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Bari, la tempesta si fa bufera Emiliano: 'Ero PM e Capriati ebbe l'ergastolo'
La tempesta su Bari e la commissione d'Accesso diventa bufera dopo l'intervento di Michele Emiliano al sit-in"Giù le mani da Bari" a sostegno del sindaco Decaro
Sembrava lo scivolone per eccesso di istrionismo di fronte a una folla sorprendentemente oceanica, che anziché servire un assist al sindaco Decaro ha finito per creargli più di un imbarazzo.
Tanto da costringere Michele Emiliano a ben due note chiarificatrici, per bloccare sul nascere le inevitabili strumentalizzazioni e aggiustare il tiro sul senso dell'episodio raccontato durante la manifestazione di solidarietà alla Città di Bari e al suo sindaco Antonio Decaro.
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“Leggo agenzie nelle quali si fraintende una frase che ventimila persone presenti oggi in piazza hanno perfettamente compreso", aveva scritto in una prima nota Emiliano, "Ho raccontato un fatto realmente avvenuto quando chiudemmo al traffico Bari Vecchia. E di fronte ad un episodio nel quale avevano invitato il mio assessore ad andarsene dai luoghi dove stava lavorando, andai di persona dalla sorella incensurata del boss Antonio Capriati, che avevo arrestato e fatto rinviare a giudizio e poi condannare per omicidio, per farle capire che le cose erano cambiate, quegli atteggiamenti non erano più tollerati, che potevano rivolgersi all’assessore solo con modi civili ed educati (e qui l’iperbole “te lo affido se ha bisogno di bere, di assistenza”) visto che si trovava lì per svolgere il suo lavoro.Quando dopo pochi mesi confiscammo come Comune di Bari le case della famiglia Capriati site lì vicino, nessuno si oppose e adesso quelle case sono centri sociali importanti e mai nessuno li ha più infastiditi".
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"Questi i fatti. Questa la mia condotta, che ripeterei. Perché Decaro potè finire tranquillamente il suo lavoro di assessore al traffico creando la ZTL a Bari vecchia e perché abbiamo realizzato un enorme lavoro per liberare Piazza San Pietro. Agii come avrebbe agito un Carabiniere di fronte ad un fatto non perfettamente definito che andava stroncato con la autorevolezza della figura del sindaco che senza strepiti risolse ogni problema e mise tranquilli coloro che avevano creato problemi”. Lo dichiara il presidente Michele Emiliano per chiarire il senso del passaggio del suo discorso oggi dal palco di Piazza del Ferrarese a Bari che è stato frainteso e non compreso".
La polemica sulle parole di Michele Emiliano diventa una bufera: "Le dichiarazioni rese pubblicamente ieri dal presidente Emiliano sono degne di un approfondimento della commissione antimafia", ha subito fatto sapere il vicepresidente della commissione Antimafia, Mauro D'Attis.
"Sul caso di Bari - ha proseguito D'Attis - oltre che acquisiti tutti gli atti, va programmata anche una serie di audizioni. Tra queste quella di Antonio Di Matteo, ex presidente dell'Amtab, la municipalizzata di Bari che oggi su un quotidiano locale parla di concorsi truccati, denunce e, soprattutto, omertà: parole che disegnano un quadro gravissimo, patologico, che merita un attento approfondimento in tutte le sedi".
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A stretto giro di comunicato gli ha risposto Francesco Boccia, presidente dei senatori del Pd: “La destra, i suoi esponenti, l’onorevole D’Attis che ha partecipato prima ad un vertice al ministero dell’Interno del tutto fuori luogo e ora pontifica da vice presidente dell’Antimafia, i capigruppo di maggioranza che ora alzano la voce dovrebbero vergognarsi e smettere di usare istituzioni e commissioni parlamentari come una clava politica. La commissione Antimafia è una cosa troppo seria per essere usata per fini elettoralistici. Ma ormai questa destra ci ha, purtroppo, abituato a tutto”.
A cui è seguita la nota del gruppo dem in Commissione Antimafia (Walter Verini, Debora Serracchiani, Andrea Orlando, Giuseppe Provenzano, Anthony Barbagallo, Enza Rando, Franco Mirabelli, Valeria Valente) "Esprimiamo profonda preoccupazione e sdegno per il clima di scontro e di speculazione elettorale che la destra ha creato. Tutte le audizioni, nessuna esclusa, le missioni, gli accessi, debbono avere questo scopo e non essere usati a fini elettoralistici e con conflitti di interesse come quelli, per esempio, del vicepresidente D'Attis, che fa campagna elettorale in Puglia, va da Piantedosi con Sisto a chiedere e ottenere la commissione di accesso per sciogliere il Comune”.
