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Castellana Gr. ‘Mafia: singolare, femminile’. Coro di una tragedia senza tempo

Antonio V. Gelormini

Piazza gremita a Castellana Grotte per "Mafia: singolare, femminile" di Cetta Brancato e Marzia Sabella, con la regia "autoctona" di Luigi Taccone

Dal Teatro greco di Segesta, in Sicilia, alle Grotte di Castellana in Puglia: non certo per nascondersi tra i sedimenti calcarei del labirinto carsico “underground”, bensì per voce a coraggio e orgoglio nello scenario “open” di Largo San Leone Magno, che per l’occasione si è fatto palcoscenico naturale per “Mafia: singolare, femminile”.

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La pièce, interpretata da Stefania Blandeburgo, Maria Teresa Coraci e Giusy Frallonardo, con la voce fuori campo della presidente del Tribunale di Trapani, Alessandra Camassa, nonchè le musiche originali di Giana Guaiana e la regia affidata a Luigi Taccone (nato proprio a Castellana Grotte), coadiuvato dall’aiuto regista Enrico Romita.

Un modo diverso - “singolare e femminile” - di ricordare Paolo Borsellino, tramite le donne di mafia, con pochi elementi scenici: una culla, una panca, due sedie, un lungo drappo nero, e le attrici in scena vestite di nero.

Il nero, quello tipico delle donne del Sud, votate spesso allo stato di vedovanza, ma anche la testimonianza di una rassegnazione senza speranza, che si fa lutto quotidiano di sofferenze, sogni, amori, ambizioni, soprusi, amarezze, silenzi omertosi e complicità sottaciute.

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Un’opera teatrale composta da monologhi, scritta da Cetta Brancato, scrittrice e drammaturga, e da Marzia Sabella, magistrato, autrice del libro ‘’Nostro Onore. Una donna magistrato contro la mafia” (Einaudi), che da uno dei suoi capitoli - dedicato alle donne dei mafiosi - “Mafia: singolare, femminile”, trae il titolo stesso dello spettacolo.

Il racconto recitato di storie vere, riemerse dalle carte processuali. Storie tutte al femminile che descrivono drammaticamente l’universo e il ruolo della donna all’interno di Cosa Nostra. Dove, nonostante la struttura mafiosa rimanga rigidamente maschilista, cresce sempre più il numero di donne coinvolte in affari di mafie, pur non facendo - in realtà - parte attiva dell’organizzazione malavitosa.

Storie di donne di mafia: la madre di un collaboratore di giustizia, la figlia di un complice esterno all’organizzazione, e altre figure ancora, tutte tratte da storie vere e tutte vittime della violenza, non solo fisica, del mostro tentacolare che chiamiamo mafia. “Un modo per ricordare anche Rita Atria, che si legò a Borsellino come un padre”, ama ripetere la stessa autrice Cetta Brancato.

E come i rintocchi della campana in piazza, al ritmo del più classico “coro” greco, i monologhi sono interrotti dalla voce fuori campo della giudice Camassa, con il ripetuto incipit “Noi le abbiamo conosciute”, ad introdurre le parole dei vari personaggi femminili. Perché il magistrato “donna” quelle “donne” le ha conosciute, incontrandole nei verbali, nelle aule di udienza, nelle sale colloquio dei penitenziari, nelle intercettazioni.

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E tra un coro e l’altro, in un’insolita atmosfera per Castellana Grotte, le frasi forti - in rigoroso accento siciliano - conquistano attenzione ed emozione dei numerosi spettatori, in una piacevole serata d’estate: “Si alimentano e nutrono di mafia”, “Uniscono i mafiosi”, “Tutelano il patto fra i mafiosi”, “Attestano la mafiosità dei mafiosi”, “Sono ciò che si vede della latitanza dei mafiosi”, “Fanno le mafiose se serve ai mafiosi”, “Difendono i mafiosi con la loro presenza costante e incisiva alle udienze”, “Accusano i mafiosi”.

Un messaggio medaglia, alla fine dello spettacolo “impegnato”, dalla doppia faccia: l’accettazione di un destino mortificato e mortificante che, per renderlo più “sostenibile” viene trasformato in una sorta di missione rabbiosa e di risorsa vitale, per un’esistenza piegata alla solitudine e alla conseguente sconfitta. Ma anche la consapevolezza, non ancora forza, che se solo volessero, quelle stesse donne, sarebbero capaci di scardinarlo l’universo mafioso che le soggioga. A testimoniarlo: proprio il volo nel vuoto, verso un’altra vita, di Rita Atria.

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L'iniziativa fortemente voluta dall'Assessore alla Cultura e dal sindaco di Castellana Grotte, Francesco de Ruvo, rientra nel programma di attività culturali della nuova amministrazione, che aggiunge una nuova tessera al mosaico di stimoli virtuosi sul piano sociale e turistico.

"Nonostante tempi e finanziamenti ristretti - ha ribadito il sindaco de Ruvo - si sono trovate le risorse per questa iniziativa, che aiuterà anche a valorizzare il patrimonio architettonico del centro storico di Castellana. Abbiamo voluto offrire alla cittadinanza, e a quanti vorranno coglierne l'opportunità, di assistere ad un importante momento culturale, unitamente alla riflessione su un tema di grande impatto sociale, anche al fine di diffondere un messaggio di grande valore morale".

(gelormini@affaritaliani.it)