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'Aspettando Godot' di Theodoros Terzopoulos al Piccinni Bari
Aspettando Godot Terzopoulos

di Silvia Viterbo

Gli applausi infiniti hanno sottolineato l’interpretazione di un cast eccezionale con Paolo Musio, Stefano Randisi, Enzo Vetrano, Giulio Germano Cervi e Rocco Ancarola. La regia, le scene, le luci, i costumi di Theodoros Terzopoulos affascinanti con il grande riquadro nero con due tracce di luce, che dilatandosi creano gli spazi rappresentativi e la musica appena tracciata come di un allarme, che diventa gradevole solo nella conclusione.

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Con una pratica che coniuga arte antica e moderna, Terzopoulos è noto per il suo originale approccio alla tragedia greca e ai testi classici, vere e proprie fonti per indagare questioni universali dell’essere umano: "Abbiamo bisogno di grandi idee, di grandi tensioni - ha dichiarato - come quelle della tragedia classica: tra umano e divino, tra uomo e uomo, tra privato e pubblico. A vincere non è la buona recitazione o la regia, ma la forza del conflitto che portano sulla scena». «Tutto deve essere profondamente radicato nella tradizione, deve poter attraversare la realtà del presente ed essere indirizzato verso il futuro. Il riflesso dal futuro probabilmente potrebbe essere la realtà che desideriamo. Una realtà nuova". 

Questo lavoro, scritto da Beckett alla fine degli anni quaranta, è uno dei testi più celebri del “teatro dell’assurdo”, che ruota attorno al dialogo sterile fra due personaggi sospesi nella condizione dell’attesa. Illuminanati da una stretta fascia di luce, due degli interpreti sono sdraiati vicini con una vicinanza che dura da cinquant’anni e che porta alla tenerezza dei gesti, alle domande su cosa sarebbe stata la loro vita se vissuta singolarmente, all’accarezzarsi come a consolazione della mancanza di Godot. L’attesa è spasmodica e senza risposta con l’intervento degli altri due personaggi che nei limiti fisici sottolineano l’inutile attea. La domanda su quando arriverà Godot si ripete all’infinito e i due personaggi giungono ad una aspettativa di morte come epilogo dell’iniziale attesa. 

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Con la sua cifra stilistica Terzopoulos crea un vivo dialogo tra la contemporaneità e il dramma beckettiano, trattato come una lente per leggere e interpretare il presente, tra le sue profonde contraddizioni e le tragiche derive. Nella sua versione, la vicenda è ambientata in un mondo in rovina, in un futuro molto prossimo in cui tutte le ferite attuali e passate appaiono acuite. In questo contesto, si apre l’interrogativo su quali siano le condizioni minime per pensare a una vita che valga la pena di essere vissuta.

“In Aspettando Godot - ha commentato il regista - vengono date due risposte possibili, e da qui vogliamo far partire il nostro lavoro. La prima è il tentativo di comunicare e coesistere con l’Altro, colui che ci è prossimo, nonostante gli ostacoli, anche quando questi sembrano insuperabili. La seconda è il tentativo di mettersi in comunicazione con l’Altro dentro di noi, quest’area buia e imperscrutabile densa di desideri repressi e paure, istinti dimenticati, regione dell’animalesco e del divino, in cui dimorano la pazzia e il sogno, il delirio e l’incubo".

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"Questo è il viaggio che cercheremo di fare: verso l’Altro dentro di noi e verso l’Altro al di fuori di noi, all’opposto, lontano da noi. Questo è il viaggio che proviamo a fare ogni giorno. Aspettando cosa? La redenzione della vita dai vincoli della morte? L’incontro con l’Umano, la fine di ogni atto di umiliazione inflitto da uomo a un altro uomo? Il Niente o l’Attesa, per usare i termini ironici e beffardi di Beckett? Ma esiste forse un altro modo per immaginare l’umanità emancipata, senza dover ricorrere all’abbattimento dei muri che separano questo 'dentro' da questo 'fuori'?". 









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