Ghetto Italia: il libro,
le minacce e la solidarietà
Qualche settimana fa Leonardo Palmisano e Yvan Sagnet hanno ricevuto e denunciato minacce e intimidazioni a seguito della pubblicazione del loro libro Ghetto Italia pubblicato da Fandango Libri.
Si tratta di una escalation che li vede coinvolti separatamente, come nella più pura tradizione mafiosa. Tutto questo avviene pochi giorni prima del rogo che distrugge due tra i più terrificanti ghetti descritti ampiamente nel reportage.
La denuncia della Fandango Editore è diretta: "Ghetto Italia sta evidentemente toccando interessi economici vasti e strettissimi intrecci di potere tra impresa, criminalità e politica. Si tratta di un sistema nazionale duro da sconfiggere, contro il quale i due autori hanno puntato l’indice'.
I messaggi di soladirietà e di sostegno ormai non si contano più: "Abbiamo appreso delle minacce e delle intimidazioni di cui è stato oggetto Leonardo Palmisano, nostro collaboratore, insieme ad Yvan Sagnet, autori di "Ghetto Italia", edito da Fandango", comunica la redazione di "Sul Romanzo.it"
Che poi aggiunge: "Il libro, che denuncia lo sfruttamento dei braccianti in Italia in un settore, quello agricolo, che risulta primario per l’economia del nostro Paese, ha aperto la strada a un ampio dibattito sul tema, andando a toccare temi e questioni che, evidentemente, non sono passati inosservati a chi preferisce continuare a gestire nell’ombra e nel silenzio questa nuova forma di schiavitù".
"Dall’Italia alla Romania, dall’Africa alla Bulgaria, Leonardo ha provato a dare voce a chi non ce l’ha, a chi è finito troppo spesso vittima del caporalato e della mancanza di controlli da parte delle istituzioni. È per questo che tutta la redazione di Sul Romanzo (così come già fatto anche da Amnesty International Italia), esprime a Leonardo Palmisano e a Yvan Sagnet la sua massima solidarietà".
Il senatore Dario Stefàno, impegnato in Senato con ddl di contrasto al caporalato a propria firma - attualmente in esame nella Commissione Agricoltura di Palazzo madama - affida ai social network il suo messaggio: "Tutta la mia solidarietà a Leo Palmisano e Yvan Sagnet, autori del reportage "Ghetto Italia" e destinatari purtroppo di gesti intimidatori e fatti gravi. Con loro condivido, seppur con ruolo diverso, la stessa ambizione: liberare questo Paese da una delle piaghe sociali ed economiche più drammatiche, il caporalato, e combattere razzismo, sfruttamento e indifferenza".
"Li invito pertanto ad andare avanti - aggiunge Stefàno - con maggiore coraggio e ancora più determinazione nell'attività di denuncia di una brutale realtà su cui è necessario continuare a mantenere alta la guardia e per cui occorre trovare velocemente soluzioni a più livelli. Anche alla luce del recente grave episodio che torna a investire nuovamente la Puglia: l'incendio al ghetto di Rignano".
----------------------------------------
La prefazione di "Ghetto Italia" di Leonardo Palmisano e Ivan Sagnet - Fandango Editore, 2015:
Per cominciare
Yvan e io ci siamo conosciuti stendendo due rapporti per la Flai Cgil Puglia sulla condizione dei braccianti stranieri. È stato discutendo del nuovo caporalato che abbiamo intuito quanto il sistema non si basi soltanto sullo sfruttamento lavorativo, ma investa ormai gli aspetti sociali della
vita dei migranti.
Si tratta di un modello di potere che estende la sua rete di ricatto su tutto il territorio italiano, da Sud a Nord. Il nuovo caporalato si allunga nel tempo e nello spazio, ridefinendosi dentro i confini nazionali con una crudeltà impensabile fino a qualche anno fa. E agisce con la complicità del capitalismo agricolo italiano, del sistema agroindustriale multinazionale e della grande distribuzione globale, che fissano il prezzo dei prodotti ex ante senza tener conto del costo del lavoro, degli ammortizzatori sociali e del costo in vite umane. Solo nell’estate 2015 ci sono stati almeno tre morti nei campi italiani: questo vorrà pur dire qualcosa.
Come se ciò non bastasse, lo sfruttamento criminale fonda oggigiorno la sua ragion d’essere sul commercio
dei servizi e dei beni destinati ai braccianti. È qualcosa che s’intreccia, se vogliamo, col cosiddetto sistema Mafia Capitale.
Si parte dal trasporto, si arriva all’alloggio e si finisce con il cibo, le cure mediche, la corrente elettrica,
l’acqua, il sesso: tutto venduto a caro prezzo, soprattutto quando gli immigrati sono “rinchiusi” in quartieri spontanei che essi stessi non disdegnano di chiamare, con una certa ironia, Ghetti. È, questo dei ghetti, il fenomeno più illuminante della vicenda poiché - si tratti di baracche, di tende, di capannoni o di brande poste all’aria aperta - la condizione abitativa rivela la brutalità della vita di questi
lavoratori.
Nei ghetti non c’è igiene e non c’è privacy, ci sono forme più o meno spontanee di socialità comunitaria,
talvolta religiosa, ma soprattutto rigide gerarchie di potere e di comando. Le medesime gerarchie che sottopongono i braccianti a un regime di quotidiano superlavoro, dove, per dirla con Marx, “la giornata lavorativa
è una grandezza variabile [...] non fissa, ma liquida” (Il Capitale, Libro primo, cap. VIII, La giornata lavorativa)
e può durare otto come quindici ore.
Per questi motivi abbiamo deciso di intraprendere un viaggio di conoscenza dall’interno dei ghetti, coprendo
una porzione d’Italia ma sapendo di non aver toccato il fenomeno in tutta la sua interezza. Ci scusiamo allora con quei e con quelle migranti che non abbiamo raggiunto, che non abbiamo ascoltato, che abbiamo lasciato al buio o nel loro mutismo. A loro, ai tanti ancora senza voce e senza luce - e a quelli che ci hanno rimesso la vita nei campi - vogliamo dedicare questo racconto.
(gelormini@affaritaliani.it)