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"L’oro non dimentica", il noir storico-moderno nella Bologna del 1958
Le indagini corali, condotte dal taciturno Adelmo Capitani, al centro del romanzo poliziesco di Salvatore Gelsi e Roberto Rossetti nella Bologna del 1958.
E’ una doppia anima quella che emerge, come tutti i componimenti a quattro mani, da “L’oro non dimentica” il romanzo poliziesco di Salvatore Gelsi e Roberto Rossetti - Radici Future Produzioni, 2019, che dipana la sua trama avvincente tra l’ombra dei portici e la luce dei viali, tra interessi segreti e passioni diffuse, ideali condivisi e delusioni rinfacciate, ma anche cicatrici private e speranze comuni: incrociati e separati da quella cerniera metaforica rappresentata dalla Bologna del 1958.
Il raccordo anche geografico di un Paese, reduce dalla tragedia bellica, che aveva visto al Nord una guerra partecipata e al Sud una guerra alquanto subita. Nel 1958 l’Italia cambia pelle. E’ l’anno della svolta, il prologo del ‘boom economico’, del varo della legge Merlin, il principio di una serie di cambiamenti nel suo assetto sociale, nelle sue pratiche giudiziarie, nonché nelle prassi delle procedure investigative dei Commissariati di Polizia.
Gelsi e Rossetti, come due commilitoni in volante, affiatati e incisivamente complementari. pagina dopo pagina, ricostruiscono - conquistando l’attenzione del lettore e stimolandone la curiosità storica - quella sorta di rivoluzione democratica, compiutasi a partire da quegli anni nei Commissariati, attraverso le intuizioni di Adelmo Capitani e la coralità dell’attività investigativa.
In pratica, smontando l’impostazione impropria - anche se di assoluto successo - del meccanismo investigativo costruito attorno al Commissario ‘protagonista’ Salvo Montalbano, restituendo più dignità al lavoro di squadra e a quello di strada di ogni uomo, più o meno in divisa, coinvolto nelle indagini. In altre parole, la focalizzazione di una realtà molto più aderente al modello ‘Bastardi di Pizzofalcone’ di Maurizio De Giovanni. E c’è da scommettere che, ben presto, molti altri autori ‘in giallo’ rivedranno caratteri, funzioni e competenze - se non persino la stessa identità - dei loro protagonisti, per adeguarsi in forma più verosimile alla struttura organizzativa indicata dai nostri autori.
Leggendo “L’oro non dimentica - Bologna 1958”, che ti conquista già con la sua elegante e intrigante copertina, si coglie subito il taglio di un intrigo poliziesco raccontato da chi le indagini è abituato a farle e da chi è destinato a seguirle e commentarle. Una narrazione dell’intreccio che avanza fluida nella sua cornice storica, anche attraverso graffi dialettali e schegge gastronomiche: nella più classica delle tradizioni ‘noir’, cha da Maigret a Nero Wolf, da Pepe Carvalho allo stesso Montalbano, fino all’avvocato Guerrieri e Lolita Lobosco, celebra la contaminazione costante tra impegno professionale e passione culinaria.
E così tra un omicidio in funivia, alcune incursioni in montagna, l’assassinio di un professore di storia medievale dell’Università e la morte misteriosa di un Maggiore Medico dell’Esercito, la vecchia storia dei Tanari, feudatari di Gaggio Montano ai tempi di guelfi e ghibellini, riemerge e torna a proiettare nell’interland della Bologna di quell’anno un’ombra inquietante.
La storia/leggenda del tesoro dei Guelfi (sottratto dai Tanari all’Imperatore di Germania), un treno carico di opere d’arte, americani, inglesi, partigiani e tedeschi che non sono più solo i fantasmi del passato che ritornano, ma tessere di un mosaico politico. Con Bologna che, come il resto dell’Italia ‘produttiva’, vive l’inizio del boom economico, con i tanti problemi dello sviluppo industriale: dall’immigrazione meridionale ai nuovi quartieri della città.
Una storia che lascerà comunque l’amaro in bocca a Adelmo Capitani, nonostante una brazadela, un castagnaccio in foglia di vite e una spaghettata a mezzanotte, che non riusciranno a vivacizzare le tonalità brumose della Pianura Padana. C’è da augurarsi un prossimo trasferimento al Sud di Adelmo, per verificare quali effetti ‘stimolanti’- per la carriera - potrebbero avere il sole, il vino e i sapori autoctoni di Puglia.
(gelormini@affaritaliani.it)