Funerali Papa Francesco, Emiliano rappresenta la Conferenza Regioni e Province autonome - Affaritaliani.it

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Funerali Papa Francesco, Emiliano rappresenta la Conferenza Regioni e Province autonome

Il presidente della Regione Puglia sarà presente alle esequie del Sommo Pontefice. L'omelia di Mons. Giuseppe Satriano in ricordo di Francesco, al rientro dalla visita a istanbul a Bartolomeo I.

Il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano rappresenterà la Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, di cui è vicepresidente, in occasione delle esequie del Sommo Pontefice, questa mattina in Piazza San Pietro, a Roma.


 

“La Puglia, assieme a tutte le altre regioni italiane e al mondo intero, si sta stringendo attorno a Francesco, alla sua figura, alla sua memoria", ha dichiarato il Governatore pugliese. "In una giornata che assomiglia a quella del giudizio universale, ci sono persone da tutti i Paesi del mondo, si vedono cose che è impossibile vedere fuori da un contesto come questo".

"Quello che prevale dentro ognuno di noi è il dolore di questa perdita, che ci auguriamo possa essere sopportata nel migliore dei modi”. 



 

Al rientro dall'incontro a Istanbul col Patriarca Bartolomeo I anche l'Arcivescovo della Diocesi di Bari-Bitonto, Mons. Giuseppe Satriano, ha voluto ricordare Papa Francesco. La sua omelia del 24 aprile:


 

Fratelli e sorelle,

oggi il Vangelo ci conduce nel cuore della comunità dei discepoli, lì dove l’incredulità si mescola alla speranza, e lo stupore è ancora velato dalla paura. 

Gesù appare nel cenacolo chiuso e dice: "Pace a voi". 

È una pace che non scaturisce dalla fine di un conflitto, ma dal cuore trafitto dall’Amore. 

Non è la quiete dei salotti, non è l’equilibrio diplomatico delle convenzioni. 

È la pace che nasce dalle piaghe, quelle che Gesù mostra senza vergogna: "Guardate le mie mani e i miei piedi". Il Risorto non si riconosce dal volto, ma dai segni della croce. 

È Lui stesso la pace e porta ancora addosso il peso dei chiodi, la memoria delle spine: gli strumenti della morte lo hanno passato da parte a parte, ma alla fine è stato Lui, con il Suo amore, ad attraversare la morte stessa. 


 

È Lui la pace ferita di Dio, che non nega la sofferenza, ma la trasfigura.

In quel cenacolo chiuso ci siamo anche noi. Anche noi, come i discepoli, portiamo dentro la fatica di credere, lo stupore che non riesce a diventare fede. 

Come loro ci ritroviamo: smarriti, timorosi, dubbiosi, e tuttavia toccati da una presenza che consola e rinnova. 

E in questo contesto, non possiamo non sentire forte il vuoto e insieme la memoria grata per Papa Francesco, salito alla casa del Padre lunedì scorso. 

Un uomo che, come il Risorto, ha saputo mostrare le ferite del mondo senza mai arretrare nella fiducia e nella speranza, camminando in mezzo al popolo con il cuore colmo di Vangelo. 

In quella indimenticabile giornata del 7 luglio 2018, qui a Bari, nella preghiera per la pace in Medio Oriente, accese con i patriarchi la lampada “uniflamma”, pronunciando con vigore queste parole: “la luce divina diradi le tenebre del mondo”, ricordando così a tutti che la speranza non è evasione, ma olio versato sulle ferite, fiamma custodita mentre soffiano i venti dell’odio e dell’intolleranza.

Quella stessa fiamma, Papa Francesco l’ha riaccesa in ogni angolo di un mondo oltraggiato dalla guerra. Lo ha fatto fino alla fine, nel grido del suo ultimo “Urbi et Orbi”, domenica scorsa: “La pace è possibile!”. 

Sì, a Pasqua lo ha “gridato”, senza più forze né voce, con la sola eloquente presenza di chi sa che la resurrezione passa per la croce, e la croce non si può eludere.

Il suo magistero, come il Vangelo di oggi, ci consegna una missione: “Predicare nel nome di Cristo a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, divenendone i primi testimoni”.

Non siamo chiamati a dare testimonianza di un’idea, ma di un fatto. 

Non siamo promotori di una teoria, ma narratori di un incontro che cambia la vita. Cristo ci manda non a predicare un'ideologia, una filosofia di vita, ma a sporcarci le mani d’amore, a toccare Lui nei poveri. 

È qui la svolta evangelica impressa alla Chiesa da Papa Francesco, cercare Cristo nel volto degli scartati. 

I cristiani, infatti, sono luce del mondo “non solo quando tutto intorno è radioso, ma anche quando, nei momenti bui della storia, non si rassegnano all’oscurità”. Sono ancora parole sue, di quel 7 luglio che non possiamo né vogliamo dimenticare.

In un mondo che spesso disincarna o spiritualizza troppo, Papa Francesco ci ha ricordato che il cristianesimo è carne, è tocco, è tavola condivisa, proprio come è avvenuto nel cenacolo, secondo la narrazione di Luca: “Avete qui qualcosa da mangiare?” (Lc 25,41b). E il Signore prese quel pesce arrostito e lo mangiò davanti a loro, manifestando come il divino si lascia gustare nella concretezza della vita.

Siamo chiamati a una fede che, se da un lato è contemplazione del mistero, dall’altro si fa vicinanza, servizio, narrazione dell’amore di Dio per l’umano. 


 

Come il papa stesso ebbe a dire al Convegno Ecclesiale di Firenze: 

“Gesù è il nostro umanesimo. Facciamoci inquietare sempre dalla sua domanda: «Voi, chi dite che io sia?» (Mt 16,15)”. 

È nel suo volto umiliato, svuotato, crocifisso, che si rivela la gloria di Dio. Quella gloria che ha la luce e il profumo di una forza mite e invincibile, che ricompone ciò che è diviso con la misericordia, il perdono.

“Gesù ci ama e ci aspetta sempre”, furono le parole più volte ripetute, e quasi scolpite nei cuori, dei nostri cresimandi, che lo incontrarono il 27 gennaio del 2024 a Roma, ma è anche la sintesi mirabile della pagina evangelica proclamata questa sera.

A noi, Chiesa di Bari-Bitonto, tocca oggi raccogliere questa eredità, non per incensare la memoria di papa Francesco, ma per camminare nella scia di Vangelo che con forza ci ha indicato.

 Siamo chiamati a essere una Chiesa del dialogo, capace di prossimità, capace di abbracciare la carne ferita del Mediterraneo e del mondo che bussa alle nostre porte.

Seguendo il suo esempio, osiamo la pace come testimonianza, la fraternità come scelta, la croce come via.

In un tempo di fedi spezzate, di parole svuotate, di guerre urlate, tocca a noi dire ancora: “Abbiamo visto il Signore”. Tocca a noi accendere lampade, perché la notte non vinca. Tocca a noi, pellegrini di speranza, pregare, testimoniare, e amare.

E allora, grati al Signore per il dono di Papa Francesco, nel segno del Risorto, nella potenza dello Spirito, camminiamo insieme, con le mani aperte, con le ferite non nascoste, con lo stupore negli occhi.

E così sia.

+ Giuseppe Satriano, Arcivescovo