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La crescita del Mezzogiorno e le infrastrutture urgenti al Sud
L’intervista di Affaritaliani.it - Puglia a Manlio Guadagnuolo Consigliere Nazionale OICE-Confindustria
Favorire la crescita, per uscire dalla crisi economica e provare a rilanciare la competitività del sistema economico e produttivo italiano, è opinione diffusa - tra economisti ed addetti ai lavori - che passi necessariamente per un coraggioso e strategico piano di investimenti infrastrutturali.
Abbiamo chiesto all’ingegnere Manlio Guadagnuolo, manager nel settore Trasporti e consigliere nazionale OICE-Confindustria, un parere sullo stato delle cose in Italia.
“Se vediamo la globalizzazione come l’integrazione dei mercati internazionali, misurabile attraverso la convergenza dei prezzi - riflette Guadagnuolo - ci rendiamo conto come, in tale contesto, giochi un ruolo determinante il sistema dei trasporti e della logistica, dal quale dipende il prezzo dei prodotti sui mercati nazionali ed esteri.
Con riferimento al “pilastro” delle infrastrutture, l’Italia si colloca al 25° posto nella graduatoria mondiale, mentre per la qualità infrastrutturale complessiva si trova al 57° posto; in particolare, al 60° posto per la qualità delle infrastrutture aeroportuali e al 56° posto per quelle portuali.
Però, mentre il Centro-Nord Italia viaggia su un sistema infrastrutturale adeguato agli standard dei Paesi europei più competitivi ed evoluti, il Mezzogiorno ha un sistema infrastrutturale inadeguato e inefficiente, tant’è che dal 1990 ad oggi la rete autostradale e ferroviaria al Sud è rimasta sostanzialmente invariata”.
Su questo fronte, l’’Unione Europea ha destinato notevoli risorse alle reti TEN-T e ai Corridoi intermodali, la cui realizzazione dovrebbe rappresentare una grande opportunità per lo sviluppo dei territori da essi attraversati.
“Concordo, essi riducono sensibilmente sia le distanze economiche che quelle temporali, tra punti geografici estremamente lontani tra loro. Ma mentre l’Italia, nel suo complesso, è interessata da 4 corridoi, di questi, soltanto il Corridoio Scandinavo-Mediterraneo (Helsinki-Napoli-Bari-La Valletta) interessa il Meridione d’Italia e le sue infrastrutture, a cui si aggiungerebbe il vecchio Corridoio VIII (Bari-Durazzo-Varna) di collegamento con il Mar Nero, attraverso l’Albania, la Macedonia e la Bulgaria, che sarebbe la naturale prosecuzione del Corridoio Scandinavo-Mediterraneo verso il Sud-Est europeo.
I Corridoi giocano un ruolo determinante per l'intercettazione dei flussi di merci e passeggeri che attraversano il Mediterraneo, sia in direzione est-ovest che sud-nord, e che fanno divenire l'Italia e, in particolare, la sua propaggine meridionale, piattaforma logistica per l’attrazione e la movimentazione di tali ingenti aliquote di traffico”.
L’Italia, però, a ben guardare e alla luce anche di recenti e tragiche catastrofi, sconta una tangibile arretratezza infrastrutturale.
“Il nostro Paese si è fatto trovare impreparato alla sfida dei traffici e non è riuscito a reggere il confronto con i principali competitors europei e nord-africani, sia per motivi legati alla carenza di finanziamenti pubblici per le grandi opere strategiche di infrastrutturazione, sia perché legato da lacci e lacciuoli derivanti da lunghe e farraginose procedure burocratiche.
Un ruolo determinante lo stanno svolgendo i porti, capaci di accogliere le navi portacontainer di sesta generazione (> 15.000 Teu), che richiedono profondità di fondali superiori a 16,5 metri.
Nel Mediterraneo, la partita viene giocata principalmente dai porti della Turchia - grazie anche ai benefici derivanti dall’avvenuta realizzazione, a fine 2013, del tunnel ferroviario sotto lo stretto del Bosforo, che collega la riva europea e quella asiatica di Istanbul - e dai porti del Nord Africa, mentre resta tagliata fuori buona parte dei porti italiani”.
Oltre al deficit sul versante costiero, l'Italia e in particolare il Sud, scontano ritardi anche della logistica integrata e delle grandi reti trasportistiche a terra.
“Il Contratto di Programma Rfi 2012-2016, rinnovato per il periodo 2017-2021, ha varato due opere di rilevante importanza nello scenario europeo dei trasporti: gli assi ferroviari Napoli-Bari e Termoli-Lesina.
Per la Napoli-Bari, nel 2018 sono state bandite le gare di due maxi lotti per un importo complessivo di quasi 1 miliardo di euro; ma prima della realizzazione dovrà essere eseguita la progettazione esecutiva.
Per la Termoli-Lesina, dopo quasi 40 anni, proprio nei giorni scorsi è stato pubblicato il bando di gara per la progettazione esecutiva e l’esecuzione dei lavori del tratto pugliese di 7 km, ma restano da programmare ancora 25 km del tratto molisano. I due assi ferroviari, se non si presenteranno altri intoppi, dovrebbero essere completati entro il 2026”.
Quali vantaggi - in assenza, si spera, di ulteriori intoppi - si profilano all’orizzonte?
