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Eleonora Pimmentel Fonseca, eroina partenopea vista da Antonella Orefice
L'intervista a Antonella Orefice autrice di una biografia di Eleonora Pimmentel de Fonseca, donna di lettere ed eroina della Repubblica Partenopea
La storia è povera di eroine femminili che, oltre ad aver contribuito a cambiare il corso degli eventi, abbiano lasciato un segno fondamentale per l’emancipazione delle donne moderne. La poetessa di corte Eleonora Pimentel de Fonseca, donna di lettere nella seconda metà del Settecento, divenuta poi la direttrice dell’organo di stampa della Repubblica Partenopea, è un esempio fulgido ed affascinante.
La sua biografia è stata oggetto di studi, romanzi e riduzioni cinematografiche, che però non hanno messo a fuoco lo spessore e la verità storica della sua intensa vita. Affaritaliani.it - Puglia ne ha parlato con Antonella Orefice, storica e autrice di “Eleonora Pimentel Fonseca. L’eroina della Repubblica napoletana del 1799”. Una biografia chiara, piacevolmente scorrevole, ricca e illuminante, per conoscere e capire la donna-eroina e faro dall’oscurantismo borbonico ai Lumi europei.
Eleonora Pimentel Fonseca è stata donna moderna, non amata dalle femministe. Perché?
Lei è moderna perché ha avuto la possibilità di studiare e quindi di essere donna di cultura, cosa che, in larga parte, era negata alle donne del Settecento, ma non è amata dalle femministe perché subì il matrimonio per ben sette anni, malgrado le percosse e le ingiurie del marito fossero iniziate fin da subito. Tant’è vero che si separò, ma probabilmente - secondo la linea femminista - avrebbe dovuto essere un filino più aggressiva.
Gli atti del processo di separazione sfuggono alla damnatio memoria. Dunque come ha fatto lei a ricostruire tutto il resto, dal rifiuto del matrimonio da parte del cugino all’intera topografia delle abitazioni della Pimentel Fonseca?
La damnatio memoriae ha colpito perlopiù i documenti che riguardavano il 1799, i ritratti, i processi, le condanne a morte. Tanta documentazione fu addirittura strappata, come i documenti parrocchiali relativi ai matrimoni celebrati nei mesi della rivoluzione, alimentando la favoletta che i matrimoni non fossero stati celebrati col rito tradizionale, ma intorno all’Albero della Libertà. Dagli archivi diocesani provengono gli atti del processo matrimoniale, di cui probabilmente le guardie borboniche non avevano conoscenza. Altre notizie su Eleonora non potevano essere colpite dalla damnatio memoriae, grazie ai carteggi relativi alla storia del mancato matrimonio col cugino o alle abitazioni dove ancora ci sono lapidi dedicate.
Qual è il rapporto tra l’Illuminismo napoletano ed Eleonora?
Un rapporto strettissimo, dato che Eleonora ebbe modo di crescere in una Napoli diversa, che si stava integrando; fu allieva, infatti, del Genovesi e del Filangieri, cosa che accrebbe la sua mente già brillante, che a un certo punto era diventata troppo lungimirante, cercando di sopravvivere a una monarchia alquanto oscurantista come decisamente si dimostrava quella borbonica.
Alla Pimentel viene affidato il giornale ufficiale della Repubblica. Quali requisiti le vengono riconosciuti: quelli letterari o quelli rivoluzionari?
Entrambe le cose. Innanzitutto lei era molto ben vista dalla parte repubblicana, era in stretto contatto con i massimi rappresentanti, era capace di scrivere, aveva questo spirito che tutti collegano a due
anime: quella della letteraria e quella della rivoluzionaria. “La donna che voleva vivere da sola”, e noi grazie a lei abbiamo avuto la prima forma di giornalismo al femminile, di giornalismo politico in Europa. E’ stata lei a rompere il velo, o meglio, la coltre.
Lei le ha dedicato “La penna e la spada. Particolari inediti su Eleonora de Fonseca Pimentel ed Ettore Carafa conte di Ruvo”, ha rifondato ed è la direttrice del Nuovo Monitore Napoletano: chi è Eleonora per lei?
Eleonora è un personaggio che mi ha sempre affascinato tanto, l’ho incontrata fin dagli studi liceali e ho subito avuto il desiderio di conoscerla. Mi ha attratto anche dai libri di storia, che ho studiato in
ragione della mia carriera universitaria. Ho costatato che la Repubblica Napoletana, così come Eleonora stessa, sono poco trattati, probabilmente per la durata molto breve della Repubblica, solo otto mesi. Dopo gli studi nozionistici ho iniziato a studiarla per conto mio, ho ripreso le ricerche di Benedetto Croce, di Mariano d’Ayala, altre biografie dove ho rilevato delle incongruenze, magari venivano portati avanti dei luoghi comuni, altre ipotesi e quindi venivano accolte le inesattezze e le distorsioni, ed ho sentito l’esigenza di andarle a riprendere.
Nell’ultima parte del suo libro lei ha dedicato un paragrafo a vero, simile e verosimile. Questi racconti serviranno per la diffusione della figura e della storia di Eleonora?
Io ho cercato la verità. Ho cercato di trovare notizie di lei, che potessero soddisfare la mia stessa curiosità, notizie storiche, e non delle ipotesi con personaggi artefatti troppo diffusi. Purtroppo un po’ di confusione si è creata: sia per la mancanza di notizie, sia perché Eleonora stessa si presta a letture e interpretazioni principalmente rivolte alla donna, che non ha vissuto due volte (monarchia e repubblica), ma è stata trattata in maniera sbrigativamente in entrambi i casi.
Per questo ho cercato, per quanto possibile, di rendere verità al suo personaggio. Il dovere dello storico è cercare di creare un racconto, una ricostruzione biografica che sia il più possibile vicina alla realtà. Chiaramente, là dove manca una documentazione storica si va per ipotesi che, comunque, devono essere suffragate da documenti ed eventi contemporanei, nonché dal relativo contesto sociale. Lo sforzo è stato quello di fare una ricostruzione quanto più vicina alla verità.