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Anna Carbonara 'Un film lungo una vita' per i figuranti senza nome

di Antonio V. Gelormini

La sfida di Anna Carbonara con "Un film lungo una vita" - Radici Future Ed. il libro-diario sul più plurale dei segmenti operativi dell’attività cinematografica

Tracciare idealmente un contorno su ciascuno dei tanti protagonisti “senza nome” dell’industria cinematografica, mettendo in primo piano il loro ‘talent scout’: l’unico ad avere una citazione nei titoli di coda e narrando di lui, il cosiddetto “capo-comparse”, raccontare ciascuna delle storie silenziose celate dietro i volti e le facce delle comparse o figuranti, che hanno contribuito a rendere immortale il cinema non solo italiano.

RADICI   CARBONARA   PIATTO COPERTINA

Questa la sfida di Anna Carbonara con "Un film lungo una vita" - Radici Future Edizioni, 2020 il libro-diario sul più plurale dei segmenti operativi dell’attività cinematografica. Se ci sia riuscita o meno, lo diranno i lettori. A lei il merito di aver puntato “l’occhio di bue” sulla figura, altrettanto poliedrica, dei capi-comparsa o come vengono definiti oggi ‘Aosm’, (Aiuto organizzatori scene di massa), che fanno “casting” cercando volti: per lo più organizzati in agenzie, in grado di trovare generici, comparse e figuranti d’ogni tipo, età o etnia.

Una professione preziosissima, per registi e produzioni, che riconosce nella famiglia Spoletini i decani del settore (sui 5 fratelli è appena uscito un documentario “Nessun nome nei titoli di coda” di Simone Amendola, relativo alla loro collaborazione, tra gli altri, con Federico Fellini che li volle tutti nel suo film ‘Roma’) le cui declinazioni, nel tempo, si sono moltiplicate per meglio adeguarsi alle specifiche esigenze dei diversi tipi di produzione cinematografica o televisiva.

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Un tempo attività più che altro ‘relazionali’ o da agenzia specializzata di collocamento, oggi vere e proprie organizzazioni strutturate, con database informatizzati e servizi non solo di casting, che arrivano a coprire ogni necessità di lavorazione - anche amministrativa, come le incombenze dei permessi, della modulistica e dei gineprai burocratici - tra cui spicca quella di Maurizio Cusano, 53 anni, ex comparsa anche lui, che lavora molto con le produzioni americane (in corso il sequel di ‘Mission Impossible’ con Tom Cruise girato tra Roma e Venezia), su cui si è soffermata la narrazione dell’autrice, grazie al filo diretto di un’amicizia che li lega da lunga data.

La comparsa, che nell'ambito cinematografico e teatrale di solito è un attore, generalmente non professionista, che ‘compare’ come figurante durante le scene di un film (quasi sempre scene di gruppo), è detta generico o figurante quando il copione del film prevede che possa avere anche qualche battuta.

Un mestiere antico quanto il cinema, che oggi vede un grande antagonista nella tecnologia del digitale che riproduce al computer qualsiasi tipo di ‘massa’, e che non poteva che radicarsi soprattutto nella Caput mundi del cinema dopo Hollywood. Un mestiere che ancora oggi rappresenta uno dei simboli della romanità trasteverina o di molte sue borgate: spavalda, verace e ricca d’umanità. Dei 43 mila “figuranti e generici” italiani, infatti, 31 mila abitano a Roma; in pratica, un’industria parallela che ha influenzato la storia di Cinecittà e del suo mitico Teatro 5.

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Era Alberto Sordi a raccontarlo con la sua ‘autoctona’ spontaneità: “Quando ero un ragazzino, come tutta Roma affamata, venivo a Cinecittà a fare la comparsa. Ci caricavano con dei camion in piazza Tuscolo. Ci facevano entrare dall’ingresso secondario. Eravamo come bestiame. Il capo-comparse ci divideva per ruoli: gallo… romano… gallo… romano…”.

Oltre a quei camion esisteva, ma non esiste più da decenni, un leggendario tram di colore azzurro, poi ribattezzato “Il tram dei desideri”. E su quel trabiccolo a rotaia, che come raccontava Federico Fellini: “Partiva dalla stazione, attraversando chilometri di campagna costellati da rovine dell’acquedotto romano”, da comparse o aspiranti tali sono saliti tutti, da Mastroianni alla Loren, da Gassman a Manfredi, da Fabrizi alla Magnani.

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Fino all’incredibile storia di Salvatore Esposito, una storia che si ripete come le visioni di una pellicola, e che porta l’attore partenopeo da comparsa a star del cinema mondiale. Salvio, una giovane comparsa o figurante dallo sguardo buono, che nessuno avrebbe immaginato diventasse il volto del cinema italiano nel mondo e noto a tutti come “Genny Savastano”, il crudele personaggio della seguitissima serie TV “Gomorra”.

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Un mondo che mi è capitato di lambire alle Bahamas, proprio facendo la ‘controfigura passiva’ di Lance Guest (in America gli attori sono pagati a ore, per cui tutte le riprese di prova, o preparatorie o non in primo piano, vengono fatte con controfigure, che costano decisamente meno), nel film ‘Jaws: The Revenge’, in italiano Lo squalo 4 - La vendetta’ con Michael Caine, diretto dall’italo-americano Joseph Sargent. Sette giorni di riprese dalle lunghissime, stancanti ed estenuanti attese. Ma ricche di incontri e di scambi verbali rimasti comunque anonimi, anche perché all’epoca il mio inglese era alquanto claudicante.

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Indubbio che il mondo affascinante del cinema, come avrebbero confermato ancora oggi Leone, Fellini, Pasolini, Scola, Monicelli, Welles, Hitchkock, Capra o Bertolucci, non potrà mai prescindere dalle facce, dai caratteri e dagli sguardi. Per cui, la vera mission dei capi-comparsa o ‘Aosm’ resterà quella di cercarle, selezionarle, motivarle e tutelarle.

In altre parole, tener vive le tante speranze nascoste o sottaciute di persone e personaggi animati dalla sana ambizione di diventare protagonisti. Che sia gente di borgata, migranti, attori spontanei o da laboratorio teatrale, caratteri nobili o indoli operaie, o ancora identità che magari non stanno nella storia con la S maiuscola; tutti, però, utili a perpetuare la ‘magia’ del cinema: custodita nella finzione della realtà, per non cadere nel relativismo di una realtà della finzione.

(gelormini@gmail.com)