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Klodiana Cuka - Integra Onlus: 'Accoglienza, ecco cosa non funziona più'

Con una sentenza di 20 pagine la Corte di Giustizia UE condanna l'Italia per i ritardi degli enti pubblici nel saldare i propri debiti. La nota di Integra Onlus

Con una sentenza di venti pagine la Corte di Giustizia Ue condanna l'Italia per i ritardi degli enti pubblici nel saldare i propri debiti. “L'Italia avrebbe dovuto assicurare il rispetto da parte delle pubbliche amministrazioni, nelle transazioni commerciali con le imprese private, di termini di pagamento non superiori a 30 o 60 giorni”, segnalano nella sentenza i giudici del Lussemburgo, constatando la violazione della direttiva europea del 2011.

Corte UE debiti

La sentenza arriva a seguito delle numerose denunce presentate da imprese e associazioni di categoria italiane, tanto che nel 2014 la Ue ha aperto una procedura di infrazione contro l'Italia sfociata in un ricorso alla Corte di Giustizia. Ora, secondo i giudici, la direttiva impone di assicurare l'effettiva osservanza delle scadenze.

Le opposizioni cavalcano la questione, ma anche Confindustria, Ance e Confartigianato sottolineano il record negativo dell'Italia, per il primato raggiunto dai debiti commerciali della pubblica amministrazione verso le imprese: il 3% del Pil.

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Sistema accoglienza, Integra Onlus "Che cosa non funziona più"

di Klodiana Cuka

Integra Onlus, in prima linea dal 2011 sul fronte Accoglienza dei Migranti e Richiedenti Asilo e che nell’autunno scorso è stata costretta abbandonare ogni attività di accoglienza, chiudendo una dopo l’altra ben 55 strutture di accoglienza - lasciando a casa oltre 100 dipendenti e collaboratori - “grazie” ai ritardi dei pagamenti da parte delle Prefetture, accoglie piacevolmente la sentenza della Corte Europea.

Il verdetto condanna l’Italia proprio per i ritardi dei pagamenti, da parte della PA, e per la violazione delle leggi a tutela delle piccole e medie imprese, che sono uno dei motori trainanti dell’economia italiana, in un paese unico per la vocazione turistica, artigianale e di welfare, proprio perché caratterizzato da un tessuto sociale economico intersecato e con enorme potenziale plurivalente.

In ogni caso, questa prima sentenza, si accoglie con l’amaro in bocca e un nodo di rabbia in gola: infatti, non ci saranno mai sentenze e neanche soldi di interessi maturati, che potranno pagare i danni consequenziali ad un fallimento d’impresa o a una chiusura delle attività, per tante piccole e medie realtà distrutte e azzerate, così come mai nulla potrà ripagare i tanti disoccupati prodotti e il venir meno di tanti servizi alle comunità! Nulla potrà risarcire i tanti sogni infranti e tutti i sacrifici vanificati!

Corte UE flag

Detto ciò, questa sentenza incoraggia e ripaga almeno in parte l’impegno di chi da anni è in prima linea a denunciare e ad innalzare il proprio urlo disperato di rabbia agostiniana Gino a Bruxelles (e grazie a Dio sono, siamo in tanti a reagire con coraggio e veemenza contro questa palese ingiustizia, alla portata di tutti), perché significa che qualcosa sta cambiando e soprattutto si auspica che anche la Pubblica Amministrazione italiana ed i funzionari che si trovano nei posti cruciali possano acquisire la dovuta consapevolezza, affinché  anche l’Italia cambi registro, proprio per la salvaguardia soprattutto delle piccole e medie imprese, cooperative e Onlus, le più penalizzate ma che con coraggio hanno deciso di collaborare con lo Stato!

Siamo l’unico paese in Europa che paga con estrema calma su appalti avviati, unico Stato in Europa che ti costringe ad affrontare le attività e le spese anticipando tutto con denaro prestato onerosamente dalle banche, di fronte a proprie garanzie degli imprenditori.

corte UE giudici

Penso, che tra le tante vicende, purtroppo finiti anche in suicidi, sia rimasta impressa nella memoria di tutti il dramma dell’imprenditore brianzolo Sergio Bramini, che si incateno’ invano per non farsi portare via la casa. Bramini, così come Integra Onlus dovevano incassare milioni di euro dalla Stato, ma non avevano più la liquidità per pagare il Durc perché le banche avevano smesso di dare fiducia!

