percorrenza sulla linea ferroviaria Milano-Pescara-Bari-Lecce, se si utilizzassero treni moderni e adeguati che possano fruire dell'Alta Velocità esistente tra Milano e Bologna, invece di percorrere la tratta storica fra le due città con numerose fermate intermedie, e che possano procedere ad una velocità superiore anche a sud di Bologna, lungo la linea Adriatica, grazie agli interventi di potenziamento della rete in corso. In questa ipotesi, ad esempio, i tempi di viaggio Milano-Bari si ridurrebbero a circa 6 ore e mezza, Milano-Foggia a 5 ore e mezza e Milano-Pescara a meno di 4 ore.
Sarebbe sufficiente favorire il ripristino, sui collegamenti da e per la Puglia, dei moderni ed efficienti treni ETR 500 (oggi «Frecciarossa»), eventualmente disponendo la riduzione o la gratuità del pedaggio ferroviario per tali collegamenti, come peraltro già avviene dallo scorso 1° gennaio per la tratta a sud di Salerno.
3. E' poi disponibile uno studio completo che prevede interventi di ammodernamento tecnologico, lievi correzioni di curve ed il raddoppio del binario tra Termoli e Lesina, che consentirebbero di incrementare la velocità di linea ad almeno 200 km/h e raggiungere prestazioni analoghe a quelle dell'alta capacità. Si tratta di interventi immediati, il cui valore, stimato intorno al miliardo di euro, è assolutamente sostenibile. Tali interventi risultano essere stati avviati già da diversi anni, ma - per varie ragioni - appaiono lontani dalla loro conclusione, e, pertanto, occorrerebbe dare maggiore impulso alla loro attuazione. E' opportuno sottolineare che le risorse necessarie, riconoscendo il carattere prioritario degli investimenti, potrebbero essere agevolmente reperite nell'ambito dei Fondi Strutturali Europei 2014-2020.
Questi interventi sono in larga misura già progettati e, se oggetto di adeguata attenzione e volontà politica, realizzabili in un arco temporale relativamente breve, ma con un impatto tempestivo: portando la velocità di percorrenza a circa 200-220 km/h, si avrebbe una decurtazione dei tempi di quasi un’ora da Bari a Bologna, rendendo immediatamente competitivo il trasporto ferroviario.
Si tratta di una richiesta minima che genererebbe un impatto di straordinario valore positivo per le nostre Regioni e per l'intero Paese, proprio in questa fase difficile di lavoro per la ripresa economica, il cui fattore primario è rappresentato proprio dalla ricomposizione del rapporto di fiducia con i cittadini.