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Cenerentola di Gioacchino Rossini, fiaba senza tempo al Teatro Petruzzelli
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di Maria Agostinacchio

“Il prim’atto della mia Opera è Finito e mi pare adattata al gusto di questo Paesaccio”. Era un inguaribile superstizioso Gioachino Rossini e certamente molti scongiuri caratterizzarono la stesura di Cenerentola, eseguita per la prima volta il 25 gennaio 1817 al Teatro Valle di Roma.

Chissà come avrebbe definito il pubblico del Petruzzelli il brillante pesarese alla vigilia della prima di venerdì 24 giugno? Platea, palchi e loggione hanno riempito di applausi la volta semisferica del teatro al termine della recita, segno inequivocabile del successo di questo best seller lirico.

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Assente dal palcoscenico barese da più di dieci anni La Cenerentola è tornata nell’allestimento scenico del Teatro dell’Opera di Roma, firmato da Emma Dante nel 2016. Come è noto già dal titolo La Cenerentola, ossia La bontà in trionfo è un melodramma giocoso, una favola a lieto fine, il cui soggetto fu tratto dalla celebre fiaba Cendrillon di Charles Perrault. Il libretto fu scritto da Jacopo Ferretti che attinse da altri due libretti d'opera: Cendrillon di Charles Guillaume Etienne per Nicolò Isouard e Agatina, o la virtù premiata di Francesco Fiorini per Stefano Pavesi.

La Cenerentola di Rossini, una delle fiabe più conosciute al mondo con circa 700 versioni e riletture, abbandona la narrazione favolistica, magica e sognante per diventare l’affresco di una società dominata da una borghesia ignorante, arrivista e malconcia, riflessa in una partitura musicale fatta di contrasti tra il classicismo di alcune pagine ed il testo che condensa coloriture e virtuosismi.

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Questa la trama: Don Magnifico (basso buffo) un nobile decaduto e spiantato è il padre di Angelina ovvero Cenerentola. Le sorellastre Clorinda (soprano) e Tisbe (mezzosoprano) sono sprezzanti, antipatiche e arriviste. Il tenore Don Ramiro è il principe che si presenta alla giovane nei panni del suo scudiero Dandini (basso o baritono). Alidoro (basso) è la “fata” che porta alla risoluzione felice la vicenda.

Rossini demolisce la dimensione sognante con una comicità che affonda le radici nella tradizione classica, negli inganni dei travestimenti plautini, unita a personaggi caricaturali e vicende che rasentano il grottesco, pur con digressioni melanconiche come nella canzone “Una volta c’era un re” che presagiscono la virata di Rossini verso l’opera seria. Con un ritmo sempre incalzante fortemente espressivo il crescendo amplifica suoni, timbri avviluppandosi in climax comici come il celeberrimo “Questo è un nodo avviluppato” in cui tutti i protagonisti restituiscono i contrasti chiaroscurali della vicenda, quanto mai lontana dall’immagine edulcorata che ci ha restituito Disney con topolini, uccellini, cani compiacenti nell’essere manipolati e trasformati, eccezion fatta per il gatto Lucifero, unico avverso alla melensa Cinderella.

La creatività di Emma Dante, caratterizzata da accenti a tratti tragici e perentori, dialoga con la leggerezza di Rossini senza rinunciare a digressioni spiazzanti come pugni nello stomaco, cifra inconfondibile soprattutto nei suoi lavori teatrali e cinematografici. La manipolazione metamorfica disneyana emerge prepotente nell’invenzione delle poupées mécaniques bambole e “bamboli” meccanici, simbolo del miraggio sempiterno dell’uomo di dare vita alla materia inerte.

“Con il lieto fine di Rossini bisogna comunque fare i conti dato che è presente nel libretto. Nella mia messinscena c’è un lieto fine a metà - spiega Emma Dante nell’intervista di Giuseppe Distefano inserita nel libretto di sala - per tutto lo spettacolo racconto un mondo meccanico che circonda Cenerentola. Le metto accanto delle bambole meccaniche con una chiavetta nella schiena, come dei carillon, che lei carica in modo che si animino e l’aiutino non solo nei lavori domestici, ma anche a superare la solitudine. Anche il principe travestito da servitore avrà un suo seguito di “bamboli” vestiti come lui, come se i personaggi buoni in qualche modo non avessero la possibilità di dialogare, di comunicare con il resto del mondo, che invece è cieco e sordo, perfido e cattivo”.

