di Rocco D'Ambrosio
La croce può essere piccola (come la mascherina o lo stare in casa o non assembrarci) o grande come il dolore e il lavoro in un reparto Covid, o lo stipendio che manca. Non è solo “ogni cosa al suo tempo”, ma responsabilità e disponibilità a pagare per il bene pubblico. La resurrezione è autentica solo se passa dalla croce, dai suoi piccoli e grandi sacrifici.
Hanno fatto molta fatica i discepoli a convincere gli altri che Gesù fosse risorto: Maria di Magdala, Maria di Giacomo, Salòme, Giovanna, Pietro, Giovanni non hanno ricevuto credito immediato. Circolavano già molte voci tendenziose – “i suoi discepoli sono venuti di notte e l’hanno rubato” (Mt 28) – ma soprattutto la testa e il cuore erano appesantiti. Tanti ostacoli da attraversare, tanti significati da scoprire, tante relazioni da ricucire, tanti dubbi da sciogliere. Troppo, veramente troppo per poter dire: “È risorto”. Allora come oggi: ostacoli diversi, ma stesse fatiche.
Nonostante i dubbi, i racconti della resurrezione contengono un ritmo di azione espresso con parole quali “di buon mattino o correre”. Maria di Magdala va di buon mattino, corre da Simon Pietro e anche questi corre, insieme a Giovanni, verso il sepolcro (Gv 20); le donne, poi, corsero a dare l’annuncio ai suoi discepoli” (Mt 28); “fuggirono via dal sepolcro” (Mc 16). È un correre che trova facilmente le sue spiegazioni: l’ansia di far visita alla tomba del Signore e, al tempo stesso, quasi di verificare la sua promessa di risurrezione. È una vicenda tanto importante e le donne e gli apostoli hanno fretta di sapere come va a finire, se è tutto come preannunciato o meno.
Da parte sua Gesù appare per confermare e inviare. La conferma di Gesù è senza fretta, anzi il Signore è li per togliere qualsiasi timore e paura. L’angelo dice alle donne: “Non abbiate paura, non temete… è risuscitato” (Mc 15). La realtà della risurrezione è annuncio di gioia, è realtà di vita e toglie ogni paura: la vita ha vinto la morte per sempre. Su questa serenità si innesta l’invio missionario: “Andate in Galilea” (Mc 16), dite ai suoi discepoli: “E’ risuscitato dai morti” (Mt 28).
La fretta, mista a paura e ansia, di rivedere il Signore come Risorto, l’essere da Lui tranquillizzati e poi inviati ad annunciarlo, credo abbia molto da dire anche a noi che non siamo testimoni oculari della sua risurrezione. A noi che abbiamo fretta di uscire da questa situazione di morte - fisica, emotiva, economica, sociale - che è la pandemia.
L’ansia e la fretta spesso vanno insieme, specie quando riguardano obbiettivi importanti della vita personale e sociale, in cui vogliamo vedere il bene trionfare subito e pienamente, magari tutti vaccinati e guariti… Quanta fretta abbiamo di arrivare al mattino di Pasqua, alcune volte vorremmo saltare soprattutto il dolore e la passione del venerdì. E la croce può essere piccola (come la mascherina o lo stare in casa o non assembrarci con scuse idiote) o grande come il dolore e il lavoro in un reparto Covid, o lo stipendio che manca. Non è solo “ogni cosa al suo tempo”, ma è ben di più: è responsabilità e disponibilità a pagare per il bene pubblico. La resurrezione è autentica solo se passa dalla croce, dai suoi piccoli e grandi sacrifici.
La risurrezione è prima di tutto una conferma emotiva: “Non abbiate paura, non temete… è risuscitato”. Le emozioni hanno il loro peso. E in questo caso sembrano avere più peso. credere che la vita vinca la morte, il bene sconfigga il male, la gioia debelli il dolore non è solo un fatto di testa. Si crede nel Risorto con tutto se stessi: corpo, mente e cuore. E spesso il cuore vacilla più della mente. “Non abbiate paura, non temete… è risuscitato”.
Gesù ci precede in Galilea. Non siamo soli, mai soli nell’annunciare il lieto evento della risurrezione. Ma cosa annunciamo? Una volta ho sentito dire in una parrocchia: “Annunciamo come il Signore ha trasformato la nostra vita, annunciamo la nostra esperienza di fede”. Ma che sciocchezza è questa? Annunciamo che il Signore è risorto! E la nostra vita? Certo, se l’evento ci ha toccato nel corpo, nel cuore e nella mente, ci trasforma eccome. Ma può anche essere che non ci abbia così trasformato; sarà per questo che non lo annunceremo? No lo annunceremo, sentendo tanta indegnità, ma l’annunceremo! Il Signore è risorto e ciò prescinde dalla mia coerenza. Grazie a Dio.
Ascoltando questi riduzionismi di fede, spesso mi ritorna in mente la canzone di Francesco Guccini “Dio è morto”, del 1965: fu ritenuta blasfema dalla Rai e subito censurata, ma trasmessa dalla Radio Vaticana. Contiene certamente molti principi evangelici: Dio muore in tutte le situazioni di emarginazione, di offesa della dignità umana, di droga e prostituzione, di ipocrisia e carrierismo, di miti della razza e odi di partito e così via. Ma risorge in tutto ciò che è bene, che edifica gli altri protegge il creato e canta l’inno della gloria di Dio. Ma è solo questa la risurrezione? Una sorta di applicazione personale e sociale? Credo proprio di no; tuttavia con questo non voglio assolutamente dire che la canzone non ha le sue profonde ragioni.
![Guccini Matteo Guccini Matteo](/static/upl2021/gucc/guccini-matteo.jpg)
Penso, invece che il punto di partenza per meditare sulla risurrezione non siano le profonde considerazioni di Guccini, o altre simili, ma il semplice fatto di affermare che Gesù è risorto. Punto e basta. Per entrare nel mistero ci accompagnano segni concreti e significativi: la pietra rotolata, la tomba vuota, il sudario ripiegato, la testimonianza degli apostoli, le apparizioni di Gesù.
È risorto! Dovremmo ripeterci le cose più semplici ma più vere: la morte è stata sconfitta, la vicenda di Gesù non finisce con la croce, ora è presente in modo diverso, ci invia nel mondo a rendergli testimonianza, c’è ancora posto con la speranza. Dovremmo ricordarci che quello che “accade al Cristo, accade ad ognuno di noi” (Blaise Pascal). Dovremo meditare e rimeditare la risurrezione sintonizzando su di essa la nostra vita, nelle piccole come nelle grandi scelte, nella pandemia ancor di più.
E poi, ma solo dopo questi “esercizi”, ricordare con Guccini “che se Dio muore è per tre giorni e poi risorge, in ciò che noi crediamo Dio è risorto, in ciò che noi vogliamo Dio è risorto, nel mondo che faremo Dio è risorto…”.
(da Formiche.net)
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Pubblicato sul tema: Buona Pasqua 2021, il messaggio 'in Covid' dell'Arcivescovo Mons. Satriano
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