Clownterapia, bocciata la
legge della Regione Puglia
La legge sulla "clownterapia" è un'ulteriore impugnazione, da parte del Governo, di un provvedimento deliberato dal Consiglio regionale della Puglia
Ulteriore impugnazione di una Legge deliberata dal Consiglio regionale della Puglia: la numero 60 del 2017. Ha per oggetto la “clownterapia”.Norma che la presidenza del Consiglio dei ministri,tramite l’Avvocatura statale, ritiene non costituzionale. In particolare gli articoli 1 e 2 e 3 e 5. Pertanto chiede alla Suprema Corte di dichiararne l’illegittimità.
Con otto articoli la Legge pugliese promuove l’utilizzo della clownterapia quale trattamento a supporto e integrazione delle cure cliniche-terapeutiche,riferite alle strutture sanitarie e a quelle socio assistenziali.
A giudizio del presidente Paolo Gentiloni Silveri la Regione eccede dalle sue competenze “nella misura in cui istituisce una nuova figura professionale”. Quest’ultima è il clown in corsia, non prevista dalla legislazione dello Stato e pertanto si rileva la conseguente “lesione della competenza statale in fatto di professioni, violando l’articolo 117 comma 3 della Costituzione”.
Il dispositivo regionale definisce la clownterapia o terapia del sorriso come la possibilità di adoperare, attraverso personale medico e non medico e professionale e volontari specificamente formati, il sorriso e il pensiero positivo in favore di chi soffre un disagio fisico psichico e sociale.
La clownterapia,secondo la Regione, può svolgersi in contesti ospedalieri non solo pediatrici, in centri per la disabilità e per la terza età, dentro contesto sociali difficili, carceri, quartieri a rischio, missioni umanitarie e in occasione di eventi calamitosi. Inoltre si realizza la formazione professionale degli addetti inseriti nei complessi socio sanitari,nelle associazioni di volontariato e nelle cooperative che opera nell’ambito della clownterapia.
Entro sessanta giorni dalla promulgazione della Legge, gli Uffici regionali competenti fissano i criteri e le modalità di svolgimento dei corsi professionali previsti, tra cui la durata e le ore di studio, i requisiti per l’accesso e le competenze in capo ai membri della commissione incaricata di svolgere la valutazione delle prove finali. Prevista l’istituzione del registro regionale per i soggetti che svolgono attività di clownterapia.
"Dunque, così facendo la Regione Puglia - afferma Gabriella Calmieri, vice Avvocato generale dello Stato - mette in atto il ruolo professionale del clown in corsia non prevista dalle Leggi statali. Spetta infatti allo Stato, come costantemente ribadito dalla giurisprudenza costituzionale, l’individuazione delle figure professionali, con i relativi titoli e profili abilitanti 'per il carattere decisamente unitario a livello nazionale che riveste tale individuazione' ”.
Tale principio si configura quale limite di ordine generale invalicabile rispetto alle norme ratificate dalla Regione Puglia. Di conseguenza l’impossibilità per il legislatore d’Apulia di dar vita a nuove figure professionali. Aspettando la sentenza dei magistrati della Corte costituzionale.