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‘Come gli Dei’ di V. A. Loprieno
Il romanzo storico dei Peuceti

Antonio V. Gelormini

Con questo lavoro Vito Antonio Loprieno apre le pagine storico-archeologiche di Monte Sannace a Gioia del Colle: l’antica Thuriae, importante città peuceta

Vito Antonio Loprieno torna al romanzo storico, dopo le incursioni eno-gastronomiche tra ‘Pentole e pistole’, e lo fa affrontando uno degli aspetti più identitari - ma meno sensibile, quindi poco valorizzato - delle radici multiculturali pugliesi.

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Con questo lavoro, “Come gli Dei” - Radici Future Produzioni, 2020 pagg. 228 € 15,00 Loprieno apre le pagine storico-archeologiche di Monte Sannace, uno dei Parchi Archeologici tra i più interessanti, ma meno conosciuti e poco frequentati dal turismo di massa - inoltrandosi nel cuore della Murgia - per svelare e valorizzare il passato glorioso e il presente ambizioso di Gioia del Colle: l’antica Thuriae, forse la più importante delle città peucete.

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A far da sfondo, una sequenza di presidi storici che vanno da Kailia-Celiae-Ceglie del Campo a Sidion-Silvium-Gravina in Puglia, da Genusia-Genusium-Ginosa a Rubi-Ruvo di Puglia, Azezium-Rutigliano e Butuntum-Bitonto: e i loro giochi di sponda dauni con Kanusion-Canusium-Canosa di Puglia, Aika-Aecae-Troia, Sipontum-Siponto, Salapia Vetus-Trinitapoli-Margherita di Savoia, Luceria-Lucera e Argos Hippium-Arpi/Foggia. 

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Attraverso la riscoperta di una delle declinazioni territoriali degli Japigi - la civiltà dei Peuceti appunto, sorella a quella dei Dauni - che con i Messapi in Salento formeranno la struttura autoctona della Puglia “una e trina”, Loprieno recupera la vera radice di questo crocevia naturale, nonché ‘approdo transumante’ proteso tra Ionio e Adriatico: una regione che resta intimamente e profondamente “greca”, nonostante l’impronta “latina” l’abbia indelebilmente segnata nei secoli.

E’ racchiusa in questa indole, tutta Mediterranea, la vocazione dell’accoglienza, che da Diomede ad Enea, da Sparta agli Illiri ha visto la Puglia rappresentare costantemente quella ‘frontiera aperta’, in cui l’esercizio del confronto e del rispetto reciproco ha sempre alimentato il fuoco sacro della ‘libertà’.

Tozzi geologia Puglia

Una frontiera che nei secoli a venire sarà incrociata, attraversata e scelta da Papi e Imperatori, pellegrini e soldati, briganti e avventori d’ogni sorta; longobardi, bizantini, normanni, svevi, angioini, ispani, arabi e veneziani; così come da viaggiatori, poeti, scrittori o pittori, e che una mattina d’agosto - dell’era moderna - vivrà l’indimenticabile esperienza dell’invasione pacifica di 20.000 cugini albanesi: ‘Una faccia, una razza!’

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Uno spirito indomito e una propensione alle ‘mediazione’ che il cartaginese Annibale colse da par suo, con intuizione ‘fulminea’ (Barca o Barak in punico vuol dire fulmine), scegliendo un entroterra nel suo cuore per mettere in scena non una tragedia, ma un vero e proprio dramma, nella fatidica data del 2.8.216 a.C. quando i Romani, per la prima volta, conobbero la “paura”.

La tremenda sconfitta della Battaglia di Canne, con la perdita di oltre 50.000 legionari in un solo giorno, il pragmatismo del condottiero fenicio che per primo ribaltò i codici cavallereschi, dando la stura all’adagio senza tempo: “In guerra, come in amore, niente regole!”; e le trame generazionali della famiglia reale peuceta di Thuriae, saranno le tracce capitali di una trama avvincente e descrittiva, che da Geronium in Molise a Herdonia nella Daunia, fino a Tarentum ultima tappa della via Appia verso Brindisium, saranno delineate da Loprieno con ricchezza di particolari e una scrittura pulita ed incisiva.

Canne battaglia elefanti
 

Loprieno copertine Dei

Una trama che vede protagonisti il Re Onnis e il nipotino Dionigi (la storia e il futuro), i principi Aresio e Evandro (la prudenza e il coraggio), Blera la sacerdotessa e Milos l’amico fedele, e poi i generali di Annibale e i consoli romani: Lucio Emilio Paolo, Gaio Terenzio Varrone e Quinto Fabio Massimo.

Ma c’è ancora un altro aspetto, celato - ma non troppo - tra i capitoli del romanzo e le riflessioni dei protagonisti, che l’Autore fa emergere con la forza ‘gentile’ dell’esortazione: la consapevolezza della necessità, prima o poi, di prendere posizione, di schierarsi, di scegliere da che parte stare. Il neutralismo, come il piede in due staffe, non pagano.

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Decidere tra la sintonia mediterranea con Annibale, che non distrugge ma rispetta, e Roma che soggioga: “O con me, o contro di me! Tertium non datur”, vale il futuro di una comunità. La scelta tra “Essere eterni nel nulla” (morire per/con onore) e rimanere metaforicamente “Immortali nella libertà” (dare la vita per un ideale/valore), segnerà il ricordo e il futuro della civiltà dei Peuceti.

Il seme, sotto forma del ‘profilo Sileno’ tramandato come testimonianza d’identità nella stirpe regale peuceta, sarà restituito al fiume - come l’Anello dei Niberunghi - per rifiutare la violenza della guerra e fecondare le radici antiche di una terra dal futuro ‘plurale’. Ed anche per finire in copertina, come una sorta di sigillo senza tempo.

(gelormini@gmail.com)

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Pubblicato in precedenza: Gioia del Colle e i resti di Thuriae Nasce il nuovo Museo della Peucezia