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Economia, trasformazione della plastica Eceplast: grido d’allarme dalla Puglia

Antonio V. Gelormini

Sopravvivenza ed economia, salute e lavoro, la dicotomia ‘sostenibile’ dopo l’acciaio ora coinvolge anche la plastica. Intervista a Nicola Altobelli -‘Eceplast'

Avete presente cosa accade, a casa, nella vostra piccola pattumiera per l’umido da quando i sacchetti di plastica non sono più disponibili? La capacità di resistenza dei nuovi sacchetti biodegradabili agli umori sversati, si riduce in funzione della permanenza nel bidoncino o della consistenza liquida dei rifiuti.

plastic spiaggia

Ecco, è tutto in questa seppur poco piacevole ‘fotografia’ il problema della lotta alla plastica invasiva e alla relativa devastazione ambientale in atto, da conciliare con le esigenze di processi distributivi e di conservazione - sviluppati sull’utilizzo di un prodotto che a suo tempo rivoluzionò l’economia del mondo intero - e che oggi ha bisogno di tempi e innovazioni, per non provocare contraccolpi altrettanto devastanti per le filiere produttive e gli assetti commerciali “trasversali” ai diversi settori dell’industria: sia essa grande o medio-piccola.

In altre parole, anche un segmento vitale come quello del packaging richiede approcci eco-sostenibili: dove il prefisso “eco” non è relativo solo alla declinazione “ecologica”, ma avanza esigenze anche di natura “economica”. Pertanto, a proposito di sopravvivenza ed economia, di salute e lavoro, la dicotomia ‘sostenibile’, dopo l’acciaio, ora coinvolge anche la plastica.

plastic tax

Proprio in queste ore è approdato in Senato il disegno di legge di bilancio, che all'art. 79 dettaglia la cosiddetta “plastic tax”: una misura che di fatto introduce un onere aggiuntivo per i produttori di imballaggi in plastica, dunque in definitiva per i consumatori, di circa 1 miliardo di euro, raddoppiando il costo della materia prima (plastica vergine 1.300 eur/ton; tassa aggiuntiva 1.000 eur/ton).

La filiera produttiva degli imballaggi in plastica, vede da tempo l’Italia all’avanguardia per ricerca, innovazione e fedeltà ai dettami normativi europei. Una vera eccellenza nazionale, che colloca l’Emilia Romagna e la Puglia al centro di questa performance di caratura internazionale. E dall’azienda leader in Puglia del settore, la Eceplast, arriva una sorta di grido d’allarme per le difficoltà già sopraggiunte all’orizzonte e per il modo in cui la stessa filiera viene presentata all’opinione pubblica: ossia “nella veste inaccettabile di capro espiatorio”.

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A sostenerlo è Nicola Altobelli, Direttore Commerciale Eceplast e Vice Presidente dei Giovani Imprenditori di Confindustria, al quale Affaritaliani.it - Puglia ha chiesto di delineare nello specifico la piega che gli eventi rischiano di assumere e le conseguenze sia nel breve che nel lungo periodo.

Si parla di crisi dell’acciaio, in Puglia, e i titoli della stampa sono tutti per le sorti dell’ex-Ilva di Taranto, ma nel frattempo anche nel settore degli imballaggi e della plastica si rischia di far scoppiare un altro bubbone. Cosa la preoccupa?

La filiera italiana di trasformazione delle materie plastiche sta subendo un attacco dissennato e ingiustificato, frutto di campagne demagogiche che non tengono conto dei dati e della realtà industriale del settore e del suo valore per il Paese. Ad essere colpito è un settore moderno e competitivo, che conta oltre 110.000 lavoratori, che cresce ed esporta in tutto il mondo, fornendo linfa preziosa al nostro Paese. I numeri non mentono: il settore genera un valore di oltre 30 miliardi di euro; nel 2018 sono state trasformate circa 6.8 Milioni di tonnellate di resine termoplastiche, delle quali circa il 15%, 1 milione di tonnellate, sono plastiche riciclate provenienti dall’economia circolare! (fonte www.plastic4p.it).

Eceplast REliner

Vuol dire che la Plastic tax non tiene conto di questi numeri?

Temo che l’attacco soddisfi solo chi vede nella plastica il peggiore dei nemici dell’ambiente, rivelando - al tempo stesso, in realtà - la profonda e desolante ignoranza degli estensori proponenti il disegno legislativo, circa il valore di questo materiale, la sua versatilità, i vantaggi in termini di leggerezza, igiene e durata, che garantiscono enormi risparmi economici e di impatto ambientale (sic!) in ogni settore di applicazione.

Può spiegarsi meglio o fare un esempio?

Da tempo, nel nome dell'ecologismo, si confonde, e si induce anche il cittadino a confondere, il materiale rispetto all’uso improprio o scorretto che alcuni ne fanno. Si lascia credere, cioè, che sia l’industria della trasformazione la responsabile dell’inquinamento, mentre proprio l’industria, è in prima linea per attuare politiche virtuose di recupero e riciclo delle plastiche usate, nonostante le difficoltà indotte dal mancato recepimento delle direttive europee sul fine vita e recupero dei prodotti.

