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Festival della Valle d'Itria, 'Altri
canti d’amor' di Claudio Monteverdi

Silvia Viterbo

La musica di Claudio Monteverdi e la creatività del giovane regista Giacomo Ferraù al Festival della Valle d'Itria

Il Chiostro di San Domenico a Martina Franca, accoglie nella sua suggestione ambientale, “Altri canti d’amor” per il Progetto Monteverdi, in occasione del 450° anniversario della nascita del compositore di Cremona.

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Il lungo tavolo nuziale, gli archi velati da cui appariranno i personaggi, i candelieri che illuminano la scena, i musici con la presenza importante e raffinata dell’arpa, e in fondo la sposa che dorme, e nel suo sogno tre madrigali tratti dall’Ottavo Libro pubblicato nel 1638, si uniscono in una continuità scenica affascinante.

La prima visione racconta il sentirsi imprigionati dall’amore (Hor che ‘l ciel e la terra e’l vento tace), la seconda il perdersi nel gioco dell’amore sino ad accorgersi che il proprio tempo è finito (Lamento della ninfa), e il terzo per scoprire infine che il giudice più spietato dei nostri rifiuti e delle nostre scelte, siamo sempre noi in questa ricognizione tra corpo mente e anima, mentre ci emblematizziamo in questo percorso onirico.

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Il giovane regista Giacomo Ferraù, tratteggia con forza questo lavoro, unendo la propria compagnia teatrale “Eco di fondo”, all’elemento coreografico curato dall’estro di Riccardo Olivier e di Fattoria Vittadini, mentre i costumi di Sara Marcucci creano  l’unione fra i tre madrigali con una struttura quasi cinematografica di film in bianco e nero, per poi esplodere nel rosso della passione e della violenza nel quadro finale, di grande suggestione e bellezza.

Protagonista assoluta di questo percorso è la musica di Monteverdi, e la sua maniera raffinata di raccontare le ragioni dello spirito e del corpo delle donne. Questo nuovo allestimento commissionato dal Festival della Valle d’Itria, in collaborazione con l’Accademia del Belcanto “Rodolfo Celletti”, si avvale della direzione di Antonio Greco, a capo dell’Ensemble Barocco del Festival.

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Momento emozionale quello finale, nel ripetersi continuo degli applausi e nello schierarsi di soli giovani, protagonisti della nuova ricerca musicale barocca, che trova in questo Festival accoglienza di gran tono. Anche il nuovo modo di parlare del corpo addormentato della giovane sposa, rispecchia ma non raffigura la donna, e mentre Cupido svolazza leggero ed ironico all’intorno, crea un connubio felice, una corrispondenza creativa fertile di talento e ricca di idee. Monteverdi trionfa con i i madrigali e questo autore spesso discusso e sottovalutato, diventa con la sua musica una esperienza intensa nel campo dell’armonia e del canto, e in questo caso, indimenticabile.