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Giornata della Memoria, la resilienza di canti e musica per tenerla in vita

La musica come sforzo di resilienza per tenere viva la memoria Il lamento che si fa canto per testimoniare forza d'animo e rifiuto della rassegnazione.

La musica come sforzo di resilienza per tenere viva la memoria. Il lamento che diventa canto per testimoniare il rifiuto della rassegnazione e l'esortazione alla forza d'animo. Le celebrazioni per la Giornata della Memoria 2022 hanno tutta l'aria di essere segnate in tal senso.

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A Bari, nel Teatro Margherita, qualche giorno fa la presentazione del volume di Francesco Lotoro “Un canto salverà il mondo” (Feltrinelli editori), sulla ricostruzione di un archivio straordinario e unico al mondo: un viaggio nella Musica e nella Storia, che svela un modo nuovo di raccontare i capitoli più bui del Novecento, indagando le strategie del genio creativo e dell’emozione, attraverso le quali una vicenda umana può entrare in una partitura e da qui oltrepassare le maglie del suo tempo per accedere all’eternità.

A dialogare con l’autore: il direttore del dipartimento Turismo, Economia della cultura e Valorizzazione del territorio della Regione Puglia Aldo Patruno e la giornalista Fiorella Sassanelli, mentre al giovane violinista Paride Losacco sono stati affidati gli intermezzi musicali. Incontro aperto e inrodotto dall’assessora alle Culture del Comune di Bari Ines Pierucci.

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“Raccontare la musica concentrazionaria sopravvissuta alla deportazione attraverso l’opera monumentale di Francesco Lotoro ha un duplice, importante obiettivo - ha sottolineato Ines Pierucci - se da un lato, infatti, rappresenta un modo nuovo di raccontare i capitoli più bui del Novecento, dall’altro restituisce la storia al futuro, alle nuove generazioni. Alla politica spetta il compito di trasformare la memoria in sguardo potente sul domani: per questo abbiamo voluto sul palco Paride Losacco, giovanissimo e promettente musicista, ad eseguire - tra altri lavori - una sonata scritta da Sandor Kuti durante la prigionia utilizzando il violino di Auschwitz*, prestatogli proprio da Lotoro per l’occasione".

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"Nei campi di sterminio alla musica imposta come strumento di oppressione si contrapponeva quella suonata, e talvolta composta, segretamente dai prigionieri, che proprio attraverso la musica esprimevano le proprie paure e speranze come forma di resistenza. L’opera di Lotoro è frutto di un’impresa di straordinario valore storico, civile e morale”.

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Da più di trent’anni Francesco Lotoro, pianista e compositore, recupera la musica scritta nei Campi di concentramento e nei luoghi di cattività civile e militare tra il 1933, anno dell’apertura del Lager di Dachau, e il 1953, anno della morte di Stalin e graduale liberazione degli ultimi prigionieri di guerra detenuti nei Gulag sovietici. Il libro racconta la sua ricerca, che con un instancabile lavoro di recupero, studio, revisione, esecuzione e registrazione ha portato alla costruzione di un archivio di ottomila opere di musica concentrazionaria, diecimila documenti di produzione musicale nei Campi (microfilm, diari, quaderni, registrazioni fonografiche, interviste a sopravvissuti) e tremila pubblicazioni universitarie, saggi di musica concentrazionaria e trattati musicali prodotti nei Campi.

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“La musica prodotta in cattività - ha detto Lotoro - aveva poteri taumaturgici, rovesciava letteralmente le coordinate umanitarie dei siti di prigionia e deportazione, polverizzava le ideologie alla base della creazione di Lager e Gulag. Forse non salvava la vita, ma sicuramente questa musica salverà noi”.

Per la cronaca, il violino di Auschwitz, oggi patrimonio della Fondazione Istituto di Letteratura Musicale Concentrazionaria di Barletta, è appartenuto al violinista polacco Jan Stanislaw Hillebrand, che suonava nell’orchestra di Auschwitz. A donarlo alla Fondazione è stata la vedova, Hanna Hildebrand, che vive a Bay City, nel Michigan. Il violino è stato restaurato dal liutaio Bruno Di Pilato di Ruvo di Puglia.

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"Meglio non sapere" è invece il libro, edito da Laterza, nel quale la giornalista e scrittrice Titti Marrone racconta la storia di tre bambini napoletani deportati ad Auschwitz con le loro madri, che diventa uno concerto-riflessione in occasione della Giornata della Memoria. 

Giovedì 27 gennaio, alle ore 18,00 nell’auditorium della Biblioteca Nazionale Sagarriga Visconti Volpi di Bari, sarà presentata una lettura scenica ideata e diretta da Flavio Maddonni, sottolineata dall’esecuzione di musiche della tradizione ebraica assidica e yiddish con Maurizio Pellegrini voce recitante, lo stesso Flavio Maddonni al violino, Giambattista Ciliberti al clarinetto e Antonino Maddonni alla chitarra. L’iniziativa è realizzata dall’associazione MisureComposte in collaborazione con la Biblioteca Nazionale e il direttore Michele Giannone.

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In forma di reportage narrativo, Titti Marrone - giornalista del quotidiano Il Mattino di Napoli che si è occupata a lungo di storia del Mezzogiorno, pubblicando negli anni Ottanta vari libri, tra cui "Riforma agraria e questione meridionale" con Pasquale Villani - racconta una storia vera, venuta pienamente alla luce solo da poco tempo. La storia di tre bambini deportati con le loro madri ad Auschwitz, le sorelle Tatiana e Andrea Bucci, che nel 1943 avevano 4 e 6 anni, e il loro cuginetto di 6, Sergio De Simone. Tatiana e Andra saranno le più giovani italiane sopravvissute al lager, cui scamperanno dopo un periodo trascorso in Cecoslovacchia e un altro vissuto in Inghilterra, dimenticando del tutto l’italiano. Sergio sarà, invece, selezionato per esperimenti medici e, infine, sterminato dai suoi carnefici quando le truppe dei liberatori sono ormai alle porte del campo.

Al concerto si accede con green pass. Info e prenotazioni 347.4567734.

(gelormini@gmail.com)

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Pubblicato sul tema: Francesco Lotoro e la forza della musica sopravvissuta nei campi della Shoah

                                    Giornata della Mmemoria, Lotoro e Malosti a Bari tra musica, teatro e versi