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Gino Giugni e l’innovazione ‘riformista e credibile’

La notte tra il 4 e il 5 ottobre del 2009 moriva a Roma Gino Giugni, il padre dello Satuto dei Lavoratori. Era nato a Genova il 1 agosto di 82 anni prima.

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Poliedrica la sua formazione di giurista impegnato su vari fronti, sia nel proporre un metodo innovativo - adatto a sprovincializzare il dibattito scientifico - sia nel valorizzare le grandi organizzazioni portatrici d'interessi collettivi. Il tutto nel quadro di un obiettivo più globale e lungimirante: costruire ponti fra culture sindacali e interessi imprenditoriali.

L’ho conosciuto durante gli anni che lo videro allontanarsi dalla politica, preferendo l'insegnamento, anche a causa della malattia: già professore ordinario della facoltà di Economia dell'Università "La Sapienza" di Roma, si era appena trasferito presso la facoltà di Giurisprudenza della LUISS Guido Carli (chiamato dall'allora Presidente della LUISS e di Confindustria Luigi Abete).

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Ci si incontrava la domenica mattina, all’unica edicola aperta nel quartiere Monti, a Roma, dove spesso era possibile incrociare altre due figure illustri della Sinistra italiana dell’epoca: Giorgio Napolitano, insieme alla sua immancabile consorte, e Marcello Stefanini, tesoriere nazionale del PCI.

A dieci anni dalla sua morte, Radici Future Produzioni pubblica “Gino Giugni - Il coraggio dell’innovazione” di Roberto Voza. Il libro, che inaugura la nuova collana editoriale: I Formiconi - Protagonisti al Sud del 900, rievoca la figura del giuslavorista, politico e accademico italiano - gambizzato dalle Brigate Rosse - ripercorrendone la straordinaria vicenda intellettuale, trascorsa in Puglia dal 1960 al 1975, in una stagione fondamentale anche per la trasformazione culturale, sociale e politica del Paese.

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Sono gli anni in cui Giugni fondò la ‘Scuola’ barese di Diritto del Lavoro. contribuendo alla realizzazione di una fondamentale fase di riforme, di cui lo Statuto dei lavoratori rappresenterà l’espressione più nota.

“Gino Giugni - sottolinea Roberto Voza - è stato profondamente, verrebbe dire: radicalmente, innovatore, imprimendo una traccia indelebile nell’insegnamento universitario, nella ricerca scientifica, nella progettualità normativa, nell’attività svolta al servizio delle istituzioni”.

A scrivere la prefazione del lavoro di Voza è la giudice della Corte Costituzionale, Silvana Sciarra, che ricorda: “Dall’osservatorio dell’Università di Bari Giugni ha seguito, e in gran parte determinato, i passaggi più rilevanti per l’innovazione del diritto del lavoro”.

Il libro ricostruisce le principali tappe di questo percorso, scavando nella biografia del protagonista, anche attraverso i materiali di archivio custoditi nell’Ateneo di Bari e presso la Fondazione Nenni a Roma.

Una storia disvelatrice, da leggere per chi allora c’era, ma soprattutto per chi non c’era, a cui il libro offre l’opportunità di conoscere, e magari scoprire, un esempio di grande acume intellettuale e di rigoroso impegno morale e civile. A cui il Paese ed anche l’Europa, in ogni caso, devono molto.

“Noi tutti socialisti guardavamo a lui con grande interesse, forse con molta più attenzione di quanto lui riuscisse a dedicare al Partito socialista pugliese e barese, in particolare”, ricorda Gianvito Mastroleo, presidente della Fondazione ‘Giuseppe Di Vagno’.

“Anche se i suoi legami incrociavano più la Segreteria del partito che la stessa struttura nazionale, o la rete delle federazioni diffuse nel Paese, nei suoi interventi pubblici Gino Giugni non ha mai omesso di rivendicare le sue radici socialiste e riformiste”.

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“Negli anni della crisi del PSI lui ebbe esitazioni - sottolinea Mastroleo - con frequentazioni alquanto assidue con il PDS, ma alla fine ha concluso la sua avventura umana e politica all’interno della tradizione del socialismo italiano, e in particolare con quello che al tempo era lo SDI: non avendo mai fatto mancare la sua partecipazione ai Congressi e alle riunioni della Direzione”.

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“Quando la Città di Bari decise di gratificarlo con la “Cittadinanza onoraria” - conclude Mastroleo - l’estensore della biografia contenuta nella Delibera del Consiglio Comunale si “dimenticò” di segnalare la sua appartenenza al socialismo italiano. Fui costretto a farlo io, con un articolo dal titolo: Ma Gino Giugni era socialista!”

“Pensando al futuro - scriveva Gino Giugni nella sua autobiografia - spero che il centrosinistra riesca a costruire un progetto politico riformista credibile, che possa portare davvero a una nuova stagione della politica italiana. Mi auguro, almeno, di non vedere più un partito socialista schierato con la destra”.

(gelormini@gmail.com)

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