“I vantaggi saranno notevoli. La realizzazione di tali assi consentirà di ottenere la chiusura della maglia ferroviaria meridionale europea. La sensibile riduzione dei tempi di percorrenza della tratta Napoli-Bari, meno di 2 ore, e il conseguente collegamento Roma-Bari in circa 3 ore, consentiranno di avvicinare fortemente questi tre poli e di creare uno dei sistemi metropolitani più gradi d’Europa.
La Campania, ma soprattutto la Puglia, non potrebbero che averne i maggiori vantaggi dal punto di vista commerciale, culturale e turistico, sfruttando appieno le potenzialità dei loro porti di Napoli, Bari, Brindisi e Taranto, nonché le eccellenze culturali, religiose, naturalistiche ed enogastronomiche, di cui questi territori sono ricchi”.
Bari, potrà rappresentare il nodo strategico di questo nuovo sistema trasportistico?
“Bari e il suo porto rappresentano il terminale terrestre del nuovo tracciato del Corridoio Scandinavo-Mediterraneo (Helsinki-Napoli-Bari-La Valletta) e il punto di confluenza con il Corridoio Adriatico; inoltre, il punto di partenza del Corridoio VIII e del collegamento marittimo con Durazzo, per poi proseguire via terra fino al Mar Nero, attraverso l’Albania, la Macedonia e la Bulgaria.
Nei prossimi mesi saranno bandite le gare, in Macedonia, per i progetti prioritari dei tratti stradali, autostradali e ferroviari, ricadenti nel tracciato del Corridoio VIII”.
Il Porto di Bari, nel frattempo, sconta antiche ed evidenti carenze - accompagnate da un livello non trascurabile di degrado infrastrutturale, per cui - ancora oggi - non si vede un’invenzione di tendenza.
Inoltre, mancano terminal portuali efficienti e smart, che possano consentire la movimentazione veloce di passeggeri e merci, ed efficienti infrastrutture dell’ultimo miglio, necessarie per integrare le reti trasportistiche e creare un sistema intermodale dei trasporti, capace di consentire i collegamenti veloci con le principali arterie e di garantire la piena mobilità delle merci e delle persone, per poter raggiungere nel più breve tempo le destinazioni desiderate. Ne consegue che, oggi, i traffici del Porto di Bari non sono superiori a quelli di alcuni anni fa”.
E il sistema aeroportuale?
“Nel network pugliese, è lo scalo aeroportuale barese quello molto efficiente. Si tenga conto che, in base ad una recente ricerca IATA (International Air Transport Association) e al Piano Nazionale degli Aeroporti, entro il 2030 i traffici dovrebbero raddoppiare, grazie a: turismo internazionale in crescita costante, aumento di migranti economici, persone animate da desiderio di crescita professionale, cervelli in fuga, persone alla ricerca di migliori condizioni di vita e di lavoro, studenti in formazione.
In Puglia, tutti i territori sono ben serviti, a differenza, ad esempio, della Calabria, dove ho vissuto personalmente la vicenda della riapertura dell’aeroporto di Crotone, che è al servizio di un territorio marginalizzato e penalizzato per l’inefficienza, in primis, della rete stradale e ferroviaria.
In simili casi, poiché le società di gestione degli scali aeroportuali italiani sono quasi tutte privatizzate, ho evidenziato più volte che, se si intende operare una gestione manageriale, i sentimenti e i desideri devono trovare conforto nei numeri”.
Un conforto che, di primo acchito, non sembrerebbe attirare granché l’attenzione e l’interesse dei privati, soprattutto qui al Sud
“Meglio per gli aeroporti, un po’ meno per i porti, restano decisamente timidi i segnali verso la privatizzazione e l’attivazione di forme di Partenariato Pubblico Privato (PPP).
Della riforma dei porti dell’agosto 2016 si è in attesa di poter vedere e valutare gli effetti e i risultati.
Ma siamo, purtroppo, ancora lontani dalla rivoluzione copernicana per il cluster marittimo, da più parti caldeggiata, come ad esempio la trasformazione delle Autorità di Sistema Portuale in società per azioni, in grado di finanziare autonomamente il proprio sviluppo e quello dei retroterra dove i porti insistono”.
E le ZES (Zone Economiche Speciali) di cui al D.L. 91/2017 (Decreto Sud)? Pensa possano dare buoni frutti?
“Con l’istituzione delle ZES, su vaste aree comprendenti porti, aeroporti, interporti, poli e infrastrutture strategici, si potrebbe mettere in moto un sistema economico e produttivo capace di cogliere le opportunità derivanti dalle agevolazioni fiscali e dalle semplificazioni amministrative.
A mio avviso, però, rappresentano un’opportunità, ma non la cura per guarire il Meridione d’Italia”.
Nel Mezzogiorno, all’obsolescenza delle infrastrutture si aggiunge la lentezza nella spesa dei fondi europei e l’inefficienza della macchina amministrativa.
“Proprio così, ne consegue che nel Mezzogiorno d’Italia non si riesce a trasformare le risorse in cantieri. In tal caso, gioca un ruolo importante anche il nuovo Codice dei Contratti - di cui, peraltro, oggi mancano ancora due terzi delle linee guida necessarie - che va riformato e semplificato proprio per snellire le procedure per far ripartire gli investimenti e gli appalti.
In sostanza, bisogna avviare, senza indugio, tutte le azioni necessarie per semplificare le procedure burocratiche e rimuovere le inefficienze, al fine di poter realizzare la rete delle infrastrutture strategiche e “connettere l’Italia”. Soltanto così potremo evitare che l’Italia, nella sua interezza, possa diventare la coda del sistema economico europeo”.
(gelormini@affaritaliani.it)