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'Il Pianeta che speriamo' Settimana Sociale Taranto: Ambiente, Lavoro e Futuro

94 Vescovi, circa 1000 delegati da 221 diocesi, fino a domenica a confronto a Taranto su Sviluppo, Ambiente e Lavoro, per la 49^ Settimana Sociale dei Cattolici

Ben 94 Vescovi, circa 1000 delegati da 221 diocesi, fino a domenica si confronteranno a Taranto al PalaMazzola su Sviluppo, Ambiente e Lavoro, per la 49^ Settimana Sociale dei Cattolici.

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Nel messaggio di Papa Francesco, letto in apertura dall’arcivescovo di Taranto e presidente del Comitato scientifico e organizzatore, Filippo Santoro: "Il cambiamento d’epoca che stiamo attraversando esige un obbligo di svolta. Esige coraggio - sottolinea  il Pontefice - non possiamo rassegnarci e stare alla finestra a guardare, non possiamo restare indifferenti o apatici senza assumerci la responsabilità verso gli altri e verso la società".

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E nel video massaggio che lo acompagnava, il Santo Padre ha ribadito: "In queste giornate rifletterete su un tema molto importante, che riguarda il futuro nostro: 'Il pianeta che speriamo’. Un tema che, inisme alla speranza, esprime la voglia di riscatto, grida stili di vita rinnovati, in cui lavoro e futuro non siano in contrapposizione, ma in piena armonia tra di loro".

"Non bisogna mai dimenticare che tutto è connesso”, ha ricordato Francesco, concludendo con un “Incoraggiamento particolare ai giovani: insegnateci a custodire il creato! Siete il presente, siete l’oggi del pianeta. Non sentitevi mai ai margini, i vostri sogni devono essere i sogni di tutti”. Infine, il pensiero del Papa è andato “A tutte le mamme e a tutti i papà che hanno pianto e piangono per la morte e la sofferenza dei loro figli", per la realtà dolorosa che Taranto e molte delle sue famiglie subiscono.

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Il percorso della Settimana Sociale a Traranto è quindi tracciato: "Il pianeta che speriamo. Ambiente, lavoro, futuro. #Tutto è connesso". A fare da apripista è il cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Conferenza Episcopale Italiana (CEI): "E' tempo di fare un balzo in avanti. E' tempo di assumere uno sguardo lungo sulle sorti dell’Europa e soprattutto dell’Italia. Una sorta di "profezia sull’Italia", perchè "E' necessaria una voce alta e autorevole, che sappia leggere i segni dei tempi: ovvero sappia comprendere e interpretare questo scorcio di XXI secolo. Sbaglieremmo tutti - ha ammonito Bassetti - se pensassimo che, finita la pandemia, tutto ritornerà come prima. Non sarà così".

Lo evidenziano gli eventi dell’attualità, che restano alquanto inquietanti, per questo il cardinale si dice: "Pofondamente amareggiato e deluso per i troppi incidenti che avvengono nell’ambito del lavoro". E nel ricordare i morti della pandemia, ha rievocato con preoccupazione le immagini delle proteste e dei disordini di piazza in alcune città italiane. "C’è un malessere sociale che cova nelle viscere della nostra società e che riemerge ogni volta che c’è una crisi umanitaria: in precedenza erano i migranti, oggi la pandemia".

Altri segnali in tal senso arrivano anche dal fronte internazionale, con il baricentro del mondo che si sta spostando verso Oriente e in cui l’Europa rischia di diventare "periferia", come ha segnalato Bassetti:. "Una terra di vecchi, caratterizzata da un gelido inverno demografico, da uno sviluppo economico sempre più asfittico e, infine, una terra che sta abbandonando, neppure troppo lentamente, il cristianesimo. E l’Italia corre il pericolo di essere l’estrema periferia di questo mondo periferico".

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"Ecco perché serve 'una profezia per il nostro Paese' - ha detto con forza il presidente della Cei - che sia anche missione per il futuro, per essere alla testa di quei promotori che vogliono realizzare concretamente questo mondo di pace. Una responsabilità consegnata con fiducia ai giovani, con l’auspicio che non si lascino sedurre dalle vecchie ideologie del Novecento e che non rimangano abbagliati dai nuovi demagoghi. L’epoca dei pifferai magici è passata e non deve tornare più". Ricordando con emozione anche la Messa di Paolo VI all'allora Italsider, con le indimenticate e accorate parole ai lavoratori tarantini, nonchè la chiosa della 'Chiesa che non è matrigna, ma è madre per tutti'.

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A riprendere il filo che servirà a tessere la trama di questo appuntamento, fortemente voluto a Taranto dal padrone di casa, è stato lo stesso Mons. Santoro: "La Chiesa italiana ha la responsabilità di tracciare una parabola che non fronteggi l’emergenza della salute, dell’ambiente, del lavoro, con rattoppi dell’ultima ora, ma che sia lungimirante, che ponga le basi di una crescita per le nuove generazioni, che esprima la cura dell’educare e della gratuità".

"La bussola - ha precisato - ci è data dalla Laudato Si’, quando parla di sguardo contemplativo ed ecologia integrale e dalla Fratelli tutti, quando indica una urgenza fondamentale per l’umanità nel passaggio dall’io al noi, presentandoci l’icona del Buon Samaritano. Vogliamo essere protagonisti e non spettatori della transizione ecologica".

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"Cosa vogliamo testimoniare in questa Settimana Sociale? - ha proseguito l'arcivescovo di Taranto - La determinazione nel continuare il cammino sinodale svolto sin qui nella preparazione di questa Settimana. Il Papa ci incoraggia in questa attività sinfoniale a camminare sulla stessa strada, insieme. Nello specifico di Incontrare, ascoltare, discernere. Sono appunto i tre verbi del Sinodo".

"In sostanza - ha cconcluso Santoro - dobbiamo avere il coraggio, anche di vincere il nostro impacciato imbarazzo nel ripartire dai volti delle persone, morte e ferite per causa dell’inquinamento ambientale, dal volto ferito di tutta la Casa comune, e dalle vittime del lavoro. Dobbiamo ricominciare dai giovani che sono stati determinanti nella preparazione di questa settimana e che lo saranno nella sua realizzazione come elemento essenziale quando parliamo di presente, di futuro e di sostenibilità".

(gelormini@gmail.com)