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Il 'Pentateuco Troiano' di Gelormini e la Bibbia in pietra dei poveri
Le riflessioni di Nicola Pice sul 'Pentateuco Troiano' di Antonio V. Gelormini - Radici Future Produzioni.
di Nicola Pice
All’ombra del Teatro ‘Tommaso Traetta’ di Bitonto, presso la Libreria del Teatro di Gianluca Rossiello, in una bella serata d'inizio autunno, la presentazione del bel libro “Pentauteco Troiano” di Antonio V. Gelormini - Radici Future Produzioni.
Il noto saggista-scrittore abbina idealmente ai primi cinque libri della Bibbia cinque particolari della famosa cattedrale di Troia: alla Genesi (il libro con la storia degli antenati) il portale bronzeo di Oderisio da Benevento; all’Esodo (il libro della liberazione dall’Egitto e dell’alleanza del Sinai) il bassorilievo dell’Ambone al centro di una secolare disputa teologica, che ha conosciuto come parte attiva l’allora cardinale Joseph Ratzinger poi papa Benedetto XVI; al Levitico (il libro del rituale dei sacrifici) la navata con le sue dodici colonne, di cui una doppia; al libro dei Numeri (la ripresa del cammino nel deserto) il Rosone di fattura arabesca; al Deuteronomio (il libro del codice di leggi civili e religiose e della morte di Mosè) l’affresco tardogotico della “Dormitio Virginis”.
Ecco allora un libro sulla funzione della Cattedrale come Bibbia dei poveri, come spazio dei tempi e “speculum mundi”, con l’artifex che funge da trait d’union tra il visibile e l’invisibile, tra il sacro e il profano, tra il definito e l’indefinibile.
“L’ignoranza delle Scritture è ignoranza di Cristo” diceva san Gerolamo, grande studioso della Bibbia, morto nel 420 e, certo, non è un caso che 1600 anni dopo papa Francesco abbia firmato la lettera apostolica “Aperuit illis”, stabilendo la terza domenica del tempo ordinario come la domenica della Parola di Dio, ossia una domenica in cui celebrare, far riflettere, divulgare il Dei Verbum.
Difatti, nel passo di Luca (24,45): “Allora aprì loro (aperuit illis) la mente all’intelligenza delle Scritture”, Gesù risorto appare ai discepoli radunati insieme, impauriti e delusi, e rivela loro il senso del mistero pasquale.
Tra i diversi pregi del libro di Gelormini, il maggiore - a mio parere - è proprio qui, nel riportare l’attenzione, come era per l’uomo medievale, ai significati letterali e allegorici della Bibbia, oggi piuttosto impolverati e patrimonio di pochi privilegiati.
I libri della Bibbia sono invece testi sacri, che troviamo chiaramente scolpiti nelle pietre delle nostre Cattedrali, con lo scopo di prefigurare un percorso di iniziazione cristiana (alla fede) e capaci di indirizzare verso una prospettiva escatologica.
Nelle cattedrali la parte visibile della Ecclesia materialis rimanda all’elemento invisibile della Ecclesia spiritualis e tutto si trasforma in simbolo. La conferma è anche nella iscrizione, che è alla base dell’architrave del portale centrale della cattedrale di Troia: Istius ecclesiae per portam materialis / introitus nobis tribuatur spiritualis, attraverso la porta di questa chiesa materiale ci sia accordato il percorso verso la fede.
“Ecclesia dicitur domus spiritualis, vel ratione fidei, et materialis, cum constet capite et membris corporis”, aveva detto San Tommaso nella sua Summa Theologiae.
Il libro di Gelormini, con la sua scrittura agile, apre a nuove curiosità e sollecita nuove incursioni verso lo sconfinato patrimonio della nostra terra di Puglia, con la consapevolezza che il nostro futuro è nelle nostre radici.