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La forza del 'brand' Puglia nel 'blend' autoctono dei suoi tesori e territori

Antonio V. Gelormini

Il brand unico e riconoscibile per la Puglia minato dalle rivendicazioni campanilistiche salentine

La lezione di Matera 2019 non deve essere servita alla Puglia e, in particolare, a quella parte di essa che da qualche tempo si sforza di percorrere sentieri velleitari di autodeterminazione, a sfondo marcatamente autoreferenziale, sia che si tratti di aree a confine col Molise (Moldaunia), che di comprensori più definiti nella loro identità territoriale (Grande Salento).

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Da più parti è stato ripetuto che la vittoria di Matera, nella scelta per la Capitale Europea della Cultura per il 2019, è stata una vittoria “meridiana” - in cui si riconosce e si sente coinvolta gran parte del Mezzogiorno - mentre l’impressione diffusa era che un’eventuale affermazione della candidatura Lecce, sarebbe stata percepita piuttosto come vittoria “salentina”. E probabilmente proprio questo ha fatto pendere, a suo tempo, l’ago della bilancia europea verso la Città dei Sassi.

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Non si dimentichi, a tal proposito, quale debolezza di posizione avesse accumulato la candidatura della Capoluogo del Barocco, a seguito della confusa, contraddittoria e dilettantesca azione di supporto alle pretendenti pugliesi, che marciavano in assenza di unità d’intenti. A Lecce fu contrapposta, in un primo momento, la candidatura di Bari. E quando questa mostrò i limiti della tenuta, gli sforzi dal capoluogo pugliese furono convogliati su un’improbabile e improvvisa candidatura di “Taranto 2019”. Mentre il capoluogo salentino continuava imperterrito il suo cammino, presentando una Puglia divisa su tutto e lacerata dalle rivendicazioni di campanile.

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La lezione non è servita se, ancora una volta, alla coraggiosa e lungimirante indicazione di un percorso strategico, si contrappone una visione protezionista di prossimità. Nel mirino la svolta significativa del turismo in Puglia, ad opera dell’assessore salentina al ramo Loredana Capone, che fonda l’azione programmatica sul recupero dell’entroterra, come valore aggiunto e talvolta persino trainante all’offerta balneare, e al rilancio della destinazione Puglia con un unico “brand” riconoscibile.

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Nei confronti del brand Puglia - un marchio ‘uno e trino’ nel suo ‘blend’ territoriale e, ancor più, decisamente plurale in quello dei tesori e dei paesaggi che lo compongono e lo caratterizzano - proprio dal Salento si materializza una levata di scudi dal sapore fortemente ‘indipendentista’ e dai riflessi ammalianti di antico taglio populista.

pagliaro paolo FI
 

A meno di una smentita riparatrice, c’è da non credere alle parole del salentino Paolo Pagliaro - Ufficio di Presidenza Nazionale di Forza Italia contenute nella nota diffusa sul tema: “Il Salento è altra cosa rispetto alla Puglia, siamo distanti anni luce come peculiarità, storia, cultura, lingua, gastronomia, ed è inammissibile sapere che c’è qualcuno che vuole cancellare il nostro brand per averne uno che interessi una Regione lontanissima da noi in tutto e per tutto”. Una bordata diretta e decisa.

I toni sono più sfumati, ma l’obiettivo resta lo stesso, nelle dichiarazioni di Paolo Pellegrino (La Puglia con Emiliano): “L’idea di un brand, nuovamente rilanciata in queste ore, che racchiuda il turismo pugliese e lo avvii verso una definitiva destagionalizzazione, è sicuramente una nota positiva".

Pellegrino Paolo
 

"Ma senza omologazioni di sorta - avverte il consigliere regionale salentino - ogni territorio deve essere esaltato con le sue peculiarità e specificità. Penso soprattutto al Salento, diamante di una grande collezione di gioielli chiamata Puglia e ormai apprezzata sugli scenari internazionali”.

E poi aggiunge: “E se in queste ore Gallipoli salta alla ribalta nazionale delle cronache per affitti a nero, appartamenti pollaio e turismo selvaggio e senza regole, allora occorre domandarsi se non sia il caso di guardare prima ai contenuti (ovvero alle regole e agli interventi) e poi alla forma, cioè all’idea di un brand unico”.

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In una linea strategica moderna, che non immagina neppure le rivendicazioni delle Colline del Chianti, delle Langhe o dell’Arcipelago Eoliano avulsi dai brand-contesto: Toscana, Piemonte e Sicilia, l’affollamento di campanili impedisce di individuare la prospettiva “unica” che la Puglia può vantare nella sua “poliedrica pluralità”. Una partitura straordinariamente singolare nella trasversalità della sua varietà più che plurale, i cui spartiti relativi contribuiscono ciascuno a vincere la grande sfida, con cui da sempre si cimenta ogni operatore turistico: quella della fidelizzazione.

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La ricchezza di offerta rende più stimolante la voglia di tornare. La forza della Puglia, o meglio del suo “brand”, è nel “blend” autoctono di tesori e di territori. E’ nella relazione che lega i Rosoni delle sue Cattedrali, il carattere dei suoi vitigni più famosi o l’identità ionico-adriatica delle sue civiltà più antiche.

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E’ vero che San Severo è più lontana da Otranto che da Roma, ma c’è tanta moderna affinità che accomuna i tratti del presbiter Pantaleone a quelli di Andrea Pazienza. Così come non si contano le rime metaforiche tra i versi di Cristanziano Serricchio e la poesia ‘meridiana’ di Vittorio Bodini, spesso cantate con spontanea inconsapevolezza nelle strofe e negli accordi popolari di Matteo Salvatore. Anche per questo, ne sono più che convinto, il futuro della Notte della Taranta è nei Cantori di Carpino.

La Puglia è come una supernova, le cui potenzialità possono essere sconfinate se gestite con saggezza e arguzia, come quelle che Ben Hur dimostra di possedere nel riequilibrare la quadriga di cavalli di razza, che lo porterà al trionfo. L’accecante ambizione luciferina, che mira a brillare di luce propria, rischia di lastricare uno scivoloso pendio verso gli inferi. Non trasformiamo la Puglia in un “buco nero”!

(gelormini@affaritaliani.it)

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