E c’è ancora di più: per assurdo quando si andava per sollecitare, a volte disperati, presso le amministrazioni per poter affrontare le spese quotidiane e pagare gli stipendi ai dipendenti che con amore e pazienza servivano chi aveva rischiato la vita nel deserto e nel mare (riporto la mia esperienze diretta visto che abbiamo collaborato in questi nove anni con 10 Prefetture e 15 Comuni) non potrò mai dimenticare l’umiliazione nel sentirmi dire da più di un funzionario e non solo: “quando mai si è pagato entro 30/60 gg?! L’Italia ha sempre funzionato così!

Nelle convenzioni si scrive giusto per ... calma e pazienza, tanto ci sono le banche che vi anticipano le fatture e che volete se non avete soldi non partecipate negli appalti...” questo quando parliamo comunque di funzionari onesti che inghiottiti dal rilento della macchina burocratica italiana, in un vortice e per inerzia, cercano di fare il proprio lavoro... l’altra faccia della medaglia, la spietata feroce e spudorata faccia della corruzione o la superbia istituzionale e l’arroganza dell’onnipotenza smisurata meglio non commentarla... lasciamo fiduciosi alle Procure fare il lavoro di competenza.

Cuka Klodiana

Integra ha fatto sempre la sua piccola parte, scrivendo a tutti i livelli, denunciando sempre sia con le lettere aperte e non solo, tale disfunzionamento tremendo italiano che non è altro che una tragedia annunciata, sotto gli occhi e le coscienze indifferenti di tutti! Dramma che ha rubato e ruba  la dignità ai lavoratori e anche agli imprenditori che rischiano tutto per far nascere con passione, coraggio e inventiva delle realtà che possano generare benessere e lavoro.

Ogni impresa deve generare benessere in Bil ed in Pil, quindi benessere umano prima di tutto e poi economico e se così può essere per colpa di uno Stato che non adempie il proprio dovere, perché non è accettabile pagare i dipendenti con 4/5/6 e un anno di ritardo, meglio chiudere ma Mai rassegnarsi!!!

Per ogni impresa/Onlus/cooperativa che fallisce e chiude lo Stato Civile muore e si afferma incapace di valorizzare e far crescere i propri migliori Uomini e Donne, coraggiosi e onesti, ma ahimè la storia italiana anche in questo non ci dà ragione dai tempi di Napoleone!

Klodiana ntegra

Infatti usciamo da un anno disastroso, per restare nel tema a noi vicino, delle politiche migratorie e purtroppo correlate alla corruzione, il 2019 si è chiuso, caratterizzando le politiche migratorie in negativo, specie dopo l’emanazione dei c.d. “Decreti Sicurezza”, voluti fortemente dall’allora Ministro dell’Interno, Matteo Salvini, come una bandiera del suo progetto sovranista e populista.

Quei decreti sono ancora lì, in attesa di modifiche ancora nebulose, a testimoniare il passo indietro sull’accoglienza e soprattutto sull’integrazione dei migranti nel nostro Paese. Il fenomeno emergenziale, che aveva avuto il picco di sbarchi nel 2015 è stato ridimensionato nell’ultimo anno, con un calo degli arrivi di oltre il 40%, anche se è cresciuta soprattutto la così detta “rotta balcanica”, rispetto a quella storica del Nord Africa.

corte debito Italia

Ad oggi registriamo però lo smantellamento, pressoché totale, delle positive esperienze dell’accoglienza diffusa degli Sprar, ma anche dei Cas più avanzati. In particolare, quest’ultime sono state oggetto di un’attenta sperimentazione proprio da Integra Onlus, in diverse regioni, pagando però più di altre un prezzo altissimo in questa fase convulsa di emergenza, quasi con una “caccia alle streghe”, lanciata verso tutti i gestori dei piccoli/medi centri di accoglienza, proprio verso lo sperimentato modello vincente dell’accoglienza diffusa.

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Certamente in uno scontro politico-istituzionale così rovente, tali tensioni erano prevedibili, ma non giustificabili, visto che i migranti costituiscono un terreno di scontro, quasi come “capri-espiatori”, etichettati in modo improprio come “clandestini”, non come richiedenti asilo. Invece non era certo prevedibile, che proprio dalle strutture burocratiche del Ministero dello Interno e segnatamente in alcune Prefetture ci fosse una chiusura ed una pervicace volontà di essere più” realisti del Re”, dopo che esso era stato deposto, nell’interpretare le norme in maniera ambigue e restrittive. Quella che argutamente uno scrittore come Ennio Flaiano aveva definito “la Calata dei Timbri” (equivalenti alla discesa degli Unni di Attila) è in realtà il dramma di una burocrazia lenta ed anchilosata, spesso corrotta, come certificano tutti i dati evidenziati in questi anni. Ora il richiamo alla stessa teoria sulla stupidità umana, di uno storico dell’economia come Carlo M. Cipolla, appare motivato per gli stessi funzionari pubblici dello Stato che pensano di essere al di sopra della legge, interpretando, se non manipolando le stesse norme attuative, specie per bloccare o rallentare i processi di pagamento, dovuti dalla P.A. Tutto questo ben sapendo che tali atti possano portare ad una crisi gravissima, specie per le piccole onlus, che non godono di protezioni nel mondo bancario ed in quello politico.

