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ANCE in allarme per Progetto Italia, le preoccupazioni di Beppe Fragasso
Ance Bari e BAT critica su ‘Progetto Italia’. Fragasso: “Rischio di falsare il mercato dando risorse pubbliche alle grandi aziende in crisi a scapito delle PMI
Si chiama ‘Progetto Italia’ e sarà il polo delle costruzioni che, partendo dal salvataggio di Astaldi, punta alla creazione di un gruppo italiano in grado aggregare molte realtà del settore e reggere l’agguerrita concorrenza internazionale.
La proposta di Salini Impregilo, gode del sostegno indispensabile di Cassa Depositi e Prestiti, che dà il proprio supporto attraverso Cdp Equity (Cdpe) insieme ai creditori. Sono stati firmati, infatti, due accordi di investimento: il primo con l’azionista di controllo Salini Costruttori e con Cdp Equity (Cdp) e il secondo con tre primarie banche finanziatrici, ossia UniCredit, Intesa Sanpaolo e Banco Bpm.
Lo schema prevede un aumento di capitale di Salini Impregilo da 600 milioni offerto in sottoscrizione a investitori istituzionali tra i quali Salini Costruttori, Cdp Equity e gli istituti di credito: gli accordi stabiliscono impegni di sottoscrizione rispettivamente per 50 milioni, 250 milioni e 150 milioni.
Dall’Ance, l’Associazione che raggruppa i costruttori edili, il presidente Gabriele Buia tuona contro il varo di Progetto Italia: “Ci sembra che l’operazione rappresenti solo un tentativo di salvataggio di qualche grossa impresa e non una strategia - come auspicato - di largo respiro”.
Per l’Ance il nuovo polo delle costruzioni, previsto con progetto Italia, rischia di destabilizzare il settore italiano, creando un grande gruppo senza mercato in Italia ma in grado di danneggiare la concorrenza: “Questa operazione rischia di creare una destabilizzazione del mercato - spiega e avverte il presidente Buia - se sommiamo i fatturati delle imprese che potrebbe aderire a Progetto Italia, arriviamo intorno ai 15 miliardi di fatturato, ma un’azienda del genere in Italia non ha mercato, è morta il giorno dopo. E’ troppo grande per operare in Italia”.
L’allarme diffuso tra i costruttori italiani più piccoli, è relativo al rischio stesso di sopravvivenza: “In Italia - sottolinea il presidente dell’Ance - non c’è mercato, oggi le gare pubbliche di una certa entità in Italia sono pochissime e non possono sostenere la presenza di un’impresa come questa".
"Un’aggregazione di dimensioni come quella di Progetto Italia ha bisogno di un mercato interno adeguato. Ad esempio i gruppi francesi realizzano il 60-70% del proprio fatturato in Francia e poi si muovono all’estero. Loro hanno un mercato prima interno, mentre noi non abbiamo mercato interno. Con Salini Impregilo - continua Buia - che fa il 93% del proprio mercato all’estero, c’è il rischio che il nuovo gruppo debba, per forza, fagocitare tutto quello che c’è in Italia”.
Ancora più esplicito è Beppe Fragasso, presidente Ance Bari e Bat: “Ancora una volta il Governo favorisce i grandi gruppi industriali e trascura le tante piccole e medie imprese, di cui anche il nostro territorio è caratterizzato, che affrontano con le proprie forze la crisi del settore, talvolta vincendola e tal altra, purtroppo, soccombendo”.
“La crisi che da oltre un decennio sta colpendo il nostro settore da Nord a Sud - ammonisce Fragasso - non troverà soluzione col decreto sblocca cantieri, né con le ultime modifiche al Codice degli Appalti e neppure con ‘Progetto Italia’ che, al contrario, temo porterà più danni che benefici al comparto”. A lui, Affaritaliani.it - Puglia ha posto qualche domanda, per entrare un po' più nell'analisi del tema.
L’obiettivo dichiarato del progetto di Salini Impregilo e CDP, quello di rafforzare il ruolo delle imprese italiane di costruzioni all’estero, è sfidante, lo rispettiamo e saremmo felici del suo conseguimento. Tuttavia, è la modalità attraverso cui raggiungerlo che ci rende perplessi; coinvolgere nell’operazione grandi gruppi industriali in default che operano sul mercato nazionale, come Astaldi, Grandi Lavori, Pessina, Condotte e Trevi, salvandole con fondi pubblici, significherebbe non solo falsare il mercato ma deprimerlo ancora di più; questi gruppi, infatti, lascerebbero pesanti debiti sulle spalle della filiera del subappalto e dei fornitori che incasserebbero neppure la metà dei già risicati prezzi del contratto.Per rilanciare il settore delle costruzioni - un comparto che oggi vale circa l’8 per cento del Pil - si prova a fare scala, aggregando i principali operatori presenti sul mercato. Cosa non la convince sulla nascita del colosso?
Temete l’effetto Oceano e le imperanti, nonché inclementi, dinamiche di sopravvivenza?
Molte di queste imprese sono associate Ance e non possiamo permettere questo trattamento. Dunque, chiediamo che CDP si faccia garante del saldo di tutti i debiti in essere e che il nuovo polo delle costruzioni non operi sul mercato italiano per non falsare la libera concorrenza.
Il piano va avanti, davvero pensate di riuscire a contrastarlo?
CDP e il Governo diano subito un segnale al settore: le pmi di Ance hanno bisogno di finanziamenti a tassi accettabili, con procedure facilitate di accesso al credito e, soprattutto, di fideiussioni per la partecipazione alle gare. Il nostro presidente Buia in questi mesi ha ribadito a più riprese che la nostra non è una contrarietà al rafforzamento del progetto estero di Salini-Progetto Italia, ma la legittima difesa degli investimenti fatti di tasca propria da migliaia di imprenditori edili, che mai hanno ricevuto un euro in regalo. Se si vuole aiutare il nostro settore con risorse pubbliche, le si utilizzino in iniziative che portino benefici all’intero comparto e non solo a una mezza dozzina di aziende, proseguendo la stagione dei figli e dei figliastri o delle concessioni e degli appalti senza gara.
Ma c’è ancora un altro aspetto della proposta che preoccupa l’Associazione Nazionale dei Costruttori Edili, in particolare, per quanto concerne la sopravvivenza delle aziende concorrenti. Anche a causa della compagine azionaria che avrà Progetto Italia: “I futuri azionisti saranno le banche, la CDP e il mercato. C’è un potere finanziario enorme nel nuovo gruppo - mette in guardia ancora Buia - e quando un’impresa parteciperà a una gara per un’opera pubblica, dovrà presentare le garanzie, che si vanno a prendere in banca. Come farà un’impresa, che non è partecipata in quel modo e che resta fuori dall’aggregazione, a pensare di resistere? Avrà le stesse chance di poter concorrere? Il progetto rischia di creare una destabilizzazione del mercato”.
(gelormini@affaritaliani.it)