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Ceglie - Dal sonno lungo della storia
Al risveglio dell'orgoglio messapico

Un decisivo tassello che si aggiunge al puzzle delle ricerche sulla civiltà messapica viene alla luce: il ritrovamento di due tombe a Ceglie Messapica (Brindisi). È certamente una notizia di grande rilievo, dal momento che solo negli ultimi dieci anni le ricerche e gli studi sulla civiltà messapica sono balzate all’attenzione del grande pubblico, quando da sempre gli accenti sono stati posti su altre popolazioni italiche.
Un avanzamento importante per il recupero delle radici storiche della coscienza della popolazione salentina; un progresso significativo per la ricerca archeologica. Una rilevanza che si sviluppa e ricade anche in ambito economico, dove oggi il turismo culturale rappresenta un fenomeno vieppiù crescente.

Nel Laboratorio di Archeologia classica, il professore di Archeologia Classica, Giovanni Mastronuzzi
- Professore, come si inquadra questo ritrovamento nell’ambito delle attuali ricerche archeologiche nel Salento?
Ceglie è considerata una roccaforte della Messapia, è ricchissima di reperti archeologici, come i ritrovamenti di tre giorni fa, di necropoli, di vasi, monete, e con difese murarie tipiche dei messapi: specchie e fortificazioni. Una città bellissima che, tuttavia, non ha trovato probabilmente chi avrebbe potuto darle lustro.
- Si, probabilmente, poco fortunata, o peggio non si è data importanza alla città e ai suoi beni perché gli interessi economici non erano, o non sono rilevanti. Eppure Ceglie vanta il riconoscimento di città d’arte. Ma nello specifico, cosa si può dedurre dai ritrovamenti? E soprattutto perché non dare il dovuto credito ad una civiltà vissuta insieme con i Greci nel Salento per informare, educare ad un turismo culturale?
Innanzitutto, si tratta, di due tombe messapiche del III sec. a.C. all’incirca, con pochi elementi di corredo. I Messapi, infatti, avevano un costume funerario sobrio: vasi, per lo più, e altri cimeli. Non si può dire con certezza, se sono parte di una necropoli, oppure tombe di famiglia; in quanto, gli indigeni di Ceglie, così li chiamavano i greci di Metaponto, avevano usanza di praticare il culto funerario all’interno del terreno, vicino la propria abitazione. Sembra necessario, pertanto, approfondire le ricerche.
Inoltre, le tombe venivano costruite con blocchi di pietra calcarea: ecco, allora, che si dimostra la presenza della cava.
Inoltre, sottolinea il professore Mastronuzzi: «La cava ritrovata a Ceglie nei pressi delle tombe, potrebbe essere stata utilizzata per costruire i templi di Metaponto, come le cosiddette Tavole Palatine, che si trovavano in prossimità del fiume Basento, e quindi, la possibilità di conoscere nuove e affascinanti storie della Grecia classica».

- Sarà un chiaro segno di ritorno ad un nuovo umanesimo?
È evidente che il Salento, l’intera Puglia sono patrimonio di un umanesimo che deve ritornare. Una ricchezza culturale che va salvaguardata e valorizzata. La storia ci ha lasciato, senza dubbio, un’eredità di spessore culturale notevole. A volte sfuggono di mano buon senso, etica e cultura a vantaggio di ingenti profitti, lo permettiamo, come lo abbiamo lasciato fare in passato, e per questo che quando si parla di “turismo culturale” bisogna far riferimento al turismo di qualità, e non di quantità. La quantità passa, per l’appunto, ma la qualità no.
Questo è ciò che emerge dall’interessante intervista: una sensibilità e attenzione al Salento e soprattutto, il reale stato di emergenza di questa terra, che non diventi la terra di tutti e di nessuno, cementificata, martoriata, e avvelenata.
Le istituzioni e le attuali amministrazioni si muovano,consolidando sensibilità, interesse verso ciò che è parte della gente salentina, impedendo di far prevalere gli interesse economici; poco importa se si deve costruire una chiesa come nel caso di Ceglie o un resort come a sant’Isidoro (costa ionica Nardò – Lecce) e che per farlo si tumula una verità, la storia, o ci si avvalora della tesi della “xilella fastidiosa” o meglio del “disseccamento” per sradicare alberi secolari.
Chissà se, in un prossimo futuro, i Cegliesi, col loro rilevante patrimonio artistico e culturale, riusciranno a riscattarsi dall’anonimato e a diventare una delle capitali della cultura salentina.