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In tal senso l’ultimo Rapporto dell’ANAC su: “La corruzione in Italia 2016-2019”, fotografa con crudezza i provvedimenti emessi dall’Autorità Giudiziaria, in tutt’Italia. Una denuncia puntuale di un fenomeno strutturato e radicato (nel triennio ben 117 ordinanze di custodia cautelare per corruzione, correlate al settore degli appalti), con casi recenti ed eclatanti come l’arresto dello stesso Prefetto di Cosenza, per una mazzetta di 700 euro, proprio nel settore dell’accoglienza dei migranti. Solo la punta di un iceberg? Sembra di sì, visti i dati allarmanti, con continui arresti, anche di livelli apicali nella dirigenza pubblica, ma dei quali si parla troppo poco.

Unione Europea

Allora non possiamo che chiedere, ad alta voce, insieme a quella di milioni di italiani, di mettere fine a questa stagione dell’odio e della corruzione diffusa, che mortifica le regole della civile convivenza e della competizione, per riaffermare il merito e la trasparenza, contro il clientelismo “fatto sistema”. La stessa Legge n.190/2012 recante: “Disposizioni per la Prevenzione e la Repressione della Corruzione e dell’Illegalità nella P.A.” deve trovare una sua puntuale e diffusa applicazione, non discrezionale, attuando altresì tutte le varie Convenzioni Internazionali in materia, come quella dello ONU del 2003 ed ancor prima quella penale sulla corruzione del 1999 (L.N.110/2012). In realtà l’intero corpus deve ricomprendere tutte le norme sia sulla corruzione, ma anche sullo stesso D.Lgs.N.33/2013, riguardante gli obblighi di pubblicità e di trasparenza, oggi marcatamente carenti e spesso aggirati da molti dirigenti pubblici. In queste ultime previsioni legislative volte “ad assicurare la conoscenza di tutti i cittadini di informazioni concernenti l’organizzazione e la attività della P.A.”

E con esse ampliare prioritariamente il diritto di accesso agli atti e documenti pubblici, che spesso risultano inevasi e di difficile esigibilità, se non attraverso lunghe e costose azioni giudiziarie. In conclusione, l’Italia, culla del diritto romano, appare in realtà sommersa da clientelismo e corruzione, con una burocrazia opaca e distratta. Una denuncia diffusa, conclamata dagli stessi organismi internazionali, come il “Corruption Perceptions Index di Transparency International (CPI) sulla corruzione percepita, con gli indicatori del “Global Competitiveness Report (GCR) del World Economic Forum, dove l’Italia occupa le ultime posizioni, insieme alla Romania ed alla Grecia.

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Quindi la scarsa trasparenza e pubblicità degli atti pubblici, si collega ancora ad un livello inadeguato delle procedure di digitalizzazione, che lasciano troppo spazio ed intermediazioni personali, se non clientelari, prima ancora da parte della classe burocratica, che di quella politica. Tutta questa tendenza è altresì confermata da altri dati come quelli forniti dagli “Sportelli Allerta Anticorruzione” (ALAC), che ad oggi hanno già segnalato oltre 300 vittime e testimoni di corruzione e malaffare. Tra questi risultano tra i più presenti e gravi, proprio quelli legati a fenomeni di abusi di potere nelle P.A., nell’ambito delle nomine, assunzioni ed esecuzioni di servizi ed appalti, con la prevalenza di “comportamenti riconducibili a clientelismo, nepotismo e baronie”, dove spesso i rapporti ed i vincoli individuali pesano molto di più del merito e della professionalità. Questa l’amara verità, che non può più essere sottaciuta, per riaprire una feconda stagione che porti al riscatto della cultura della legalità, senza ipocrisia e retorica, nel nome dei tanti martiri, come i magistrati Falcone e Borsellino, ma anche degli invisibili funzionari pubblici che fanno ogni giorno il proprio dovere, spesso senza riconoscimenti.