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Centenario morte Giuseppe Di Vagno: discorso del prof. Franco Gallo
L'intervento del Presidente del Comitato Nazionale per le celebrazioni del Centenario della morte di Giuseppe Di Vagno, Prof. Avv. Franco GALLO
Intervento del Presidente del Comitato Nazionale per le celebrazioni del Centenario della morte di Giuseppe Di Vagno, Prof. Avv. Franco GALLO, in occasione del centanario dell'assassinio dell'On. Giuseppe Di Vagno e della visita del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.
La ringrazio anch’io, sig. Presidente,
a nome dei componenti del Comitato per le celebrazioni del centenario della morte di Di Vagno per aver voluto presenziare a questa giornata inaugurale.
Mi limito qui a sottolineare che l’obiettivo che si vuole raggiungere va oltre il ricordo delle drammatiche circostanze del vile assassinio di questo martire antifascista e oltre la rievocazione del Di Vagno avvocato, politico locale e parlamentare che si è fatta nel passato. È quello non solo di inquadrare il suo martirio in quella terribile fase della nostra storia nazionale che va dal 1919 al 1922, ma anche quello di richiamare l’attenzione delle giovani generazioni sui grandi valori di civiltà e di libertà difesi in quegli anni, a prezzo della vita, da antifascisti come anche Matteotti, i fratelli Rosselli, Giovanni Amendola, Don Minzoni e altri ancora.
Da qui l’iniziativa del Comitato di allargare l’ambito territoriale della celebrazione chiamando politici, studiosi e amministratori a trattare anche fuori dalla Regione Puglia del lascito politico e culturale di Giuseppe Di Vagno.
Si vuole, in particolare, richiamare l’attenzione sui terribili effetti dell’uso, nell’era contemporanea, della violenza e delle manipolazioni e delle false informazioni come strumenti politici finalizzati alla conquista e alla conservazione del potere. Si dibatterà, pertanto, di populismo, nazionalismo e sovranismo e, soprattutto, dell’uso del potere giudiziario per garantire immunità a chi uccide un avversario politico. Non dobbiamo, infatti, mai dimenticare che l’epilogo giudiziario, nell’era fascista, dell’assassinio di Di Vagno è stato non la condanna dei responsabili, ma la loro assoluzione in quanto “giovani appartenenti al fascio di combattimento e determinati da movimenti politici per fine nazionale”. Per una Corte d’Appello dell’era fascista uccidere un socialista a pistolettate nella schiena era, dunque, ufficialmente un atto patriottico, se commesso da fascisti. Come sconsolatamente ebbe a constatare Giuliano Vassalli, “uccidere un socialista non era un reato”.
Tutto ciò è stato negli anni passati studiato e denunciato dalla Fondazione Di Vagno, che ha pubblicato, tra l’altro, un volume su questo delitto impunito, insieme ad un altro dedicato a Di Vagno e al socialismo italiano. Per il centenario della sua morte il Comitato ha deciso di raccontare queste cruente vicende della storia fascista e dei relativi esiti giudiziari soprattutto ai giovani delle scuole e delle università che poco o nulla sanno dello squadrismo agrario dell’epoca, della storia dell’antifascismo pugliese, degli eroi e dei martiri che l’hanno vissuta. E ha deciso di ricordarli anche a chi, meno giovane, ha vissuto il dopoguerra italiano, perché non dimentichi quali possano essere i rischi di una giustizia male amministrata e politicamente condizionata.
Nelle intenzioni del Comitato celebrare il centenario della morte di Giuseppe Di Vagno non significa, quindi, solo ricordare un odioso, terribile omicidio politico e un episodio di giustizia non resa. Significa soprattutto interrogarsi su cosa rimane oggi dell’esperienza socialista dell’epoca passata in un momento in cui altre violenze e altre ingiustizie spazzano il mondo, producono disuguaglianze e riducono la speranza di realizzare una società più giusta.
Franco Gallo