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Covid, pandemia, Regioni, sanità, Gramsci e Pulcinella

Il coronavirus e gli effetti della pandemia sull'assetto istituzionale del Sistema Sanitario Nazionale: l'inutile contrapposizione tra Stato e Regioni.

di Francesco Saponaro

La vicenda della accidentata nomina di un Commissario per la sanità calabrese rappresenta l’epilogo di una lunga storia caratterizzata dalla appropriazione da parte dello Stato centrale del controllo sulla gestione del Sistema Sanitario.

Saponaro

Mentre la revisione del Titolo V della Costituzione del 2001 sembrava aprire una stagione di forte decentramento dei poteri, a distanza di pochi anni i disavanzi finanziari di molte Regioni hanno spinto il Governo centrale ed il Parlamento ad un vero e proprio giro di vite.

Gradualmente, dal 2004 in poi fino ad oggi, gli spazi di manovra delle autonomia regionali si sono, almeno nel caso di disavanzi superiori al 5% del Fondo sanitario assegnato, ridotti al lumicino. Blocco delle assunzioni, riduzione dei servizi ospedalieri, obbligo di incremento delle addizionali IRAP e IRPEF. Questi i principali contenuti dei cosiddetti Piani di Rientro, strada obbligata per ricevere il saldo del Fondo sanitario da parte dello Stato.

L’attuazione di questa procedura è stata vigilata dal Ministero delle Finanze, mettendo in secondo piano il Ministero della Salute. Secondo alcuni studiosi i risultati sono stati complessivamente positivi, mentre altri ne dubitano. Le Regioni in disavanzo finanziario non sono localizzate solo al Sud.

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Lo sono state anche Piemonte e Liguria, che sono un bel po’ distanti dal Mezzogiorno. Ma è indubbio che il problema ha assunto al Sud una dimensione vastissima. A giugno 2020 risultavano sottoposte alla procedura di Rientro Calabria, Campania, Lazio, Molise, Puglia e Sicilia. Molise e Calabria erano anche commissariate.

La Calabria è un caso su cui riflettere in tema di centralismo. Il Governo ed il Parlamento, in contrasto con la istituzione regionale, hanno approvato ad aprile 2019 un Decreto Legge, poi convalidato dalla Corte Costituzionale, che di fatto esautorava la Regione dalla gestione sanitaria affidando ai Commissari straordinari una difficilissima quadratura del cerchio: mettere ordine nei conti ed assicurare nel contempo l’attuazione dei Livelli Essenziali di Assistenza. Roba da far preoccupare tutti i professionisti che conoscono la materia.

È stato invece nominato un generale in pensione a cui si sono concessi poteri veramente straordinari, come quello di verificare l’operato dei Direttori generali sostituendoli con altri commissari, di utilizzare il corpo della Guardia di Finanza, di centralizzare presso la Consip nazionale le gare d’appalto. L’epilogo inglorioso dell’incarico Commissario governativo Cotticelli non può risolversi in una risata ironica o amara.

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Dovrebbe invece suscitare un vero confronto di merito, puntando ad una reale collaborazione tra la istituzione regionale, liberata da ogni ombra di corruzione, ed il Ministero della Salute. In due parole quella che la Corte Costituzionale ha spesso definito “leale collaborazione”. L’idea che un uomo solo possa governare un sistema complesso e multilivello è veramente troppo ingenua, vieppiù se a questa persona si affidano compiti contraddittori.

Bisognerebbe cambiare registro. I difensori delle Regioni non dovrebbero più fingere di non aver bisogno in alcuni casi di un sostegno anche professionale da parte dello Stato o delle altre Regioni, mentre i predicatori del centralismo ad oltranza (tipo Della Loggia o Travaglio) dovrebbero sforzarsi di uscire dagli slogan e rispondere alla domanda di come potrebbe essere organizzato il sistema sanitario se fosse sottratto alla competenza delle Regioni.

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È molto probabile che, se riuscissimo a ottenere un confronto su proposte concrete, scopriremmo che il braccio di ferro tra centro e periferia costituisce un falso problema e che questa ossessione per il Titolo V della Costituzione nasconde una scarsa conoscenza delle dinamiche reali degli ultimi vent’anni, dove né lo Stato né le Regioni possono dichiararsi innocenti.

È stato ampiamente chiarito ad esempio che sul tema delle regole di protezione dalla pandemia lo Stato centrale non aveva alcun ostacolo giuridico a centralizzare le decisioni, ma il Governo, può piacere o no, ha scelto la strada del parziale decentramento di alcune decisioni.

gramsci

Comunque crea molta confusione un confronto dove il centralista addita il deficit di servizi territoriali della Lombardia, per stigmatizzare il ruolo negativo delle Regioni, mentre il regionalista di converso dimostra che l’approccio dello Stato nel Mezzogiorno ha di fatto impedito in modo miope lo stesso investimento territoriale in termini di medici e strutture. E via polemizzando.

Pulcinella2

Mettiamo pure che abbiano tutti un po’ di ragione. Il rischio è che, al di là della retorica, il Covid finisca per confermare e amplificare un brutto aspetto del carattere nazionale, quello che portò Antonio Gramsci cento anni fa a parlare del paese di Pulcinella, dove l’irresponsabilità ed il disordine creano ogni giorno nuovo disordine.

Per fortuna tutto questo non vale per milioni di italiani che si dedicano a risolvere i gravi problemi della emergenza sanitaria e non hanno tempo per seguire i talk show. Essi meriterebbero una gara di concrete proposte di miglioramento al posto di astratte polemiche dove ognuno si limita a rilanciare saccentemente quello che pensava prima della pandemia.