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Europa, Olio tunisino
Gli scivoloni della politica (di A. Gelormini)

Antonio V. Gelormini

Passata la sfuriata delle dichiarazioni a caldo sulla proposta in via di approvazione a Bruxelles, per l'importazione in Europa di 70mila tonnellate di olio tunisino " senza dazi" - in due anni - sarà il caso di fare una riflessione un po' più critica e meno condizionata da tendenze populiste e allarmarsmi trasversali di ogni genere.

Diciamo subito che l'olio tunisino non è scadente per definizione. E che, come è stato da più parti segnalato: si tratta di olio d'oliva e non di extravergine d'oliva, che - insieme ad oli provenienti da altri Paesi - è parte integrante di un cospicuo pacchetto d'importazione, consolidato da tempo, da parte di tutti i maggiori Paesi esportatori di olio, a partire dalla Spagna e dalla stessa Italia. E diciamo anche che le buone pratiche agricole, quelle che da noi si danno per disperse - e assorte agli onori della cronaca con il fenomeno Xylella fastidiosa - dalle parti della Tunisia sono prassi quotidiana, come mi è capitato di documentare durante una delle recenti visite in quelle campagne, negli uliveti sconfinati tra Tunisi e Sfax.

A questo è bene aggiungere e ricordare che l'Italia è il primo importatore mondiale di olio (in gran parte da Spagna, Grecia e Tunisia), dato che vive il paradosso di circa 500mila ton. di olio prodotto, a fronte di 750mila ton. consumate e di ben 600mila ton. di olio esportate. Per cui, se ci si ferma un attimo a riflettere, potrebbe essere "buona cosa" una maggiore importazione di prodotto da terroir "vicini o frontalieri" - decisamente più omogenei e conosciuti - a scapito di aree più lontane dalle carattestiche agro-fisiche più disparate.

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Per cui, risultano quanto meno frettolose e superficiali le dichiarazioni dei vari politici - comprese quelle del presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano - tese a demonizzare il prodotto tunisino, già protagonista insieme ad altri del processo produttivo nazionale. "Nessun Parlamentare Europeo da noi profumatamente pagato venga a dirmi che danneggiando l'olivicultura italiana ed in particolare quella pugliese aiutiamo l'economia tunisina, perchè questa argomentazione è ridicola ed offensiva. Ci sono tanti modi di aiutare la Tunisia senza danneggiare l'agricoltura italiana", aveva tuonato a caldo il governatore.

E uno dei primi problemi è proprio questo: cosa ha fatto o proposto la classe dirigente nazionale per dar forma alle dichiarazioni e agli aiuti promessi - ancora una volta a caldo e sulla scia dell'emozione contingente - in prima battuta all'indomani della Primavera araba e successivamente subito dopo le vittime e gli incresciosi fatti del Museo del Bardo a Tunisi? Nulla!

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E non solo allora, ma neanche a fine novembre scorso quando ha cominciato a delinearsi l'orientamento della Commissione Europea, evidenziato dalle Associazioni di categoria, per un accesso temporaneo supplementare al mercato UE di olio tunisino, in franchigia doganale, di 35.000 ton per due anni (l'articolo di Affaritaliani.it è del 23/11/2015). Nulla, per giocare d'anticipo e poter magari dire: "Abbiamo già dato su altri fronti....". Nulla sul fronte Turismo (le compagnie crocieristiche hanno subito annullato gli scali e deviato le rotte), nulla sul fronte finanziario, poco o nulla su quello economico-industriale, nulla evidentemente sul fronte politico. Significativa l'intervista pubblicata, sempre da Affaritaliani.it a maggio scorso col Direttore Generale della FTAV, Mohammed Ali Toumi.

Anche perchè risultano alquanto stonate le campane a festa quando è il nostro vino a "nobilitare blasoni altrui",  mentre i rintocchi diventano d'allarme se altri oli "contaminano e addolciscono" acidità a noi familiari, ma all'estero piuttosto ostili. Diciamo una contaminazione "necessaria" a mantenere alti indici di esportazione altrimenti impossibili.

