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Elena Gentile: un nome, un cognome e il legame con la Puglia
L'intervista a Elena Gentile, candidata Pd al Consiglio regionale pugliese nei Collegi di Bari e Lecce, dopo la partecipazione alle Primarie del centrosinistra.
Elena Gentile, candidata Pd al Consiglio regionale pugliese nei Collegi di Bari e Lecce, è laureata in Medicina ed è una delle rappresentanti storiche della sinistra pugliese, condividendo tra l’altro i natali a Cerignola (Fg) con Giuseppe Di Vittorio.
Una vita dedicata alla politica e all’attivismo. E’ stata Sindaco di quella città, Assessore regionale al Welfare ed europarlamentare del Partito Democratico. Ha partecipato alle Primarie del centrosinistra.
Elena Gentile, cominciamo dalle note dolenti: come al solito ‘Nemo propheta in patria?’ Piuttosto stravagante vederla candidata a Lecce e a Bari e non nella sua abituale circoscrizione elettorale, ovvero la Capitanata.
Sì, alla fine mi sono candidata solo nei collegi della Città metropolitana di Bari e di quello di Lecce. Sarebbe stato naturale candidarmi anche nella provincia di Foggia, dove sono nata e risiedo, ma si sono tenacemente opposti - alzando un muro invalicabile - Raffaele Piemontese, Paolo Campo, Michele Bordo e Lia Azzarone. Un asse autoreferenziale, nel Partito Democratico dauno, teso a rappresentare solo sé stessi e non certamente i militanti, o tantomeno gli elettori, che meritano decisamente più rispetto.
La mia storia politica, istituzionale e di governo - della nostra Regione - è la garanzia migliore di ciò che, in quel solco, mi impegno a fare. Il mio nome e il mio cognome, che nel manifesto elettorale abbracciano idealmente la Puglia, vogliono essere il segno del mio amore profondo per l’intero territorio, per ciascuna pugliese, e per ognuno dei pugliesi.
Lei è stata una dei protagonisti della cosiddetta “Primavera pugliese”: quella che molti temono di veder cancellata in caso di vittoria del centrodestra. La preoccupa la cosa?
Vede, proprio per questo ho deciso di riprendere il cammino - forte anche dell'esperienza europea - con la stessa passione di sempre, per scongiurare il ritorno a un passato che ho avuto la disavventura di conoscere dall’interno.
Certo che mi preoccupa il rischio di un ritorno di Raffaele Fitto e della sua idea di sanità e welfare. Se penso a quello che abbiamo trovato con Vendola, all'indomani delle elezioni del 2005, c'è da mettersi le mani nei capelli. Abbiamo dovuto arginare a mani nude il lucido disegno dell’enfant prodige, messo in campo per penalizzare e punire politicamente la Puglia, che non lo aveva votato.
Lei è stata assessore alla Solidarietà - Politiche sociali e Flussi migratori, e poi assessore al Welfare - Lavoro, Politiche di Benessere sociale e Pari Opportunità della Regione Puglia. Quale la sua valutazione della situazione Sanità in Puglia?
Qualche giorno fa, il ministro Roberto Speranza è venuto a Bari e ci ha comunicato un fatto decisamente importante: la Puglia sta per uscire dal piano di rientro. Siamo dunque alla fine di un tunnel buio che ha minato il sistema sanitario regionale, che ha mortificato migliaia e migliaia di pazienti, costretti a subire scelte che sicuramente il centrosinistra non avrebbe compiuto.
Dal 2000 il governo di centrodestra, con il presidente Fitto che oggi si ripropone per la carica, avviò una serie di tagli pesanti, dolorosi, che andavano già oltre la chiusura di 20 ospedali. Ricordo ai pugliesi che nelle sue leggi di bilancio decise di comprimere la spesa sanitaria regionale, tagliando le piante organiche, addirittura bloccando il turn over degli operatori che andavano in pensione, e addirittura le nuove assunzioni.
Tutto questo mise in ginocchio la sanità pugliese e dal 2005, con grande attenzione il governo di centro sinistra cominciò a ricucire i lembi di una frattura, che aveva pesato negativamente sulla qualità della vita e il benessere delle donne e degli uomini di Puglia.
Oggi, finalmente, intravediamo la luce. Aspettiamo la certificazione del ministero dell’Economia e della Finanza, per poter finalmente restituire alla Puglia la speranza di avere servizi di qualità, presenti anche sui territori, in una visione che necessariamente deve essere più aderente alla nuova domanda di salute.
Potrebbe farci qualche esempio?
