PugliaItalia
La Consulta limita la legge sulla partecipazione della Puglia
Legge sulla Partecipazione - Puglia: La Consulta esclude il dibattito pubblico solo per le opere nazionali.
Una nota della Regione Puglia precisa l'intervento della Consulta su alcuni commi della Legge sulla Partecipazione: "Con sentenza n. 235/2018, pubblicata il 14.12.2018, la Corte Costituzionale si è pronunciata sulla questione di legittimità costituzione della legge regionale pugliese sulla partecipazione n. 28/2017 e, in particolare sul dibattito pubblico regionale previsto per le grandi opere di competenza nazionale, dichiarando l'illegittimità costituzionale dei commi 2 e 5 dell'art. 7, nella parte in cui è previsto che il dibattito pubblico regionale si svolga anche sulle opere nazionali; ha, invece, dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale, pure sollevata dalla Presidenza del Consiglio del Ministri, del comma 12 del medesimo articolo 7".
"La Consulta ha rilevato - prosegue la nota - che il presupposto della legge regionale è che, in presenza di atti di emanazione regionale, la Regione abbia il potere di disciplinare il dibattito pubblico; le intese o i pareri, tuttavia, sono atti comunque destinati a confluire nel procedimento statale di deliberazione dell'opera, cosicché non può non tenersi conto della disciplina del dibattito pubblico dettata dallo Stato".
"La sentenza richiama, quindi, il Codice dei contratti pubblici e il recentissimo Regolamento adottato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 10.5.2018 n. 76 (che tuttavia é sopravvenuto all'adozione della legge regionale), recante modalità di svolgimento, tipologie e soglie dimensionali delle opere sottoposte a dibattito pubblico".
Quindi nella nota si evidenzia: "Statuisce la pronuncia costituzionale che il Regolamento si occupa del rapporto con le realtà territoriali coinvolte dall'opera e con le relative istituzioni, disponendo che il dibattito pubblico debba essere gestito tenendo conto anche alle peculiarità del contesto sociale e territoriale di riferimento. In sostanza l'istituto di matrice nazionale avrebbe colmato il vuoto che la Regione aveva inteso "eccessivamente" disciplinare".
"Per il resto - si conclude - la legge regionale ha resistito ad ogni altra censura. La legge sulla partecipazione è quindi pienamente vigente e pienamente applicabile con le modalità e gli strumenti di partecipazione alle politiche pubbliche regionali e locali ivi contemplati".
La nota regionale, per certi aspetti, risponde anche alle considerazioni del presidente del Gruppo consiliare di Forza Italia, Nino Marmo, che aveva dichiarato: “Fummo facili profeti quando avvertimmo Emiliano dei numerosi punti incostituzionali presenti in una legge che era già abbastanza retorica e demagogica nell’approccio. Ed oggi, la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittime alcune parti della legge n.28/17, in particolare quelle che stabiliscono che il dibattito pubblico debba svolgersi su alcune tipologie di opere nazionali”.
“Come poteva pensare Emiliano - sottolinea Marmo - che fosse costituzionale esorbitare dalle proprie competenze in modo tanto palese, stabilendo modalità procedurali per questioni di rilevanza nazionale? Sono stati ritenuti illegittimi i commi 2 e 5 dell’art 7 della legge, infatti, che riguardano materie come le infrastrutture, gli elettrodotti, porti e aeroporti, reti di radiocomunicazione, trivellazioni".
"La Consulta ha esibito il cartellino rosso su queste norme - ribadisce Marmo - ma è l’intera legge a rasentare il ridicolo, a sventolare manifesti ideologici inutili ed improduttivi, che rallenterebbero la già ingessata macchina amministrativa. Peraltro, non è la natura pubblica del dibattito a conferire alle Regioni quella auspicata competenza in talune materie affinché si possa addivenire a decisioni senza mortificare la volontà delle comunità locali. In sostanza - conclude Marmo - oggi la legge di Emiliano si traduce, alla luce della sentenza della Corte, in una mera elencazione di principi".
(gelormini@affaritaliani.it)