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E qui sono decisamente più incisive le dichiarazioni del presidente Emiliano: "Ringrazio il Ministro Martina per la decisa posizione che ha preso contro la decisione del Parlamento europeo, che si è lavato la coscienza con un provvedimento che, senza risolvere alcun vero problema economico della Tunisia, danneggia gravemente le aziende italiane, facendo crollare il prezzo dell'olio di qualità, agevolando gli imbottigliatori che miscelano le produzioni nazionali con l'olio di bassa qualità", sbagliando - invece e ancora - quando aggiunge: "proveniente da quel Paese"

Incisiva, perchè "il cui prodest" diventa una chiave rivelatrice degli interessi che spingono verso la soluzione "con sgravi doganali", che nei confini nazionali si concentrano nell'area tosco-ligure e nelle etichette multinazionali usi a "contaminare" gli scaffali dei supermercati attraverso i "cartelli" dei prezzi stracciati.

Quello di cui si ha urgente bisogno è un impegno maggiore e una più efficace normativa sulla tracciabilità e sui controlli. Anche attrraverso azioni di cooperazione transfrontaliera e non certo, così come la politica sta cavalcando la faccenda, gridando soltanto "al lupo, al lupo!".

Nonostante i significativi risultati portati a casa, da alcuni parlamentari europei pugliesi (Mongiello e De Castro), l'Unione Europea vieta ancora di indicare l'origine dell'olio: con specifico riferimento alla regione e alla tipologia di piante dal quale proviene. Mentre consente solo alcuni generici riferimenti, che non segnalano al consumatore la provenienza degli oli della miscela definitiva.

"Una vergogna senza fine - sottolinea Emiliano - che offende la Puglia che lotta contro la xylella e gli speculatori, che strozzano i nostri produttori". Giusto, ma nel contempo non si dimentichi che proprio la Puglia è anche leader della contraffazione, secondo i dati NAS: tra tanti, Cergnola docet.

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La parvenza di italianità, sfruttata sui mercati internazionali, resta il moloch contro cui combattere. Ma va fatto, e non solo auspicato e dichiarato: “E’ più che mai urgente togliere il segreto sulle importazioni di materie prime alimentari dall’estero - denuncia il Direttore di Coldiretti Puglia, Angelo Corsetti - perché sapere chi sono gli importatori e quali alimenti importano rappresenta un elemento di trasparenza e di indubbio vantaggio per i consumatori e per la tutela del ‘Made in Italy’ agroalimentare".

Abbiamo provato a pensare, per qualche momento, se commenti e reazioni sarebbereo stati gli stessi nel caso l'Europa avesse deciso analogo provvedimento con gli aiuti alla Grecia? La coerenza del processo inclusivo transfrontaliero mediterraneo, va perseguita con tenacia e non solo proclamata. Abbiamo assunto posizioni marcatamente indignate e speso profluvi di dichiarazioni per le vittime del terrorismo in Francia, ma non altrettanto per le vittime di qualche giorno fa ad Ankara in Turchia. Ecco, non sono più che allarmanti sia gli atteggiamenti ipotizzabili che la cosa in sèb stessa?

Proprio la Turchia in questi giorni sta alzando la posta, con l'Europa, per la gestione delle sue frontiere tese a controllare la spinta migratoria proveniente dal Medio Oriente. E quando Bruxelles, per far fronte agli impegni finanziari assunti, dovesse chiederci di prendere anche l'olio turco...?

(gelormini@affaritaliani.it)

Si ingrazia Enrico Ciccarelli e Parlaeuropa TV per aver voluto condividere l'intervista a Paolo De Castro.

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Pubblicato in precedenza: Tunisia, lo spot prezioso per l’Italia Nel gioco di sponda con l’Europa

                                       Olio, allarme importanzioni 35mila tnl. dalla Tunisia