Penso alla domiciliarità delle cure; penso al grande tema dell’invecchiamento della popolazione e quindi alla grande domanda di cure e di salute, che verrà da un pezzo importante della nostra società. Con questa buona notizia - che il ministro Speranza ha portato – possiamo andare più spediti verso la riconferma del centrosinistra, che ha dimostrato negli ultimi 15 anni di saper affrontare anche sfide impossibili.
Vorrei ricordare, a chi lo avesse dimenticato, che il candidato presidente del centrodestra - l’allora ministro Fitto dedicò un’attenzione particolare, maniacale, alla Puglia che aveva commesso un peccato: quello di sforare quel limite del 3 per cento, per cofinanziare la spesa sanitaria. E quindi siamo andati in piano di rientro, ma non per disavanzo sanitario. Una catena lunghissima di restrizioni, di tagli, di imposizioni. Oggi certamente possiamo guardare con speranza al futuro.
Dopo l’esperienza tra Bruxelles e Strasburgo, da dove le piacerebbe ricominciare, ritornando in Consiglio regionale?
C'è un mondo nuovo a cui solo il centrosinistra può guardare, puntando su un orizzonte di sostenibilità e inclusione sociale. Ecco perché sono scesa in campo a Bari e a Lecce, che considero casa come tutta la Puglia.
Mi piacerebbe farlo ripartendo dagli obiettivi già raggiunti in materie come Salute e Welfare, e magari rilanciandoli. Bisogna che ci si chieda: seguiamo vecchi modelli ormai decotti oppure immaginiamo una Puglia che investe la sua creatività per nuove competenze, per nuove economie, dall’economia digitale, all’economia del mare, all’economia circolare.
Insomma, andrebbe declinata la rivoluzione che è iniziata con il rilancio della cultura e del turismo, e che ora dovrebbe allargarsi a quello dell’imprenditorialità ecosostenibile. Per farlo, bisogna formare competenze, lasciando i vecchi profili che non sono più spendibili sul mercato e pensare a contenuti della formazione, per rendere fortemente attrattivo il territorio a nuovi investimenti.
In Puglia ci sono già grandi gruppi pugliesi, come ad esempio Luxottica, che hanno investito con successo all’estero, fuori dalla loro terra, e che adesso dobbiamo far tornare. La capacità di fare impresa dei pugliesi è conosciuta in tutto il mondo: ci sono centinaia di pugliesi di prima, seconda o terza generazione, che sono diventati grandi imprenditori in Europa o in America: un capitale umano che dobbiamo fare rientrare, trasferendo qui know-how e competenze.
A proposito di capitale umano, se da un lato il problema dei problemi è il lavoro, diventato sempre più ‘merce rara’, dall’altro l’invecchiamento della società presenta già oggi scenari, ai quali si ha l’impressione di essere impreparati. Cosa ne pensa?
Penso che sia prioritario occuparsi delle fasce più fragili della società: gli anziani in primis. C’è urgenza di predisporre una sanità che incroci strettamente la sua strada con un modello di welfare generativo, come quello avviato nel 2007, che restituiva dignità e protagonismo a chi non lo aveva mai avuto, rispondendo a diritti, combattendo contro le diseguaglianze, restituendo benessere e creando buona occupazione.
Un grande modello di crescita e sviluppo riconosciuto in Europa. Il prossimo quinquennio dovrà essere il tempo della prevenzione, della medicina di genere e della cura sempre più personalizzata.
Nei prossimi 10 anni si prevede che gli anziani rappresenteranno il 60 per cento della popolazione. Pertanto, in relazione al moderno concetto di welfare - che la Regione Puglia ha avviato nel 2005 - si aprono nuove ed avvincenti sfide. Io sono pronta ad affrontarle, con tanto entusiasmo e altrettanta determinazione.
E sul fronte giovani, imprese e produzione?
Su questo fronte la ricetta prevede una combinazione di fattori determinanti, fatta di formazione, nuove competenze e nuove economie. Oggi la formazione professionale in Puglia è ferma a un mondo che non c’è più. Per cui, è indispensabile cambiare, bisogna incrociare le nuove economie che rappresentano un orizzonte nuovo, in accordo con le mutate suggestioni europee. Tutto quello che nel gergo comune chiamiamo economia circolare, sharing economy, economia verde ed economia del mare: driver di sviluppo che presuppongono un modello di sostenibilità da adottare, anche attraverso il contenuto della formazione professionale, proiettandola verso il mondo che verrà. E in questa sfida il ruolo della politica è quello di utilizzare risorse e spunti europei per promuovere le nuove imprese, ma anche le startup - avverte l’ex assessore ed europarlamentare- devono essere orientate verso il mondo che verrà, devono inevitabilmente tenere conto di quello che c’è in Europa.
(gelormini@gmail.com)