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“Qualsiasi tassa deve essere di scopo, non per fare gettito”, lo ha detto il Ministro dell’Ambiente Sergio Costa. Che cosa non la convince?

Guardi, da anni l’industria italiana guida la ricerca a livello mondiale nel recupero e riciclo delle materie plastiche, oltre che nelle bio-plastiche, nonostante i ritardi burocratici. Risulta quindi inaccettabile, soprattutto per chi come noi di Eceplast ha sposato in pieno la causa della salvaguardia dell’ambiente, ritrovarsi a dover rallentare o persino annullare progetti di sviluppo orientati alla sostenibilità, per pagare una tassa che sa tanto di doppia imposizione, come sostenuto anche dal CONAI. Ma c’è di più. Non si capisce proprio perché, se il fine della norma è quello di difendere l'ambiente, non si tenga minimamente conto della differenza tra imballaggi prodotti con materie prime vergini e materie prime riciclate.

Eceplast Altobelli

Ma, di fatto, la Plastic tax non dovrebbe escludere dalla sua applicazione gli imballaggi riutilizzabili e compostabili?

Non è così semplice. Si sta per commettere un altro errore: evidentemente sono poco conosciute anche le principali normative vigenti, così come non si tengono in considerazione i limiti tecnici che ancora oggi ‘contengono’ le possibilità di applicazione dei polimeri biodegradabili su più larga scala.

Plastic Confindustria

In concreto, per un’azienda come Eceplast - 90 addetti in provincia di Foggia - che ha compiuto negli ultimi 5 anni ingenti investimenti in nuove tecnologie di produzione, ricerca e sviluppo di materiali sostenibili, per arrivare a ridisegnare la propria gamma di prodotti - al fine di renderli più semplici da recuperare e riciclare (vedi progetto “Liner to Liner” realizzato in collaborazione con Eni-Versalis elencato tra le best practice europee dell’economia circolare http://www.circulary.eu/project/versalis-industrial-packaging/) - è del tutto incomprensibile la scelta del Governo, di non aver voluto premiare e incentivare almeno chi responsabilmente raccoglie e ricicla gli imballaggi immessi sul mercato.

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Lei sta dicendo che per aziende come la sua, la pugliese Eceplast, la nemesi del “cornuti e mazziati” è quasi un incubo persistente?

Eceplast segue attivamente gli sviluppi della European Plastic Strategy della Commissione Europea ed è tra le prime 70 aziende comunitarie ad aver sottoscritto un impegno formale a raccogliere e riciclare il 100% degli imballaggi immessi sul mercato entro il 2025 (https://circulareconomy.europa.eu/platform/en/commitments/pledges/eceplast), per raggiungere l’obiettivo comunitario di raccogliere e riciclare 10 Milioni di tonnellate di plastica. Se si vuole attuare una seria politica di riduzione dell’impatto ambientale, che sia anche socialmente sostenibile, la collaborazione tra istituzioni comunitarie, nazionali e industria è l’unica strada possibile.

Però, sempre il Ministro Costa, a Radio 24, ha avuto modo di affermare che “Il pacchetto è unico e che vanno recepite le direttive europee sulla plastica e sull'economia circolare. E che l’Italia non può rimanere indietro rispetto al resto d'Europa: le aziende vanno aiutate a rimanere leader nel settore”.

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L’ho sentito ed ho anche mandato un tweet di commento al Ministro. Non è ipotizzabile affrontare un problema globale con tasse locali, il cui unico “scopo” - checché ne dica il ministro Costa - sembra proprio quello di fare cassa!  Un risultato del tutto incerto, che a fronte di poco più di un miliardo di gettito fiscale atteso per i primi 12-18 mesi, ottiene in cambio una ricaduta negativa certa su PIL e livelli occupazionali; si rischia di tagliare uno dei pochi rami ancora floridi a cui il Paese è aggrappato. L’unica buona notizia è che si è ancora in tempo per fermare questa assurdità. L’industria e i cittadini italiani meritano più serietà, approfondimento e rispetto.

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Eceplast - E’ una azienda nata nel 1995 per la produzione di Liner per container, imballaggi industriali in film di Polietilene, che consentono il trasporto di merce alla rinfusa in container.

Di fatto si tratta dell’imballo più sostenibile in commercio, si pensi che con circa 15 kg di imballo si confezionano e spediscono fino 25 ton di prodotti di diversa natura, dai polimeri alle materie prime alimentari; non ci sono altri imballi in grado di reggere il confronto!

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Eceplast è situata a Troia, in provincia di Foggia, impiega circa 90 persone, esporta in 40 paesi nel mondo. Per la specificità dei manufatti realizzati è l’unica azienda ad aver conservato gli impianti di produzione in Europa (grazie a ingenti investimenti in automazione di processo e salvaguardando i livelli occupazionali), pur confrontandosi quotidianamente con una concorrenza tutta asiatica; da diversi anni ha anche avviato una ricerca interna per il re-design in chiave sostenibile dei propri imballaggi, arrivando a sottoscrivere a fine 2018 lo EU Plastic Pledge, che impegna l’Azienda con la Commissione Europea a raccogliere e riciclare il 100% del 2000 ton di imballaggi messi sul mercato entro il 2025.

(gelormini@affaritaliani.it)