PugliaItalia
Irma Melini e l'illustre
precedente di A. Salandra
L'inqualificabile insulto a Irma Melini su una scheda per le votazioni durante una seduta del Consiglio Comunale di Bari
Inqualificabile quanto accaduto in Consiglio Comunale a Bari a Irma Melini, vittima di un pesante insulto sessista scritto su una scheda, nel corso di alcune votazioni. La frase offensiva, durante lo spoglio, tra l'imbarazzo personale e quello generale, è stata letta dal presidente Pasquale Di Rella e la seduta del Consiglio è stata sospesa.
“Sono qui ad esprimere la mia solidarietà alla consigliera Irma Melini, non in quanto uomo ma in quanto rappresentante delle istituzioni", ha immediatamente commentato il sindaco Antonio Decaro, "Perché chi ha scritto quella parola offensiva, sessista e stupida su quella scheda, ha sporcato l’Aula consiliare stessa, ha svilito l’istituzione che rappresentiamo, a questo punto mi viene da dire, indegnamente. Mi auguro che la consigliera Melini vorrà accettare la solidarietà mia e della giunta e le scuse dell’intero Consiglio comunale”.
“A tutti vorrei ricordare - ha aggiunto Decaro -che, nell’aula Dalfino, si è esercitata la politica e l’amministrazione nelle sue forme più nobili, ed è a quell’esempio che dobbiamo tutti guardare. Possiamo scontrarci, lottare per le nostre idee, portare avanti con passione le nostre convinzioni, ma dobbiamo farlo nel rispetto del ruolo che ricopriamo e delle persone che abbiamo l’onore di rappresentare. Se non saremo capaci di fare questo, potremo ritenere fallito il nostro compito di uomini e donne prima che di politici”.
Solidarietà anche dalle consigliere Francesca Contursi, Anita Maurodinoia e Alessandra Anaclerio, e le assessore Francesca Bottalico, Carla Palone, Carla Tedesco e Paola Romano che hanno anche diffuso una nota congiunta: “Condanniamo fermamente l’atto vergognoso compiuto in un’aula istituzionale, un luogo che rappresenta l’intera città di Bari. Il dibattito in aula consiliare dovrebbe essere esempio di confronto civile nella libera espressione di posizioni, anche contrapposte, e il ricorso all’offesa sessista e volgare non è in alcun modo ammissibile. Ciò che è accaduto è un gesto vile, deplorevole e inaccettabile, perché le parole hanno un peso e possono ferire”.
“Si parla tanto della violenza di genere e dell’importanza di linguaggi nuovi, inclusivi e rispettosi di ogni differenza - continuano - e poi accade che, nella massima assise cittadina, ci si esprima in maniera oltremodo offensiva per ogni donna. Quello di oggi è un insulto alla persona, al genere e all’istituzione. Per questo esprimiamo la nostra piena solidarietà alla consigliera Melini, auspicando di non assistere mai più a episodi ignobili come quello offertoci questo pomeriggio. Non smettere mai di indignarsi”.
Dopo averlo fatto 'de visu' , da "troiano" voglio ancora esprimere vicinanza e solidarietà a Irma Melini. Ma, sapendo che la cosa potrebbe strapparle persino un sorriso, lo faccio ricordando a lei e ai lettori di Affaritaliani.it il precedente illustre, che vide protagonista uno dei due Presidenti del Consiglio che la Puglia ha dato al Paese: Antonio Salandra (l'altro è Aldo Moro).
La vena oratoria di Antonio Salandra, che affidava all’arte dello sberleffo l’affondo deciso, leggero, ma più pungente, per affermare la verità - spesso scomoda e difficile da accettare - talvolta era peggio di una rasoiata. Un'arte non a caso forgiata più sulla sedia dal barbiere, che nel Circolo Ricreativo del paese.
Un’arte che i colleghi parlamentari avevano avuto modo di assaggiare, proprio nella dolcezza inclemente dell’affondo, allorquando alla Camera dei Deputati durante un dotto intervento di Politica agraria, più lungo del solito, Giustino Fortunato - con un gruppo di insofferenti - aveva provato a sbeffeggiarlo: “E dai, s’è capito! Tanto, sempre figlio di Troia rimani”.
Antonio Salandra si fermò, raccolse lentamente i fogli con gli appunti del suo intervento e guardandoli fisso negli occhi replicò con sarcasmo: “Sì, certo colleghi. Ma a me fu patria! Mentre a tanti, in quest’aula, fu madre!”. E tra lo scrosciare degli applausi si risedette.
Non hai attaccato me. Hai attaccato tutte le donne che si battono per essere libere e per incidere in questa società , ma hai anche attaccato coloro che hanno scel...to di restare un passo indietro, come le mamme, le mogli, le professioniste e le dipendenti che non appaiono, ma ci sono. Noi donne esistiamo sempre.
Quando il Presidente Di Rella ha letto quelle terribili parole io ho pensato solo: perché? Perché così cattivo, perché sei seduto davanti a me e ti sei nascosto dietro un voto segreto? Perché ti siedi ancora a rappresentare i baresi dopo aver dimostrato di essere indegno? Sono stata sopraffatta da un pianto fragoroso e non liberatorio. Sarà liberatorio quando saprò chi è e mi sarò battuta per mandarlo via dal Consiglio comunale. Vergogna.
Ve lo dico con il cuore: grazie".
(gelormini@affaritaliani.it)