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“Questi due personaggi - continua la regista - che sono gli unici buoni di tutta l’opera, in qualche modo sono circondati da “animelle” meccaniche che li accompagnano nel loro viaggio verso l’amore. Quando poi Cenerentola e il suo principe - che in realtà in tutta l’opera per lei è il servo - si innamoreranno, anche i loro bamboli e bambole avranno un idillio d’amore”.

La ripresa registica di Emma Dante è affidata a Federico Gagliardi che, filologicamente ripropone la versione di Roma del 2016, visualizzando un’atmosfera sospesa tra suggestioni bohemien, surreali, decò e vittoriane ispirate alle opere digitali dell’artista inglese Ray Cesar, con tutto il suo immaginario all’apparenza rassicurante che nasconde tutt’altra aberrazione di un mondo enigmatico e simbolico, surreale e sbalorditivo.

Sono esaltati i contrasti in questa famiglia “sfasciata”: Angelina-Cenerentola reietta da tutti, di cuore buono ed ingenua è disegnata come una bambola di porcellana, con capigliatura cartoon in stile manga coronata da nastrini rossi, grembiulone ed un enorme orologio per cintura, unico riferimento alla mezzanotte; le sorellastre sexy-pop con tanto di calze fluo, parrucche, occhiali e mezza sottogonna a stecche di balena si agitano sciocche e vacue tutto il tempo, spronate dal padre-non padre di Angelina, fiero e tronfio sul trono di “cantiniere”.

I costumi di Vanessa Sannino (ripresi da Concetta Nappi) attingono al repertorio cartoon e la scelta cromatica sottolinea gli ossimori della favola: abiti, fondali e accessori celesti, azzurri i pennacchi e bianchi i capelli di tutti contrastano con le punteggiature rosa delle scarpe da uomo e rosse nei fiocchi dei capelli, dei guanti e dei tappeti che si srotolano come rotoli scottex.  

La violenza irrompe più volte nella lettura di Emma Dante: quando le donne e drag queen, rifiutate dal principe alla festa da ballo, si sparano impugnando le pistole quasi fuoriscena dietro un velo che appare psichico, agghiacciante attualizzazione della visione della morte dell’individuo social in assenza del successo e della visibilità. Tragica e cruda la scena del temporale in cui padre e sorelle picchiano con violenza Angelina dopo aver scoperto la sua presenza camuffata al ballo.

Scompare la scarpetta, sostituita da un braccialetto luccicante alla caviglia, ma permane la carrozza senza però la zucca. Invenzione scenica efficacissima il fondale, da un’idea di Carmine Maringola, un armadio gigante ed incombente da cui si affacciano i personaggi, sliding doors a tempo di musica. Armonizzano la scena il disegno luci di Cristian Zucaro e i movimenti coreografici di Manuela Lo Sicco.

Sul podio Francesco Quattrocchi a dirigere l’Orchestra del Teatro Petruzzelli, in sostituzione di Fabio Mastrangelo pochi giorni prima del debutto. Certamente un tempo più esteso per le prove avrebbe garantito maggiore equilibrio, sebbene la direzione e l’orchestra hanno dato un ottimo risultato nell’insieme.

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Chiara Amarù nei panni di Angelina, ruolo che interpreta dal 2010, è stata applauditissima con complimenti a voce alta dalla platea fino al loggione. Il mezzosoprano ha cantato in perfetto stile rossiniano per agilità, colore e brio vocale; nel ruolo di Don Ramiro il tenore leggero Pavel Kolgatin elegante e con una dizione perfetta; il baritono Pablo Ruiz ha mostrato le sue spiccate doti attoriali nella parte di Don Magnifico con una voce corposa e briosa; le entrate in scena del basso Davide Giangregorio-Alidoro rivitalizzavano l’andamento vocale grazie al bellissimo e chiarissimo timbro.

Il soprano Clorinda-Michela Guarrera e il mezzosoprano Tisbe-Antonella Colaianni hanno catalizzato la scena per vivacità e reso frizzante ogni presenza, come del resto richiedeva la regia, e per le voci colme di allegrezza, brio e fraseggio colorito.

Il Coro del Teatro diretto da Fabrizio Cassi ha confermato l’alta qualità canora e scenica e si auspica che presto anche loro possano espandere la piena coralità senza indossare la mascherina. E questo è un augurio per tutti.

Foto credits@Clarissa Lapolla

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Pubblicato sul tema: Teatro Petruzzelli Stagione 2023, si gioca d'anticipo con stupore e meraviglia

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