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La polemica si accende ancora di più e a soffiarvi sopra altri due esponenti del centrodestra: "le dichiarazioni di Emiliano non sono da commentare, io non avrei mai parlato con la sorella di un boss per nessun motivo", ha detto a Potenza il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, a margine di una iniziativa elettorale in vista delle Regionali.
E se non bastasse, interviene anche un altro ministro: "La risposta per me è una sola, con la mafia non si tratta", ha affermato in altra nota il ministro per gli Affari regionali e le Autonomie, Roberto Calderoli. "Finora non ho voluto occuparmi delle vicende della Città metropolitana di Bari, e neanche commentarle, perché le sta seguendo in maniera impeccabile il ministro deputato a farlo, Matteo Piantedosi. Lo faccio oggi perché ieri durante la manifestazione a sostegno del sindaco Decaro si è allargato il perimetro anche in un ambito regionale alla luce delle parole del governatore pugliese Emiliano".
"Il Viminale proceda quanto prima con lo scioglimento del comune di Bari", ha rincarato la dose il vicesegretario federale della Lega Andrea Crippa, "Dopo l'autodenuncia di Emiliano è impossibile e intollerabile continuare ad avere in carica un presidente di Regione e un sindaco del capoluogo che si affidano alla sorella di un boss per portare avanti l'attività sul territorio".
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Mentre Tommaso Foti, capogruppo di Fratelli d'Italia alla Camera ha aggiunto: "Il giustificazionismo postumo del governatore Emiliano, all'indomani delle sue esternazioni pubbliche in piazza a Bari, dove ha confessato di aver raccomandato l'allora assessore e oggi sindaco Decaro alla sorella di un boss, è comico e inaccettabile. Se si fosse così comportato un presidente di Regione di centrodestra le sinistre avrebbero gridato allo scandalo, alle dimissioni, chiedendo di perquisirgli anche casa e ufficio. Conte e Schlein hanno sentito e non hanno nulla da aggiungere? Oppure concordano con Emiliano che con i parenti dei boss si può anche dialogare quando serve a qualche amico?".
E prende corpo anche un'elteriore nota da parte di Matteo Renzi, leader di Italia Viva: "Penso che Antonio Decaro sia una persona per bene e un bravo sindaco. Se devo criticarlo per una cosa è perché non ha mai rotto il cordone ombelicale con Michele Emiliano. Il mio giudizio su Emiliano infatti è radicalmente negativo. Mi dividono da lui idee, amicizie, stile. Ma soprattutto mi divide da lui il metodo con cui si fa politica.Il metodo Emiliano. Sono orgoglioso che Italia Viva sia all'opposizione di Emiliano. Perché il suo modo di fare nega tutti i valori nei quali io credo. Mai come oggi sono orgoglioso di essere stato ingiustamente insultato da lui su Tap, Ilva, Buona scuola, e di essere radicalmente diverso da lui nel rapporto con la giustizia. E soprattutto con i giudici".
A questo punto la seconda precisazione chiarificatrice di Michele Emiliano: “A chi in queste ore sta alimentando la strumentalizzazione politica, ricordo che da sostituto procuratore distrettuale antimafia indagai e chiesi il rinvio a giudizio di Antonio Capriati nel processo Dolmen. Sostenni l’accusa in giudizio per anni di udienze e Capriati fu condannato all’ergastolo per omicidio. Altro che ossequio”.
E aggiunge: “Era la Bari di venti anni fa, a quei tempi Bari vecchia in Italia veniva chiamata Scippolandia. Da sindaco, che di mestiere faceva il PM antimafia, cercavo di far capire agli abitanti del quartiere, a tutti gli abitanti, che lì stava per cambiare tutto, in una prospettiva di legalità. Che poi è quello che dal palco ho raccontato con un’iperbole. Per capire cos’abbiamo fatto in vent’anni, invece che strumentalizzare una boutade, venite a vedere cos’è oggi Bari Vecchia, e vedete cos’era prima”.
(gelormini@gmail)
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Pubblicato sul tema: Bari antimafia, la città si stringe attorno al sindaco Decaro
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